mercoledì 26 novembre 2014

Stretta la foglia, larga la via, dite la vostra che io ho detto la mia

Ed è arrivato anche il momento di raccontare le storie prima di dormire.
Io che ho avuto per migliore amico per tanto tempo i libri, quando i migliori amici non mi bastavano  più, io che sono cresciuta con i racconti della mia mamma che erano racconti di storie quotidiane, che mi affascinavano per la loro semplicità e per la ricchezza con cui venivano raccontati, tanto che i panni stesi della signora della finestra di fronte mi sembravano un poema epico a cui pensavo e ripensavo, io che mi placo solo se scrivo le mie storie e vivo di storie raccontate, io che adesso che ho un nuovo lavoro, mi sento più tranquilla se finisco ogni incontro scrivendo un mio verbale, che serve solo a me, e che è un verbale per modo di dire, perché è solo il mio racconto di quello che è successo. Io che prima di dormire ho letto per tantissimo tempo, fino a che non ha iniziato a dormire con me il Gangster e la lettura si è interrotta perché con lui è arrivata la tv in camera. Io che ho rincominciato a leggere dopo che avevo interrotto questa mia passione per mancanza di energia, regalata per intero e anche di più ai gemelli e che ho ripreso a leggere al mare, nelle mie lunghe estati passate con il ritmo di due bimbi piccoli e un divano scomodo che mi ha fatto ritrovare la voglia di scappare in camera a leggere sul letto. Io insomma che con le storie da raccontare sono cresciuta come con il pane e pomodoro, aspettavo trepidante questo momento, il momento in cui ai miei piccoli bimbi avrei raccontato le mie storie. Tanti mi avevano detto di iniziare subito, anche se loro non seguivano, anche se a loro non sembrava che importasse, ma io non ho voluto. Inutile proporre qualcosa che non si apprezza, mi sembrava di imporglielo. Invece ora, che è arrivato il momento giusto, da una settimana mi siedo nella penombra della stanza, chiedo a ciascuno di loro di scegliere una storia  e io la racconto. La più quotata ultimamente è la storia delle campane di Nicoletta, alla quale spesso si abbina la storia dello scoiattolo di Nicoletta e di Nico, il cane di Nicoletta. Tiene anche bene la nostra prima storia raccontata, quella del canone di Quercianella e anche quella del faro di Quercianella, alla quale adesso si è legata anche la storia dei due fari rosso e verde del porto della nonna Nadia.  Oggi invece è apparsa la storia di Babbo Natale, forse perché abbiamo preso lo spunto da quella storia che ieri il maestro di Scuola di Circo ha chiesto di raccontare ad Emanuele, che doveva raccontare a tutti i suoi amici cosa c'era nel sacco di babbo Natale. Lui ha detto, tutto emozionato, che in quel sacco c'era un pinolo e una chiocciolina, ma io mi sono emozionata nel sentire la sua vocina risuonare nel silenzio della stanza per raccontare la sua prima storia. La prima di tante. E, come diceva a me la zia Lucia, quando dormivo da lei e mi raccontava le storie prima di andare a letto, concludo adesso come concludo sempre le storie raccontate ai miei bimbi: larga la foglia, stretta la via, dite la vostra che io ho detto la mia. Buonanotte.

sabato 22 novembre 2014

La mia indole

Ci siamo ritrovate che i nostri bimbi, a distanza di pochi mesi, hanno compiuto, compiono e compiranno tre anni. Ci siamo conosciute con loro in pancia, abbiamo condiviso il percorso  gravidanza aggrappandosi a quella mattina di yoga in gravidanza, come se fosse, ma in effetti lo era, il nostro momento speciale. 
Grazie alla sensibilità dell'insegnante, ci ha regalato e ci siamo regalate, delle bellissime chiacchierate segrete, di condivisione, dove tutti rimanevano fuori e quel che si raccontava dentro rimaneva lì dentro e, soprattutto, faceva vibrare i nostri cuori, insieme a quel rintocco della campana tibetana.
Oggi ci siamo ritrovate lì, ed era tanto tanto che quella campana non risuonava più per noi. Non che ci fossimo perse di vista, i compleanni dei bimbi ci fanno ritrovare, le mail e il gruppo mamme yoga su whatsapp ci tengono in contatto e si infuocano nei momenti cruciali della nostra vita. Però, là sedute a parlare di come questo essere mamma ci ha cambiate, non l'avevamo più fatto.
Ognuno di noi, come era naturale che fosse, ha ripreso in mano la propria strada, seguendo l'indole che non si può contrastare, differenziandoci. 
Per questo mi trovo qui a voler dire che, in fondo, non mi sento in colpa se non ho allattato fino all'anno passato i bimbi, se ho manifestato da subito la nostalgia per i tempi che furono e soprattutto per la mia indipendenza, che non mi vergogno di avere finalmente un bel lavoro che mi chiede, come sacrificio, quello di delegare le ore libere dei bimbi ad un'altra persona, che i miei bimbi mi piacciono ogni giorno di più perché si fanno sempre più indipendenti e mi lasciano libera di essere me stessa e non più una loro appendice. 
Perché non è che se uno diventa mamma può vergognarsi di essere se stessa. Per questo ho lasciato correre le occhiate di biasimo quando racconto che sono ad arrovellarmi di nuovo per cambiare scuola ai gemelli, ma io sono fatta così, e non mi posso accontentare che i miei bimbi vadano in una scuola che non permette loro di imparare inglese e la musica, che non gli fa praticare uno sport e non gli insegni una buona educazione. E tutto questo non per cercare  di facilitare la vita ai miei bimbi, ma per cercare di rendergliela più concreta, con del sano bel lavoro. Che imparare, a quell'età, è facile e divertente ma è anche una cosa seria. 
Per questo grazie tante Cristiana, per avermi permesso anche di essere libera di non essere come tutte. E forse per questo, quando dovevamo raccontare di noi come mamme e dei nostri bimbi, io mi sono sorpresa a non raccontare niente di loro e di me ma piangere per il Gangster, che è il grande amore della mia vita e che mi manca tantissimo, e mi manca perché lo sto trascurando tanto. Lui che è il motore, la scintilla e la radice di tutto questo.

mercoledì 12 novembre 2014

Tutto a posto?



Ti sei sevegliato presto, come tuo solito, e ti sei fatto una cantatina: il caffè della Beppina, Heidi,  Pettirosso vola via. Poi, spazientito da quella casa silenziosa, hai iniziato a chiamare la tua vittima preferita: tua sorella. Margheeee, Margheeee, Margheritaaaaaa. Niente, lei come al solito, benchè abbia il lettino a 50cm dal tuo, non ti risponde, forse perché riesce a continuare a dormire nonostante i tuoi richiami a voce alta, forse perché non ti vuole dare soddisfazione. Tu non demordi e inizi a corteggiarla. E lì mi fai ridere, io che ascolto tutto dalla radiolina che ho in camera mia. Prosegui con un: Marghe, come stai? Tutto a posto? Cosa ti preparo? Neanche tu fosse il marito che ha fatto arrabbiare la moglie e vuole fare pace.
Come dico di tua sorella quando tu e Martino la picchiate senza motivo: grazie a questa palestra di vita lei sarà una donna che si saprà difendere da tutto e da tutti,  invece tu, grazie alla sorella, sarai un marito tenero e affettuoso che saprà corteggiare e blandire le sue donne.
Certo è che, scoprirti così grande, a me fa ridere e anche tanta tenerezza. Bravo il mio bimbo birbone.

lunedì 10 novembre 2014

Frecciarossa non ha le porte



Quante cose sono successe da quando scrivo meno. Ma è che adesso è tutto più “grande”, tutto più estemporaneo, tutto più ….stancante? Riposante? Non so.
Certo è che i due crescono che non so proprio come fanno. Hanno risorse e uscite mai viste, discorsi seri e anche logici, volti che quasi non riconosco da come si fanno diversi e grandi, pantaloni da buttare perché troppo corti.
Forse racconterò come siamo arrivati fin qui quando ne sentirò necessità, forse di questo periodo non raccontato  rimarranno solo i ricordi della memoria e non della parola scritta, certo è che la voglia che rimanga qualcosa c’è sempre e tanta, per cui riprendo a scrivere, anche se non da dove ho interrotto, ma da ieri, oggi…da questi giorni, insomma.
Quel che mi è rimasto negli occhi e nel cuore e nella testa di questi ultimi giorni è che i gemelli sono rimasti a casa con Guendalina mentre io e il Gangster ce ne siamo andati per un quasi we a Roma.
Quando sabato li ho messi a letto per il pisolino pomeridiano, salutandoli e dicendo loro che io andavo a Roma, loro hanno voluto sapere con cosa andassi. Marghe voleva a tutti i costi che la rassicurassi che andavo con la macchina nera, ho  invece risposto con il treno, aggiungendo  pure con Frecciarossa, sicura di colpire l’emozione di entrambi, che adorano i treni e i nostri pomeriggi alla Stazione di Rifredi a vederli passare. Però no, non volevano e soprattutto Emino non mi credeva, perché mi ha detto che Frecciarossa non ha le porte e così non potevo andare con quello, mentre avrei dovuto prendere Vivalto, che ha le porte. Io l’ho assecondato, perplessa, perché dovevano dormire e perché non capivo il senso di quel che mi diceva. Poi però, quando ero sul Frecciarossa, ho capito la logica del ragionamento. Andando a vedere i treni alla Stazione di Rifredi, dove i treni alta velocità passano solo sfrecciando e non si fermano, mentre tutti i regionali e gli altri (Vivalto compreso) si fermano e aprano le porte, lui ormai è convinto che i treni AV non abbiano le porte e che quindi non si possa salire sopra.
Bravo il mio piccolo logico! E poi, sorpresa delle sorprese, sabato pomeriggio Guendalina li ha portati in treno dalla Stazione di Rifredi a Santa Maria Novella: un evento per loro!
Mentre quando siamo tornati noi domenica sera, loro felicissimi di rivederci con tanto di braccia buttate al collo che quasi mi hanno commosso, li ho osservati quando si sono messi a giocare con dei fazzoletti di carta sul tavolo. Facevano un gioco di cui ignoravo il procedimento ma, osservandoli, capivo che fra loro e per loro c’erano delle regole, in quel loro posizionare i fazzoletti sul tavolo, con una logica tutta loro, anche quando Marghe li riprendeva tutti in mano e diceva al fratello aspetta, e lui in effetti aspettava, come se a quel punto del gioco fosse logico che lei li togliesse i fazzoletti e lui aspettasse le sue prossime mosse. Io non ho capito, anche se li ho osservati, ma orami loro sono nel loro mondo immaginario, fatto di giochi, formule, scoperte e mondi animati. Tanto che adesso giocano da soli e spesso mi dicono mamma via, perché non vogliono neppure la mia presenza ad interferire in questi loro incantesimi. E io mi ritrovo da sola e perplessa a stirare, cucinare (poco), stare a mani vuote in un’altra stanza ad aspettare che loro abbiano bisogno di me. Ma come ho detto al Gangster questo we romano, quando lui mi ha chiesto se mi mancassero i bimbi, no, non mi mancano quando li so tranquilli e indipendenti nel loro mondo. Anzi, sono contenta per loro, per questa loro conquistata indipendenza.

mercoledì 5 novembre 2014

Due e dieci



Litigate per chi parla. Adesso raccontare è di primaria importanza per voi, e anche se il racconto sembra per adesso una grande filastrocca disarticolata. Ma per  chi, come me, conosce il vostro mondo, da chi e da cosa è animato, si capisce bene che quella filastrocca disarticolata è un grande, primo vostro racconto della vostra vita.
Praticamente consiste in un: “C’era una bicicletta rosa, poi un cane, poi abbaia, poi birbone, poi Martino, poi scuola di circo, scuola di vela, poi barchetta bianca, quando sono grande, una casetta, poi torno a Firenze e via”.
E certo che dietro tutte queste parole, informazioni, concatenazioni di idee, c’è una grande storia! La storia dei vostri giorni, delle vostre emozioni, di quel da fare che vi date e nel quale siete pronti a buttarvi ogni volta, anche se siete stanchi, anche se il posto è nuovo anche se avreste voglia di starvene un po’ a casa.
Ma per ora vi litigate per chi parla, e a chi tocca il turno per raccontare se lo tiene stretto stretto parlando tutto di seguito, quasi senza riprendere fiato, per la paura di dover smettere. E l’altro brontola impaziente perché vuole che tocchi a lui. O a  lei, che sì, quella che deve subire il logorroico fratello è sempre lei.
Per fortuna che in casa vige la regola ferrea Prima le signore, che bilancia molto la prepotenza del signore.
E questa nuova sorpresa che mi avete regalato, quella di iniziare a raccontare, mi riempie di gioia, anche di orgoglio e di voglia, ancora di più, di vedervi crescere.