giovedì 28 maggio 2015

Vorrei



Va tutto bene, anche gli inciampi della vita non contano, neanche le contrarietà, le partenze e l’incertezza quotidiana non mi preoccupa, perché va tutto bene.
Non per questo mi manchi meno.
Vorrei tanto, cara mamma mia, proprio perché va tutto bene, potertelo raccontare. Poter ridere con te delle cose di tutti i giorni, delle gambe lunghe di Margherita e dei suoi capelli scompigliati, della voce da paperino di Emanuele e delle sue mani forti.
Vorrei chiederti come fare e anche come hai fatto, vorrei dirti grazie per aver sempre tenuto duro e anche grazie per esserti mostrata fragile, che così mi hai aiutato ad essere timorosa senza averne paura.
Vorrei venire a trovarti  per stare un po’ da sole, anche a non dirci nulla o solo a sentirti raccontare quelle piccole cose che mi raccontavi, le tue bellissime storie di tutti i giorni, e respirati.
Ma la tua mente è lontana, anche se il tuo profumo è lo stesso.
E sappi, mammina mia, che l’unico a cui racconto tutto questo è mio marito. E so che sapere questo ti farebbe tanto piacere, a te che nell’importanza della famiglia ci hai sempre creduto e che sei stata felice quando mi hai visto felice per averlo incontrato.

mercoledì 27 maggio 2015

Saggio



Era l’ultima lezione di Scuola di Circo. Il maestro aveva detto che ci avrebbe fatto vedere cosa avevano imparato, anche se aveva messo le mani avanti dicendo che più che altro, con quel gruppo di piccoli, aveva lavorato più che altro sul gruppo, invece che concentrarsi sulle abilità da apprendere.
Io ieri ero emozionata come se toccasse a me fare il saggio, specie quando ho visto che montavano il sipario. Ok, i genitori rigorosamente seduti, ecco che da dietro le tende fa capolino una faccina familiare, quella di Emino che, curioso, voleva vedere cosa c’era dietro a quella tenda.
Entrano in fila, tenendo un bastone tipo majorettes. Marghe tiene il bastone e con una mano tenta di nascondersi gli occhi, credendo che, se lei non vedeva, nessuno l’avrebbe vista….
Fanno i loro giochi, si spazzano i piedi, escono e rientrano di nuovo, facendo un percorso di abilità che prevedeva saltare a piedi uniti in dei cerchi, di qua e di là una corda, fare le capriole su di un materasso, fare la rana e anche rotolarsi in terra. E lì ho visto quanto bravi siano diventati i miei due salsicciotti, lui che finalmente fa le capriole, lei leggiadra e scapestrata come sempre. Infine gioco con i foulard e grande inchino.
E una tenerezza nel cuore incredibile. Che grande forza di volontà che avete avuto, miei piccoli passerotti volenterosi!

martedì 26 maggio 2015

Per un attimo separati



Ieri Marghe con febbre, così, visto che era possibile, l’ho lasciata a casa. Certo, i pianti di Ema ci sono stati,  quando la mattina ha capito che lui sarebbe andato a scuola mentre la sorella sarebbe rimasta a casa con me, ma poi ho lasciato lei con il Gangster e io sono andata ad accompagnarlo all’asilo e, grazie alla lusinga di quel momento nostro, ha ceduto e dal rifiuto è passato alla contentezza. L’ho preso per mano, abbiamo lasciato l’auto lontana dall’asilo e abbiamo fatto un pezzo a piedi, mano nella mano, con tranquillità, mentre facevamo le nostre chiacchiere. Mi ha interrogato di nuovo su come mai Marghe se ne stava a casa, ha riflettuto un po’ e poi ha voluto la conferma che un’altra volta però, io e lui eravamo malati e siamo rimasti a casa insieme. Non credo che sia vero, forse è successo o forse no, ma lui aveva bisogno di sentirselo dire e io l’ho accontentato, perché ero certa che l’avrebbe fatto stare tranquillo sapere che quel trattamento di favore riservato alla sorella, a lui era già stato concesso in precedenza. E tenermi quella sua mano piccola, che si è fatta grande, nella mia mano, mentre conversavamo, mi ha reso felice, orgogliosa di quel mio ometto e onorata dell’amore incondizionato che lui prova per me. Poi sono tornata a casa dalla piccola, l’ho per un po’ consegnata alla baby sitter perché io un po’ dovevo lavorare, ma quando sono tornata, benché avesse gli occhi lucidi di febbre, me la sono portata con me a fare la spesa. Di nuovo una manino calda nella mia mano, delle gambette corte che mi saltellavano vicino, di nuovo un piccolo essere che si affidava a me, perché se la sua mamma le aveva chiesto di accompagnarla, lei sicura mi ha accompagnato, lamentandosi solo al ritorno che non ce la faceva. Ho visto quella sua testa di riccioli che guidava ostinata il cestino piccolo, riempiendolo pronta con le cose che le dicevo, lo guidava fra gli scaffali con una furia tutta sua e, prontamente, si è voluta dimostrare competente nel mettere le cose alla cassa, sul nastro che lei sapeva che scorreva e poi via, di corsa, a rimetter quel cestino a posto, cercando curiosa il luogo giusto. Di nuovo mi sono sentita fiera e ancora incredula, di avere una bimba così brava e ostinata, curiosa e allegra, che mi accompagna nella vita.
Poi, dopo che ha dormito molto dopo pranzo e mentre facevamo merenda prima di andare a prendere il fratello all’asilo, mi ha stordito con una fila incessante di domande tutte uguali, che chiedevano, con ostinata ripetizione, dove fosse il fratello. L’ha ritrovato felice all’uscita della scuola, la coppia si è ricongiunta e l’amore gemellare è di nuovo trionfato, anche con i soliti schiaffi e dispetti. Che a quanto pare fanno parte dei loro giochi.

venerdì 22 maggio 2015

Affinchè ogni Margherita giochi con chi crede



Incollo qua un carteggio che ho avuto con una "nuova amica" diciamo così. Per lavoro seguo un progetto sulle discriminazioni di genere e, come sempre, pensavo che riguardasse i figli degli altri.
Poi è successo quello descritto qua sotto, alla mia Margheritina, da parte del fratello e dell'amico. Vorreir precisare che, a discolpa dei due maschi, va detto che quello che è uscito dalla bocca di Martino  non era farina del suo sacco, visto che Valeria si è rammaricata che il figlio frequenta all'asilo un bimbo che insegna agli altri bimbi a non giocare con le femmine e neppure con i neri, abominio assoluto di insegnamenti da parte di genitori che, ancora oggi, si sentono liberi di dire ad un bambino dell'asilo tali cose. A difesa del fratello posso dire che probabilmente non capiva, come Martino, quello che stava facendo, per questo poi è andato subito a prendere sua sorella, quando l'ho brontolato.
A difesa di Margherita, che si è lasciata condizionare, devo dire che è la prima volta, penso, che le fosse successo di essere discriminata per il genere, per questo ha solo incassato.
Io invece ho accusato il colpo, e ho scritto subito alla responsabile del progetto sulla discriminazione di genere, che ho scoperto come una amica preziosa che pazientemente ascolta i miei sfoghi e le mie paure riguardo ai figli, e che in precedenza mi aveva consigliato e spalleggiato sulla mia decisione di cambiare asilo ai miei figli. Ecco cosa ci siamo dette. A testimonianza.


Buongiorno Eleonora,
vorrei iniziare la giornata raccontandoti un episodio che mi ha colpito in maniera, direi, incredibile.
Domenica  pomeriggio ho portato i miei bambini al giardino del museo Stibbert, dove andiamo sempre, e insieme a noi c'era la mia cara amica Valeria con il suo bambino che ha un mese più dei gemelli e con il quale stiamo sempre sempre insieme.
Abbiamo lasciato i bimbi giocare fra gli alberi, come piace a noi, mentre noi due mamme stavano chiacchierando sedute su di una panchina. A un certo punto è venuta Margherita da me dicendomi, a bassa voce, che gli altri due bimbi (il fratello e l'amico) non la volevano fare giocare perchè è una femmina. Io ho avuto una botta al cuore e al cervello, mi sono alzata di scatto e ho fatto una bella ramanzina a i due maschi, pensando di aver risolto. Dopo poco mi sono girata e ho visto che i due maschi continuavano a giocare mentre Margherita li guardava da lontano seduta in disparte su di un tronco. Non ci ho visto più! Vedere la mia bambina emarginata perchè femmina come mi ha colpito! L'ho presa per mano, ho detto ai due che mai più si provassero a dire che lei non poteva giocare perchè femmina, che è una cosa molto brutta dire quelle cose, specialmente perchè le femmine valgono più dei maschi! E poi ho detto a Margherita che non la voglio più vedere seduta in disparte, che quando le dicono che lei non deve fare qualcosa perchè femmina, che urli forte come sa fare lei, e che poi dica che femmina è meglio di maschio. Al che il fratello è andato a prendere la sorella per mano e l'ha portata a giocare, mentre l'altro bambino si è giustificato dicendo che l'amico dell'asilo gli dice che le femmine non devono giocare con loro.
Aaaaah, guarda, mi sono di nuovo fermata anche la sera a parlare con Margherita e a ribadirle che lei, prima cosa, deve urlare forte, quando le dicono quelle cose, e poi farsi le sue ragioni.
Perchè secondo me urlare forte fa bene, visto che tendiamo molto ad ingoiare.
Grazie, come sempre, per la pazienza con la quale mi ascolti.
Ti devo una bella colazione in pasticceria

Carissima,
grazie di questo racconto, davvero!! Quanto mi narri è del resto in linea con quello che – ben sai – cerchiamo disperatamente di impedire che avvenga con il nostro lavoro: purtroppo (come hai tristemente esperito) accadono episodi simili e tu hai FATTO BENISSIMO  ad intervenire subito, come sei intervenuta: cercando di rinforzare Margherita, responsabilizzando Emanuele, chiarendo la cosa con l’altro bambino, spiegando quanto fosse assurda la marginalizzazione della piccola e dando a lei la forza di essere sempre combattiva e orgogliosa di se stessa…
Mi domando cosa accada in tutte quelle occasioni nelle quali (e sono tante) una madre non interviene come hai fatto tu…
Mi domando cosa pensasse la mamma dell’altro bambino del comportamento del suo piccolo…
Mi domando cosa accade negli asili, dove spesso le maestre rinforzano queste dinamiche…
Per tutto questo dobbiamo lavorare, affinché ogni Margherita giochi con chi crede, senza distinzioni di sesso!!
 Grazie per questa preziosa testimonianza, dunque, e anche di come hai reagito!!! Vorrei lo facessero tutte le mamme!!
Ti abbraccio forte intanto, e ovviamente è benvenuta una colazione con te, sempre!!
A presto, cara, da
Eleonora!

mercoledì 20 maggio 2015

Un giorno senza di voi è un giorno perso



Ieri intervento dal dentista per me. Mi mette tre punti e mi costringe ad essere malata. Ok, penso, incarico la baby sitter di andare a prendere i bimbi e di portarli a scuola di circo,  poi a casa le faccio fare le cose più pesanti come doccia e lavaggio di capelli, poi magari, quando devono cenare, la mando a casa e faccio io. Peccato che invece non è stato così, perché mi è venuta la febbre e non ce la facevo a scendere dal letto. Così ho sentito i bimbi rientrare a casa, che si lavavano, che guardavano i cartoni e che cenavano con quel gelato finale in premio come succede adesso il martedì, quando il maestro di scuola di circo ci dà l’ok per mangiarlo, che vuol dire che i bimbi sono stati bravi (i bimbi, poi si tratta solo di Emanuele, che fa il disobbediente tanto e che invece, con questa cosa della ricompensa, si è dato una regolata). Dal piano di sopra della mia camera sentivo quelle vocine allegre, sentivo le parole “nostre” che la baby sitter non capiva, sentivo i loro modi di stare insieme, con quella brava ragazza che ci mette tanta passione nel stare con loro. Sentivo che raccontava la storia per addormentarli, che hanno cantato insieme una canzoncina e che -  un classico - come ha chiuso la porta e spento la luce, entrambi dovevano fare la cacca. Ho lasciato che lei se ne andasse, ho fatto una doccia, sono risorta dalle mie ceneri e sono scesa nel buio del piano di sotto. Mi sono affacciata in camera per vederli dormire e invece ho visto una testina che si è alzata, quella di Marghe, che felice mi ha chiesto come stava il mio dente. L’ho presa in braccio, le ho detto che non ce la facevo sai, mio piccolo fiorellino bianco a non salutarti perché mi mancavi tanto e lei si è emozionata. Allora si è svegliato anche il fratello, mi ha detto per prima cosa che Zeus era andato a Roma (gergo nostro) e anche a lui, quando l’ho preso in braccio, ho detto che mi mancava oggi e lui mi ha risposto anche te. E poi mi hanno raccontato della visita che hanno fatto alla Mukki, lei felice per aver bevuto il latte al coccolato, come lo chiamano loro, anche se dispiaciuta di averselo un po’ buttato sulla maglietta, lui invece felice di Veronica, l’hostess bionda che li ha accolti. Mi hanno raccontato dello scuolabus che hanno preso, dello spettacolo che hanno visto e hanno voluto sentire, toccandomi la guancia esterna, che il mio dente non facesse più male, come se dal tocco si potesse sentire il dolore.
Ci siamo baciati, ci siamo stretti, hanno voluto che raccontassi loro quello che loro avevano raccontato a me e, finalmente, siamo potuti andare tutti a letto tranquilli.
Che un giorno senza di voi, pulcini miei, è un giorno perso.

martedì 19 maggio 2015

Nonostante tutto e nonostante tutti

Doveva essere un normale lunedì al giardino Stibbert, insieme ai nostri amici Valeria e Martino. Ma le certezze non sono cose di questi giorni e così i nostri amici non potevano esserci ai giardini e io mi sono trovata a dover decidere all'improvviso cosa fare. Andarci da soli non valeva la pena, c'era una importante strada chiusa nei paraggi del giardino e il traffico che straboccava fino a casa nostra. No, bisognava cambiare tutto. Chiamo, come fanno penso tutte le mamme, abbandonando ogni più profonda educazione, la collega che ha un campo spettacolare che domina Firenze, per autoinvitarmi, ma non c'era e così ho pensato e ripensato, anche a gettare le armi e tornarmene subito a casa con i bimbi dopo l'asilo (cosa che penso facciano molti e che non avrebbe poi tutti quei risvolti negativi come io penso) ma non potevo desistere e farmi abbattere, così ho reagito lottando. Mi sono fatta coraggio, sono andata a prendere i miei bimbi a scuola e, tenendoli stretti per mano, ho parlato loro molto perentoriamente: adesso attraversiamo i giardini lì vicini, pieni di amici di scuola, ma non ci fermiamo, ok? ripetevo, perché dobbiamo andare a prenderci un succo di frutta al bar e aspettare che il giardino del nido dove loro erano andati fino ad anno scorso, aprisse al pubblico per una iniziativa relativa ai giardini aperti. Dubitavo che passare proprio da quel giardino non vedesse capitolare i miei intenti e non vedesse sopratutto scapparmi di mano quei due piccoli pulcini, ma ce l'ho fatta. Ho un po' allentato la presa quando i loro amichetti si sono accorti che finalmente c'erano pure i gemelli, in quei giardini (io mai ce li porto, perché non mi piacciono le dinamiche di classe e altre storie mie), ho visto con piacere che tutti i bimbi cercavano i miei bimbi, passandosi parola e soprattutto cercavano Margherita la quale, come sempre, non si concede subito. Quando forse erano pronti a capitolare e a disobbedirmi, ho ricordato loro il succo di frutta e li ho visti rientrare nei ranghi, abbiamo varcato l'uscita del cancello che ero quasi incredula per avercela fatta così bene. Al bar il succo è diventato un gelato, abbiamo trovato un altro amichetto che ci piace e insieme siamo andati a passare il pomeriggio nel giardino del nido. Gioco libero, un po' organizzato, sicuramente situazione molto più tranquilla che nell'adiacente giardino pubblico, Margherita che si è impossessata di una bici altissima e l'ha cavalcata con padronanza, chiendendo solo il mio intervento quando finiva il dialetto dritto e doveva girarla, Emino che un po' si è dato da fare con i tricicli ma, al solito, quando ha visto che la sorella era molto più brava di lui su quella bici da veramente grandi, l'ha per prima cosa picchiata, poi ha pianto di gelosia e ha accettato che lei continuasse a divertirsi felice solo standomi in braccio e seguendo con me la sorella. Ieri ho visto veramente la felicità in quella mia bambina spericolata, che fin da piccola ha dimostrato di amare le bici e, malgrado il caldo, l'ho lasciata andare e ho continuato a seguirla su e giù per aiutarla ad invertire la rotta. E quando è arrivato il momento di tornare a casa, sono stata sopratutto felice di me, di avercela fatta di nuovo, nonostante tutto e nonostante tutti.

lunedì 11 maggio 2015

Festa della mamma



Sulla festa della mamma potrei raccontarmi per come sono mamma, per come pensavo, giusto questa mattina mentre mi svegliavo, di che magia sia sentirmi chiamare con quella parola, di che famiglia che ho, di che mamma che ho avuto, di mio marito che brontolo perché mi ha delegato troppo ma che, grazie proprio a quello, mi ha regalato la possibilità di esprimermi a tutto tondo come mamma, tanto io, grazie a questa infinita libertà, posso decidere tutto quel che fare.
Ma di ieri, festa della mamma, vorrei raccontare del regalo che ho nell’avere vicino a me un’altra mamma, sono convinta stupita anche lei dall’essere mamma.
Perché ieri sì, con Valeria siamo state insieme al primo appuntamento di Baby conduttore di cani, buffo corso che insegna ai bimbi piccoli come approcciarsi ai cani, che ha visto il mio Emino, spaventato fin da piccolissimo da quello Zeus, cane corso vicino di casa di Quercianella, che con la sua voce tuonante lo ha impaurito fin da piccolo, cercare di vincere le sue paure, per niente convinto da tutti i discorsi e teorie che si sentiva raccontare, visto che come esempio c’era un (finto) canone che abbaiava e che l’ha di nuovo fatto sussultare, tanto che alla fine mi ha detto che di Zeus non ha più paura, perché adesso ha paura di quel cane di Giovanna. Per fortuna però, quando si è visto presentare dei canini piccoli da dover portare a guinzaglio, lui e la sorella ben si sono buttati su quei guinzagli, facendomi tirare un sospiro di sollievo e facendomi anche intenerire, vedendo quanta buona volontà ci mettono, quei due scriccioli di neanche tre anni e mezzo, ad affrontare la vita e le loro paure.
E questa doveva essere la festa della mamma, insieme alle altre mamme amiche con i nostri piccoli, in una mattina diversa e divertente.
Ma per me la vera festa è stata poi il pomeriggio, quando senza aver fissato, ho provato a sentire la cara amica Vale se passava dallo Stibbert, dove avrei portato i bimbi il pomeriggio, ma solo se veniva anche lei. Vedendo che non rispondeva, e sentendo che i gemelli continuavano a dormire nel pomeriggio, quasi mi ero preposta di lasciarli dormire e poi di stare in casa, anche se la giornata era bellissima e il mio spirito mi portava ad uscire. Ma uscire da sola non è la stessa cosa che uscire con l’amica e così, quando lei ha telefonato per dire che ben volentieri venivano anche loro, ho svegliato in un attimo i gemelli, li ho imboccati di yogurt per fare prima, ancora mezzi addormentati li ho caricati in auto e via, felice, ai giardini. Lì insieme a Valeria ci siamo sedute a guardare i nostri tre bimbi che giocavano a portare i cani a guinzaglio usando tre strisce bianche e rosse strappate ad un cantiere, a giocare a fare pancia pancia, a fare una raccolta di rametti, a fare i cavalieri con la loro principessa, insomma a fare i bimbi felici con noi due spettatrici. E lì mi sono sentiva veramente festeggiata, insieme alla mia  cara amica bionda, che presto se ne andrà in un’altra città, e che mi lascerà orfana di questi pomeriggi meravigliosi, sia per me che per i miei bambini.
Grazie Vale, per tutte queste belle giornate passate insieme.

giovedì 7 maggio 2015

Sporchi e felici



Sono cresciuta passando le estati in una casa in campagna che avevamo. Piccolo paese di pietra, circondato da boschi e da prati, pieno di bambini di ogni età, le giornate di quei lunghi tre mesi estivi passavano alla scoperta del mondo, soprattutto del mondo della natura. Nel gruppo dei bambini, che scorrazzava libero dove lo portava il vento, il più grande guardava il più piccolo, i genitori rimanevano a casa mentre tutti i bambini in branco, organizzavano giochi e escursioni, seguendo le dure leggi della natura: i più grandi comandavano, i più piccoli seguivano, gli animali morivano, anche ammazzati, i conigli venivano spellati dai contadini, alle galline veniva tirato il collo, l’ortica bucava, le vipere erano un pericolo del quale eravamo tutti a conoscenza ma la cosa non limitava niente e nessuno, a casa dalla mamma tornavi solo alle cinque del pomeriggio per fare merenda. Ovviamente tornavamo anche per il pranzo e la cena e pure per una sana doccia, che doveva lavare via la terra dalle unghie e dalle ginocchia. E la sera dopo cena via, di nuovo tutti fuori a giocare a nascondino al buio e guai a chi aveva paura.
Io così sono cresciuta credendo che le lucciole ci fossero ovunque, che le notti fossero buie ovunque e che il manto stellato fosse patrimonio di tutti, che le formiche si ammazzavano senza pietà come pure le lucertole e che i conigli e i polli che vedevo morire davanti a me non fossero incarnazioni di esseri viventi ma semplicemente il componente principale di un bel futuro piatto fumante. Ho creduto anche per tanto tempo che il bagno non si facesse in mare ma nel fiume, che le mamme non ti dovevano proteggere dai pericoli che la vita ti mette davanti ma che dovevi cavartela molto da sola, aguzzando l’ingegno, l’orientamento e affidandosi molto alla buona stella.
Per questo adesso mi sembra tutto così enormemente ridicolo portare i bambini ai giardini e sentire quelle frasi tipo non correre se no sudi oppure non andare lì se no ti sporchi. Oppure vedere quei genitori che sorvegliano a vista i bambini e li difendono dagli altri mentre giocano.
Per questo ai miei bimbi tocca l’unico giardino pubblico dove non ci sono scivoli e altalene ma dove c’è un bel laghetto nascosto da un bosco e dove gli alberi hanno un nome che io sto loro insegnando e la natura ha profumi e pericoli e sorprese che sto loro facendo scoprire. Per questo adesso ci siamo affiliati a quel posto scoperto da poco, che è l’Accademia Cinofila fiorentina, dove una veterinaria in gamba  ha creato un oasi in città piena di animali ai quali si può dare da mangiare senza paura e piena di coltivazioni che possiamo assaggiare. Per questo anche ieri ho di nuovo portato i miei bimbi in un terreno di una mia collega, dove ci sono alberi e frutti, lucertole da catturare e soffioni da soffiare, susine aspre da cogliere dall’albero e cacca da fare nel prato. Ragni che ti pizzicano, profumo di erba e capriole da fare in quei prati profumati. Per questo quando la sera i due si spogliano e li vedo sporchi tanto, io dico bene, più sporchi sono più si sono divertiti

mercoledì 6 maggio 2015

Avrei voluto ma non ho voluto



Piccolo fiorellino bianco mio,
scusa per ieri. Quando siamo arrivati a Scuola di circo, in un pomeriggio afoso che non vi aveva visto dormire dopo pranzo, che ci ha visto dirottare la scuola di circo nel piazzale accaldato, ha fatto scoppiare il nervosismo a molti.
A tu fratello che non voleva levarsi la maglietta benché fosse rosso congestionato dal caldo, a me che sognavo quell’ora in cui voi state a fare scuola di circo per bermi qualcosa di fresco al bar e chiacchierare con le amiche, a te che non volevi toglierti la maglietta, non volevi veder piangere il fratello, non volevi staccarti da me. E io, che non voglio abituarti ad averle vinte, proprio perché so quanto sia controproducente crescere una figlia dandogliele vinte (io ne sono l’esempio) ho insistito perché tu rimanessi con il gruppo a giocare, invece che venire con me come piangendo mi chiedevi. Ti ho visto arrabbiata, desolata e anche infuriata, forse anche delusa da questa mamma che ti brontolava perché tu dovevi andare, a tutti i costi, senza farmi impietosire da quel tuo visino accaldato e addolorato. Abbiamo litigato, ci siamo ricattate, blandite e poi abbiamo patteggiato un tuo abbandono su di una sedia, là a guardare i tuoi amici fare le attività, mentre io me ne andavo.
Sappi che quando l’ho fatto avevo il cuoricino piccolo, sappi che ti avrei voluto tanto tenere con me e andare insieme al fresco del bar a berci qualcosa di fresco, a farci compagnia come ci siamo sempre fatte dal primo giorno. Sappi che non mi sono piaciuta nel lasciarti lì seduta su quella sedia e non mi sono piaciuta quando ti brontolavo perché volevo che ti staccassi da me, sappi che mi ricordo e mi ricorderò di quel momento, ma sappi anche che le mamme hanno il diritto e anche il dovere di essere egoiste. Perché nessuno, nemmeno il più bel fiorellino bianco del mondo, deve tenere in pugno nessuno, perché nessun figlio deve avere il potere di vita e di morte su di una madre, che ogni donna ha il diritto di rivendicare i suoi bisogni e i suoi spazi. Quello mio di ieri era il diritto e il bisogno di starmene con la mia amica Valeria a parlare di voi, di noi, di niente e di tutto. E so che tu già sai che questo è una gran cosa, visto che quando siamo ai giardini tu spesso stai seduta con noi sulla panchina a sentirci chiacchierare, invece che andare a giocare con tuo fratello e Martino. Prime prove di conversazioni fra signore.