martedì 4 ottobre 2016

Rosh ha shanà




Venerdì, come sempre, i gemelli escono dall’asilo portando a casa la loro bustina con la challà e i vari regali che spesso sono caramelle. Questa volta però i doni sono tanti e propiziatori per la prossima festa di Rosh ha Shanà. Ovviamente in classe c’è stata una lunga spiegazione delle festa, visto che trovo i gemelli preparatissimi nel sapere il perché si mangia il melograno, il miele, il grano e tutto l’altro indicato nella lettera di accompagnamento. Quella sera, noi di famiglia, decidiamo di andare a mangiare la pizza vicino casa. Prendo Emanuele per mano e, mentre chiacchieriamo, lui mi chiede se stiamo andando alla festa di Rosh ha shanà. No, amore, rispondo, stiamo solo andando a mangiare una pizza. E allora quando mi porti alla festa con la melograna, vestiti di bianco, a mangiare l’agnello e il grano come ha detto la maestra stamani?… Amore, noi non andiamo a quella cena e non festeggiamo quella festa. Ma perché mamma? L’ha detto la maestra che va festeggiato così il Capodanno. Amore, perché noi non siamo ebrei. Ehhh? Ma che dici mamma? Non lo dire più neanche per scherzo! Sei brutta se dici così, sei proprio birbona che lo dico al babbo e …… (si è trattenuto per pensare a qualcosa di bruttissimo da dirmi, per contraccambiare la cosa bruttissima che gli avevo detto, quella che lui non è ebreo) … io sai cosa, non ti racconto più cosa sogno!
Abbiamo poi  mangiato la nostra pizza in pizzeria, che era, in effetti, molto più triste della cena di Rosh ha shanà, soprattutto perché ho realizzato di essere vittima di una discriminazione “inversa” e di aver sottovalutato che, per un bambino preciso come Emanuele, sarà dura avergli fatto fare la vita di ebreo per due anni e per poi dovergli dire che, scherzavo, ebrei noi non siamo.

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