giovedì 30 aprile 2015

Tre e quattro



Ne avete tre di anni e oggi anche 4 mesi.
Siete grandi che fate spavento, basta perdervi di vista un attimo e via, trasformati. Volto da grandi, pensieri da grandi, azioni da grandi.
Anche se mai come in questo periodo siete birboni. L’angioletto specialmente! Anche se, ad onor del vero, soprattutto mi raccontano che è bribone, visto che con  me le sue azioni rientrano nella media, mentre all’asilo, a quanto pare, succede di tutto. Marghe invece è da temere quando si impermalosisce: se si offende e scappa in un angolino, uuu quanto ci vuole per farla uscire e recuperare l’armonia!
Quello che mi piace di vuoi è l’affiatamento che avete: uno a destra e uno a sinistra che sembra che proprio non vi filate, invece sempre vi tenete d’occhio e, quando vi ritrovate, lo fate con gioia. In genere è lei che vezzeggia lui, lo chiama “Amorino mio fratellino caro” mentre lui risponde con un grugnito. Ma una sera di pochi giorni fa, mentre eranoa giocare da soli, ho sentito che lui ha detto a lei “Amore mio” e, stupita, sono corsa nella stanza, dove ho trovato una Marghe incredula che mi ha guardato stupita e mi ha detto “Ema mi ha chiamata amore!” per dire quanto sia raro anzi, unico, che lui la blandisca. Solo quando giocano insieme e lui le fa male da farla piangere e non vuole essere brontolato, allora la consola subito dicendole “Scusa Marghe non l’ho fatto apposta, non piangere” ma ripeto, sono sicura che lo fa solo per non essere brontolato lui, non perché veramente dispiaciuto del male che ha fatto a lei. Difatti non si riguarda a picchiarla gratuitamente senza motivo.
Cantate a squarciagola le canzoncine che avete imparato all’asilo e questo mi mette una gioia incredibile, perché soprattutto lo fate quando siete nel buio della vostra cameretta, mentre aspettate di addormentarvi o al mattino, quando svegli aspettate che qualcuno vi liberi. E io e il Gangster vi ascoltiamo divertiti e sempre ci diciamo che regalo prezioso ci ha fatto la vita a donarvi a noi ma anche a farvi incontrare voi due, due anime diverse rinchiuse in un solo nocciolo

lunedì 27 aprile 2015

Racconti di un bimbo che non conosco



Colloqui individuali con i genitori. Vado decisa per cantagliene quatto, alle maestre, e invece me le cantano a me. Anzi, ce le cantano, visto che per fortuna c’era anche il Gangster.
Le maestre iniziano dagli eleogi. Senza voler fare paragoni con gli altri bambini, dicono, è innegabile però non rendersi conto che i gemelli sono molto più avanti degli altri nel fare i lavoretti, nella manualità che si vede dal tenere le forbici e dal fare i collages, dal colorare precisi dentro i disegni e, soprattutto, dalla grande voglia di fare. I due, come sentono dire “lavoretti” lasciano subito quello che stanno facendo e corrono volenterosi a fare: disegnare, costruire, incollare, fare giardinaggio, basta fare. Ecco, dico, lo so, questo è il loro carattere, questo è un loro bisogno. Fin dal nido, racconto, chiamavano i gemelli i due operai, perché si buttavano a capofitto a fare, sempre bisognosi come sono di fare qualcosa: al nido ad infilare le catene in un foro di un contenitore, a casa ad aiutarmi a fare il minestrone o stendere i panni della lavatrice, al mare a fare travasi e castelli, con la baby sitter a fare pane e schiacciata. Così incasso orgogliosa l’elogio per questa loro ottima manualità.
Raccontano anche che quando è il momento della conversazione, Emanuele alza la mano spesso e racconta con proprietà di linguaggio, mentre Marghe che, per lungo tempo è stata silenziosa, adesso parla anche lei, anche se lo fa a bassa voce.
Poi però iniziano i dolori. Ci chiedono che cosa sia successo ad Emanuele, peggiorato nella disciplina dall’ultima settimana. Appaiono nei miei occhi i primi punti interrogativi: come? Chiedo io. Sì, Ema caro, il mio angioletto con i riccioli biondi, mi raccontano che è uno di quel gruppetto di elementi faticosi della classe, quelli indisciplinati e irrispettosi che non si placano neanche con le sgridate. Lui soprattutto, che quando viene sgridato ride e non cede. Mi raccontano che quando sono seduti in cerchio lui innesca la bomba facendo male al vicino senza motivo, che quando sono in fila tira le capate a quello davanti, che schiaffeggia i compagni, che non condivide i giochi quando li ha lui, reagendo con violenza quando gli viene chiesto di cederli. Glug, ingoio. Come? Dico che mi stanno raccontando di un bimbo che non conosco, perché con me non si comporta così, anche se racconto che le stesse cose me le aveva dette giusto il giorno prima il maestro di Scuola di circo, che mi diceva che Emanuele lo mette in difficoltà perché il bimbo imita i bambini più vivaci, solo che gli altri quando li sgrida e li mette in punizione, smettono, mentre Ema quando viene ripreso ride e non smette. Ecco, mi torna il quadro, ma solo per quanto riguarda i racconti “esterni”, a casa io lo vedo tranquillo e sereno, comprese le normali liti con la sorella.
Mi dicono le maestre che spesso succede, che i bimbi a scuola siano diversi che a casa, che sono anche bimbi piccoli, al limite con il nido e che sicuramente il prossimo anno sarà diverso. Mi rassicurano anche (non perché io glielo avessi chiesto, ma forse perché loro se lo sono domandate) che il bimbo non presenta disturbi dell’attenzione perché quando fa i lavoretti rimane fermo concentrato a lungo. Glug, di nuovo. Come? Il mio bambino? E io che ho cambiato loro scuola per toglierli da una classe che “annusavo” fosse violenta e difficile… e lui era uno della gang?
Per consolarmi poi mi raccontano di Margherita, che si è fatta tutto il suo giro di amicizie e che viene chiamata da tutti i bimbi Margheritina e spesso i maschi se la contendono, questa Margheritina, ma lei non si concede a nessuno. Sì, questa è proprio lei.
Esco allibita, rifletto e rimugino su tutto. Ricordo quando Emanuele non voleva andare all’asilo perché raccontava che la maestra lo picchiava, poi è tornato il sereno e, a quanto pare, perché lui ha trovato una sua collocazione nel mondo, assumendo la parte del provocatore, creandosi così un proprio ruolo. Rimugino sul disagio di questo bimbo, su quanto sia difficile per bimbi così piccoli stare 8 ore in una classe numerosa e variegata. Poi mi chiedo dove io abbia sbagliato a non aver visto niente. Scrivo due pagine di relazione/sfogo al maestro di Scuola di circo, che aveva manifestato la sua disponibilità a cercare insieme una spiegazione a questo comportamento di Ema, chiedo direttamente al bambino perché faccia il birbone e lui mi risponde dimmelo te, ne parlo con ex insegnanti che mi dicono che il bimbo è ancora piccolo vedrai cambierà oppure mi dicono in quella classe c’è un forte disagio che il bimbo non sa gestire per questo si infuria e si sfoga senza motivo.
Ho il cuoricino stretto, lo guardo con occhi diversi, penso di aver esagerato nel limitare i suoi slanci verso me per equilibrare le attenzioni mie nei confronti della sorella e passo il fine settimana ad osservarlo e anche a lodarlo quando fa bene, perché se no rischiamo tutti di rivolgersi a lui solo per sgridarlo.
Andiamo ai giardini sabato mattina e lui è tranquillo anche con gli altri bambini che non conosce, andiamo ai giardini sabato pomeriggio soli con Martino e Valeria e lui è tranquillo e felice come sempre di stare con il suo amico del cuore.
Andiamo domenica mattina a fare i baby contadini nel posto incantato che abbiamo trovato, gestito da una veterinaria in gambissima che prima di essere veterinaria e lavorare con i bimbi in questa fattoria didattica era psicologa, le accenno il problema e lei, perentoria come è sempre, mi dice lascia perdere, fa bene a picchiare, è piccolo e si deve difendere. E conclude dicendo guarda che splendore di bimbi che hai.
Ok, in effetti è quello che pensavo io. Capitolo chiuso. Che si arrangino le maestre, con me è il mio angioletto biondo con i riccioli, anche se biondo non è e i riccioli non li ha più.Ma si sa, occhi di mamma vedono tutto bello

mercoledì 15 aprile 2015

Un grande regalo della vita



Abbiamo ripreso ad andare al nostro adorato giardino dello Stibbert, dopo che la primavera ci aveva sorpreso impreparate e avevamo passato dei pomeriggi in odiosi giardini pieni di mamme che guardano a vista i loro bimbi e che quindi, ovviamente, si lamentavano dei nostri che non guardiamo da vicino scivolare dallo scivolo o dondolare dall’altalena (come ritengo giusto succeda in un giardino pubblico, dove i bimbi devono imparare la convivenza e la condivisione e non a perpetuare il loro individualismo con le mamme come carabinieri pronti a difenderli dagli altri bimbi)
Quindi, emozionate, io e la grande compagna di questa avventura di avere i bimbi, superVale, ce ne siamo tornate nel nostro giardino incantato, dove non ci sono scivoli né altalene, dove i bimbi non vanno perché è il giardino di un museo, ma dove ci sono prati di margherite, laghetto con paperine, alberi di ogni tipo e profumi e suoni di natura. Ci siamo fatte le nostre soste nelle nostre care panchine, aspettando che i nostri tre bimbi giocassero nel “castello” che niente altro non è che un agglomerato di rocce che loro scambiano per un fortino, oppure che salutassero le statue dei cavalli e dei leoni come se fossero animali veri, per finire davanti al laghetto dove le paperine sempre ci accolgono sperando di ricevere un po’ da mangiare. Ci siamo sedute su quelle nostre panchine, come abbiamo fatto per tutta la primavere e estate scorsa, abbiamo giocato e guardato giocare i nostri bimbi e ci sembrava di essere in paradiso. Peccato che, come poche volte capita nella vita, sapevamo che quei nostri momenti sono contati, perché loro due, i nostri grandi amici di avventura, Vale e Martins, si trasferiranno da giugno a Varese e  per due anni, e dico due anni, non qualche mese, se ne staranno là, senza di noi e, soprattutto noi senza di loro. Ora, lo so che per loro sarà molto più dura che per noi, che loro là non conoscono nessuno e non hanno riferimenti alcuni, che due anni passano e poi che la distanza non è insormontabile quindi torneranno spesso a trovarci, ma questo a me non mi rende tranquilla per niente. Anzi, come pensavo che non accadesse, sento dentro già il vuoto e quando sono con loro poco mi godo di quella loro grande compagnia, perché, maledizione, sono già tarata sul futuro dolore per la loro assenza. Perché con Valeria tutto è più facile, perché a lei racconto tutto quel che mi succede e questo è un regalo grandissimo, perché insieme ci incoraggiamo e ci stimoliamo, perché i nostri bimbi insieme fanno già gruppo, condividono e si affiatano come forse neanche sembra, creando e tessendo un legame prezioso che stiamo loro regalando. Io mi sono prefissa, per salvarmi, di passare i prossimi due anni tirando il fiato e tappandomi il naso, per non sentire “la puzza” delle altre mamme, che poco, mi sono accorta, hanno da condividere con me. E mai come in questo preludio di addio, mi sono resa conto, ancora più forte di quanto già sapevo, di che regalo la vita mia abbia fatto a farmi conoscere Valeria. E questa frase ce la siamo detta anche con il Gangster, quando una sera a cena parlavamo di lei, e ci siamo scoperti entrambi ad affermare che Valeria è un regalo della vita. Grazie amica mia

sabato 11 aprile 2015

Ognuno ha i suoi idoli

Capitano le Olimpiadi di Italiano a Firenze, capita che ci debba lavorare, capita di vedere partecipare i soliti secchioni misti a ragazzi allegri con i capelli verdi, che vivono l'italiano con leggerezza e spontaneità, capita  che al momento delle premiazioni mi emozioni immaginandomi l'emozione dei ragazzi ma anche delle loro mamme , ma soprattuto capita che mi venga chiesto, fra i libri che mi possono essere donati, di sceglierne uno. Io, sicura, punto il dito su "Italiano" di Gian Luigi Beccaria. E già quella mi sembrava una bella conquista e il miglior grazie per tutto. Capita però di più, mi si chiede di accompagnare Gian Luigi Beccaria in un breve tratto del Salone dei 500, a conclusione della premiazione dell'evento. Faccio qualche passo avanti a lui, per fargli strada, penso se dirglielo o non dirglielo e poi, in un attimo mi dico ma perché no? E così mi giro, e neanche fosse Tony Hadley degli Spandau Ballett che mi ha fatto innamorare quando ero adolescente, gli dico, a Gian Luigi Beccaria che, sì ero anche innamorata degli Spandau Ballet, ma che da adolescente io non aspettavo altro che vedere il suo intervento alla trasmissione televisiva pomeridiana con Loretta Goggi, quando parlava di italiano e grammatica. Cosa che io mi ricordo bene, come se fosse capitata ieri, quanto per me fosse emozionante sentirlo parlare e dissertare con certezza sulle mie amate regole grammaticali. E che succede, lui mica mi dice grazie, oppure ah che bella storia, no, mi fa il cazziatone perché lui non ha mai fatto una trasmissione televisiva con Loretta Goggi. Ma come, insisto io, me lo ricordo bene, e lui no, a ribattermi, chiama anche la moglie a confermare, mi dice che al massimo ha lavorato con la più giovane delle sorelle Carlucci. Io lo saluto pensando che, insomma, un complimento me lo poteva fare, dopo tale dichiarazione d'amore, e che forse, vista l'età, magari si è dimenticato di Loretta Goggi. Torno a casa, controllo e ricontrollo in internet e non c'è traccia di Loretta Goggi. E così quasi mi convinco di aver visto, con assiduità e voluttuà, la sua trasmissione con Anna Carlucci. Della quale, Carlucci, mi ero completamente dimenticata, ma degli interventi sicuri e preziosissimi, di Gian Luigi Beccaria no. 

giovedì 9 aprile 2015

Inaspettatamente soli



E’ successo molto prima che ci aspettassimo.
Per Pasqua andavamo un po’ via, quindi le mie sorelle hanno chiesto se potevano passare un pomeriggio con i gemelli, per dare loro l’uovo di cioccolato. E così venerdì pomeriggio i bimbi sono andati a casa di una mia sorella, hanno aperto l’uovo e poi si sono fermati a mangiare la pizza a taglio facendo così cena. Io e il Gangster, avvertiti, abbiamo un po’ aspettato il loro ritorno ma poi ci siamo decisi a cenare da soli prima che rientrasse in casa la “tempesta gemelli”. E già quello era strano, in genere i bimbi cenano a casa mentre noi ceniamo fuori e non viceversa.
Poi il giorno dopo, in un sabato pomeriggio piovoso, l’altra mia sorella ha chiesto se li potesse portare a casa sua e farli cenare lì (che poi vuol dire cenare con il fuso gemelli, alle 7 tutti a tavola..). Io e il Gangster abbiamo prontamente risposto sì, abbiamo guardato subito la programmazione cinema perché piovendo così tanto niente altro avremmo potuto fare, ma non c’era niente di decente al cinema a quell’ora pomeridiana e così siamo stati a bighellonare in casa, in una casa inaspettatamente silenziosa senza i bimbi. Poi abbiamo cenato e, via, va confessato, anche se fra noi non ce lo siamo detti, che quella cena silenziosa è stata un po’ mesta, visto che in genere quando ceniamo i bimbi giocano in cameretta. Quello che ci siamo detti, però, e che prima o poi sarà sempre così: che noi staremo a casa a cenare in una casa silenziosa, mentre loro chissà quando torneranno. E in effetti sabato sera sono tornati alle 20,30, ora tarda per loro che a quell’ora già dormono.