Ieri intervento dal dentista per
me. Mi mette tre punti e mi costringe ad essere malata. Ok, penso, incarico la
baby sitter di andare a prendere i bimbi e di portarli a scuola di circo, poi a casa le faccio fare le cose più pesanti
come doccia e lavaggio di capelli, poi magari, quando devono cenare, la mando a
casa e faccio io. Peccato che invece non è stato così, perché mi è venuta la
febbre e non ce la facevo a scendere dal letto. Così ho sentito i bimbi
rientrare a casa, che si lavavano, che guardavano i cartoni e che cenavano con
quel gelato finale in premio come succede adesso il martedì, quando il maestro
di scuola di circo ci dà l’ok per mangiarlo, che vuol dire che i bimbi sono
stati bravi (i bimbi, poi si tratta solo di Emanuele, che fa il disobbediente
tanto e che invece, con questa cosa della ricompensa, si è dato una regolata). Dal
piano di sopra della mia camera sentivo quelle vocine allegre, sentivo le
parole “nostre” che la baby sitter non capiva, sentivo i loro modi di stare
insieme, con quella brava ragazza che ci mette tanta passione nel stare con
loro. Sentivo che raccontava la storia per addormentarli, che hanno cantato insieme
una canzoncina e che - un classico -
come ha chiuso la porta e spento la luce, entrambi dovevano fare la cacca. Ho
lasciato che lei se ne andasse, ho fatto una doccia, sono risorta dalle mie
ceneri e sono scesa nel buio del piano di sotto. Mi sono affacciata in camera
per vederli dormire e invece ho visto una testina che si è alzata, quella di
Marghe, che felice mi ha chiesto come stava il mio dente. L’ho presa in
braccio, le ho detto che non ce la facevo sai, mio piccolo fiorellino bianco a
non salutarti perché mi mancavi tanto e lei si è emozionata. Allora si è
svegliato anche il fratello, mi ha detto per prima cosa che Zeus era andato a
Roma (gergo nostro) e anche a lui, quando l’ho preso in braccio, ho detto che
mi mancava oggi e lui mi ha risposto anche te. E poi mi hanno raccontato della
visita che hanno fatto alla Mukki, lei felice per aver bevuto il latte al
coccolato, come lo chiamano loro, anche se dispiaciuta di averselo un po’
buttato sulla maglietta, lui invece felice di Veronica, l’hostess bionda che li
ha accolti. Mi hanno raccontato dello scuolabus che hanno preso, dello spettacolo
che hanno visto e hanno voluto sentire, toccandomi la guancia esterna, che il
mio dente non facesse più male, come se dal tocco si potesse sentire il dolore.
Ci siamo baciati, ci siamo
stretti, hanno voluto che raccontassi loro quello che loro avevano raccontato a
me e, finalmente, siamo potuti andare tutti a letto tranquilli.
Che un giorno senza di voi,
pulcini miei, è un giorno perso.
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