venerdì 22 aprile 2016

Cuor di birbone

Abbiamo litigato, saltando addirittura il bacio della buonanotte. 
E il destino ci ha divisi subito dopo. Sei partito con il babbo e la sorella, per stare qualche giorno dalla nonna del mare. 
E io ho nostalgia della tua testa sudata di paura al pensiero che la tua mamma non ti voglia più bene. Ho rimorso di averti fatto piangere a lungo, senza consolare quei tuoi occhioni disperati che cercavano rassicurazione. Ma ormai era scattata la tua punizione e non si poteva tornare indietro.
Sappi però, caro il mio bambino birbone, che promette sempre di non farlo più e regolarmente poi lo rifà, che io ti voglio bene sempre, anche se sei birbone, testardo e prepotente. Dentro di  te hai un cuore tenero che richiede attenzione, dentro di  te sento un cuore che batte forte quando mi avvicino, neanche fossi la tua innamorata. Sicuramente, per ora, sono la donna della tua vita, la tua fonte di affetto e di calore.
Cerchiamo, caro Emino, non arrabbiarci più. Cercherò io di capire come fare a non farti arrivare così oltre il consentito. Perchè io, senza di te, sto proprio male, sai?

giovedì 21 aprile 2016

Non farò mai più il birbone



Ieri è stata una giornata terribile, con Emino in versione impossibile.
La mattina era iniziata calma e pacifica, con quel primo giorno di vacanza da scuola che mi ha fatto ben sperare. Ho preso quelle manine calde di entrambi e, li ho portati con me a fare la spesa e altre commissioni, pensando, mentre sentivo quelle manine che comunque cercavano la mia mano anche quando non ce n’era bisogno, che ho fatto proprio una bella famiglia, lì uniti in tutto, nelle grandi e nelle piccole cose.
Poi siamo andati da mia zia, alla quale avevo chiesto aiuto per confezionare gli abiti dei bimbi per la prossima recita. E lì non so cosa sia scattato: casa nuova, o per lo meno casa dove non andiamo quasi mai, quindi ricca di stimoli, Ema è partito a razzo: strappava le piante, si è chiuso con la sorella a chiave  in bagno, tutte le volte che lo brontolavo mi tirava le botte, non voleva collaborare in niente. Io mi giustificavo dicendo che non capivo che cosa avesse, ma vedevo che nessuno mi credeva, certi che fosse un caso evidente di bambino prepotente e maleducato. Proprio tutto quello che odio io nei bambini. Al momento di andare via, nessuno ha insistito perché rimanessimo un altro poco….
Siamo andati poi in piscina, stessa rabbia negli spogliatoi, dove Ema vuol fare tutto come crede, con i suoi tempi e i suoi modi, dove per non aver avuto il pettine, del quale lui non ha assolutamente bisogno, ha inscenato di nuovo un vergognoso capriccio nei miei confronti, con relative botte alla sottoscritta. Gli ho promesso, riguardandomi a farlo in pubblico, che poi a casa avremmo fatto i conti. Così è stato. Stanca di quell’ennesimo “scusa mamma facciamo pace non lo farò mai più il birbone”, che lui propina pronto quando vede la mala parata, siamo arrivati a casa e l’ho messo in punizione nella sua stanza, gli ho detto che non mi piace avere un bambino così birbone e che picchiare è una cosa brutta, specie la mamma e la sorella che sono le persone che gli vogliono più bene di tutti. E’ stato messo a letto saltando il turno di chiacchierare con lui, in quella loro alternanza  che vede, per chi dorme di sotto, a giorni alterni, avere la mamma con la quale chiacchierare un po’ prima di addormentarsi. Ho dato un bacino di buonanotte a Marghe e lui l’ho ignorato, ignorando anche i suoi disperati richiami successivi. Sentivo che mi prometteva di non farlo mai più, che il giorno dopo sarebbe stato bravissimo, che voleva che ridessi con lui, ma io non avevo voglia di passarci sopra.
Ci siamo addormentati arrabbiati. Questa mattina, appena svegli, sono venuti in camera nostra e Ema è rimasto un passo indietro senza sapere se quella sua mamma ancora gli voleva bene: l’ho accolto con un abbraccio e gli si sono illuminati gli occhi. Poi, tempo 5 minuti, ha ripreso, come succede sempre, a fare il prepotente, ad un mio no mi ha picchiato ed è scattata, di nuovo, la punizione. E’ stato mandato da solo in camera sua. Era disperato ma nessuno si è intenerito. Perché chi è prepotente ha bisogno che qualcuno spezzi questa modalità di azione. Ho visto il mio Emino sudato e tremante, l’ho lasciato un po’ friggere nella sua sconfitta e poi l’ho salutato facendoci pace, visto che stamani andava per due giorni dalla nonna. Con il cuore leggero, ho visto che il suo visetto rasserenato salutava la sua mamma riconquistata, dicendo, per due o tre volte, ci vediamo domani a Quercianella, come se volesse un’ulteriore conferma.
Certo è che queste situazioni non sono facili da capire, non fanno bene a nessuno e nessuno vince: né chi mette in punizione né chi viene messo in punizione. Certo è che non voglio che il mio bambino sia sinonimo di prepotenza e maleducazione, certo è che voglio capire cosa gli succede, certo è che non voglio ripassare giornate come ieri.

martedì 19 aprile 2016

M e Y



Sono state divise quando la loro amicizia era fresca, vivace e bene articolata. Senza una ragione che nessuna delle due bambine era in grado di comprendere, all’improvviso, una è rimasta in una scuola mentre l’altra ha cambiato scuola, per comodità di un futuro che si costruisce da piccoli.
Erano perplesse entrambe, la mia piccola Margherita che non capiva come mai quella sua amica non andasse più nella sua scuola, la piccola Y. che si è vista dover crescere all’improvviso per andare nella scuola dei grandi (questa ufficialmente era la scusa).
Si sono rincontrate ad un compleanno e, quando sono andata a prendere Marghe, mi ha chiesto, con un filo di voce, commuovendomi, se per caso, visto che c’era anche Y. a quel compleanno di classe, quello fosse il segno che la sua amica avrebbe ripreso ad andare nella sua scuola.
Poi abbiamo portato con noi Y una domenica quando siamo andati tutti della famiglia a fare un bellissimo picnic al parco di Villa Demidoff: le ragazze erano eccitatissime di stare insieme, si scambiavano le magliette come se fossero adolescenti, si capivano con uno sguardo e si beavano l’una dell’amicizia dell’altra. Quando Y, con tristezza, ci ha raccontato che nella nuova scuola c’è una bambina che si chiama Margherita, la mia Marghe ha allora chiesto, con una nuova speranza, se allora fosse sempre sua amica, visto che anche lei si chiama Margherita come la nuova amica, sicura che quel nome in comune valesse di nuovo l’amicizia di Y. Mi ha fatto una tenerezza questa scena, come tutta la giornata passata  con quelle due ragazze sedute vicine, a ridere mentre mangiano il gelato, sudate, accaldate e sporche di prato e di gioia.
Mi ha raccontato poi la mamma di Y che, quando lei va a prendere il fratello più piccolo di Y, che è rimasto nella scuola dei gemelli, Marghe la guarda da lontano nel corridoio dandole un’occhiata significativa, che vuol  dire tanto: vuol dire so che non me la porterai più qui, la mia amica Ya.

venerdì 1 aprile 2016

Via le àncore



Quattro anni e un quarto, visto che il mezzo anno arriverà a giugno. Me li sono portati dietro tutti i giorni della nostra vita, con brevi intermezzi che li hanno abituati un po’ a sentirsi più grandi, meno dipendenti da me, e a capire che il mondo oltre la mamma esiste e ci si può pure stare bene.
Mercoledì iniziava il nuovo corso di nuoto, quello da bambini grandi, dove la mamma non li accompagna più fin sul bordo vasca ma dove bisogna salutarci oltre gli spogliatoi, andare (per fortuna) per mano al fratello/sorella e seguire tutti gli altri bimbi che seguono un’istruttrice sconosciuta. Un po’ Marghe ci ha provato a piangere mentre in auto raggiungevamo la piscina, poi, vistasi ignorata e anche sentitasi consolata dal fratello che le prometteva di starle vicino, si è auto convinta e, asciugatasi quegli occhioni commossi, si è fatta coraggio e, con l’ansia da prestazione, si vedeva da come sentivo battere quei cuoricini forti sotto l’accappatoio, dopo baci a me che segnavano una grande separazione, ho visto quelle due cuffie rosa e azzurre muoversi da sole per conquistare la vasca. Ho seguito dal vetro quel gruppo di bambini che veniva aiutato a togliersi l’accappatoio,  ho visto che tutti facevano ginnastica seri seri, come se fosse una prestazione importantissima, e li ho visti rispondere all’appello e lasciarsi assegnare la nuova istruttrice. Per fortuna l’acqua piace tanto a ai due e così la piscina, ormai priva dei giochi a cui erano abituati, e con le nuove  vasche da fare, è sempre un luogo che li rende felici. Con le altre mamme attaccate al vetro ci siamo emozionate, abbiamo tirato i baci ai bimbi come se superassero prove eroiche e, sempre commossa, ho assistito alla vestizione al bordo vasca, quando una massa di bambini doveva trovare il proprio accappatoio e anche le proprie ciabatte. Prova superata, e superata benissimo, tanto che come premio hanno avuto un bel gelato.
Ma non è finita qui. Il giorno dopo, ieri, avevo fissato da tempo con la mamma di tre bimbe che vanno all’asilo con i gemelli, che avrebbe presi lei i miei  e i suoi bimbi dall’asilo e, insieme, sarebbero andati a casa loro, senza la mia presenza. Sono andata a prenderli un’ora dopo, non volendo esagerare nell’ospitalità né  con quella prima prova. Quando sono arrivata a casa c’era un allegro silenzio laborioso, tutti i bimbi erano sereni e intenti a giocare e la mamma mi ha detto che erano stati tutti bravissimi, tutti e sei i bambini si erano tenuti per mano dall’uscita della scuola alla casa, tanto che per strada tutti si fermavano a guardarli e poi a casa erano stati sereni e felici. Anzi, mi ha detto, la prossima volta devono rimanere a cena. Ossignore! Anche questa fatta  e possiamo pure rilanciare con un invito a cena senza me.
Ma non è finita qui. Oggi i bambini, all’uscita della scuola, li prenderà una mamma la cui bimba festeggia il compleanno. Vanno tutti insieme a casa sua e io devo solo andarli a prendere a festa finita.
Che dire, è questo il momento per il quale ho lavorato tanto, concedendo loro così tanto amore e abbracci e un porto sicuro da non aver paura di mollare le ancore e andare a navigare per il mondo. Certo è che se il cuore lo sento battere forte a loro, ma anche per me è così, in questa nuova condizione in cui mi trovo stranamente libera e loro felicemente indipendenti.