mercoledì 31 dicembre 2014

Terza festa di compleanno



Quest’anno l’hanno capito, che era il loro compleanno! La mattina, quando i piccoli si sono svegliati, io e il Gangster siamo scesi nella camera dei gemelli e abbiamo cantato loro Tanti auguri a te. E lì ho visto i piccoli sorpresi ed emozionati perchè, finalmente, hanno capito che quel giorno  era proprio il loro compleanno.
Vestiti di tutto punto, in una giornata tersa di sole ma fredda stecchita, li abbiamo portati in centro a fare acquisti. Scarpe nuove per loro (anticipo di saldi) e abiti per il babbone. Bravi, hanno camminato tanto, intirizziti nelle loro manine fresche e in quei nasini rossi. Hanno provato con pazienza le scarpe, con quel piede che non si sa se è ancora 25 o se sta diventando 26, e poi hanno aiutato il Gangster a provarsi i pantaloni nel camerino. Poi ci siamo fermati a pranzo da Coco Lezzone, che era il posto dove, con il Gangster, ci rifugiavamo a lungo per pranzo, quando io lavoravo in centro, quando io ero triste, quando loro non arrivavano. Perchè ci sembrava tanto carino festeggiare lì, per annientare quei ricordi di giorni neri con quella bella energia di bimbi freschi. Non che i due si siano comportati proprio bene, ma insomma, non possono essere bimbi prefetti e non può andare sempre tutto come ce lo aspettiamo.
Tutti a casa a dormire, che la mattina è stata intensa ma il pomeriggio lo sarà di più e poi sveglia di fretta, perché la festa ci aspetta.
Causa malattia, due bimbi non sono venuti, così già i pochi invitati si sono ritrovati in quattro, più il Frafratello, ma così ci siamo goduti a pieno la bella festa. Lezione di scuola di circo, alla quale abbiamo partecipato anche noi adulti, scoprendo che non è per niente facile quello che i bimbi fanno….  Poi alle 18 è arrivata la pizza calda, interruzione per mangiarla, anche se i gemelli reclamavano il loro compleanno perchè, a quanto ho capito, per loro equivaleva solo alle candeline sulla torta. Quando hanno capito che su quei vassoi di pizza non ci sarebbero state le candeline, si sono un po’ imbronciati, ma per fortuna il maestro di scuola di circo si era nel frattempo preparato e trasformato in clown per fare loro uno spettacolino che è stato divertente, coinvolgente ed esilarante. I bimbi erano attentissimi a guardare quello che succedeva, giochi di mimo, palloncini che diventavano animali, palline che uscivano dalla bocca, che giravano numerose in aria, bolle di sapone giganti, lui che inciampava e cascava, tiro alla fune, equilibrismi con capitomboli, insomma, un successo. E finalmente poi sono arrivate le torte: bianca glassata per Emanuele, con sopra Babbo Natale, la renna e l’iglu, mentre bianca per Margherita con tigre, leone e una rosa. Grande entusiasmo per spengere quelle tre candeline, con tutto il grande impegno che mettono tutte le volte per soffiare, come se fosse un compito importantissimo che attendono con ansia.
Io di ieri ricordo e ricorderò le risate che si sono fatte i miei bimbi  durante lo spettacolo, gli abbracci che si davano con Niccolò, loro nuovo amico di asilo, la felicità di Emanuele di sapere che questa volta, a scuola di circo, il maestro non avrebbe chiesto alle mamme di uscire ma che saremo rimasti lì con loro. Anche ricorderò quando al ristorante ho ringraziato i bimbi per essere nati e loro hanno capito che quello che stavo dicendo loro era una cosa importante e hanno detto sì con la testa, tutti seri. Quando la sera li ho messi a letto e ho chiesto se si fossero divertiti e mi hanno urlato sììììì, abbracciandomi stretta, quando poi, ormai addormentati, sono entrata in camera per coprirli bene e ho accarezzato quelle loro testine calde russanti e mi sono ricordata di tre anni fa, la sera che erano nati, che erano Emanuele in incubatrice piccolo e gracile con un cappello bianco di lana, e lei nella culletta termica, tutta infagottata con già il piglio deciso. E allora piangevo perché avevo paura che non sarebbero mai cresciuti, adesso mi emoziono perché sono cresciuti, e anche bene.
Grazie di tutto, miei piccoli entusiasti.

martedì 30 dicembre 2014

In un soffio tre

Tre anni oggi, che mi sembrano passati in un soffio, anche se tre sono troppo pochi per indicare tutti questi  giorni passati  insieme da quando siete nati.
Oggi sono successe tante cose, che racconterò domani. La giornata  è stata intensa, ma di oggi mi ricorderò per sempre della voglia improvvisa di abbracciarci e baciarci, di quando vi ho colto seduti e tranquilli e vi ho sussurrato ad entrambi grazie per essere nati, e tutti e due, quasi aveste capito quanto era importante quello che vi dicevo, mi avete dato un abbraccio forte e un bacio umido, a sigillare un nostro momento speciale.
Anche quando vi ho messi a letto, dopo la festa, e vi ho chiesto se vi eravate divertiti avete urlato sì in coro, sempre contenti come siete di tutto.
Che nessuno vi porti via questa gioia di vivere, che io possa godermi a lungo voi e l'energia che mi date. 
Anche io vi abbraccio forte forte e stretto stretto come fate voi.
Smack, miei bei pulcini felici. Buon compleanno, e grazie per essere nati

lunedì 29 dicembre 2014

Cronaca di una domenica di prove superate

Sveglia sveglia dobbiamo andare. 
Ieri mattina, una delle tante domeniche senza il Gangster, come al solito mi ero organizzata per fare e fare. 
Così ben volentieri avevo accettato la proposta di far fare ai piccoli un incontro con il gelato, in una gelateria dove proponevano un laboratorio sull'arte del gelato rivolto ai più piccoli. Iniziava alle 9 di mattina, faceva un freddo birbone, ma non importa, via bisogna andare. Eccoci pronti e puntuali all'appuntamento, con gli amici fidati Martino e Valeria e anche Giacomo e Raffaella. 
Cominciano con il gelato al limone: grandi limoni da spremere, mettere nella macchina del gelato, aspettare che giri e che esca, poi via con la spatola a tagliarlo per metterlo nel cestello, poi si lava la macchina, poi si assaggia. Gnam gnam, che buono. E via e via, con la crema e il cioccolato e anche a preparare le cialde a forma di bicchierino e il cono. E per finire, addirittura l'attestato di piccolo gelataio e una confezione di gelato preparato da loro da portare a casa.
E via veloci a pranzare e dormire, che ci aspetta una nuova emozione. Questa volta il teatro, nel ridotto della Pergola. Qui però è apparso anche il Gangster, che non poteva resistere a starci lontano. Va in scena Prezzemolina, i bimbi stanno buoni, nei loro limiti di attenzione, si interessano in particolare quando c'è da fare qualcosa e poi via, fuori, un'altra emozione, anche se la cena al Mercato Centrale con la scala mobile sta diventando un classico, per la nostra famiglia. 
Ma la vera emozione del giorno, è un inaspettato rientro a casa in autobus. Non lo avevamo mai preso, perché con due bimbi è difficile la gestione di loro in un mezzo pubblico in movimento e per di più affollato, ma ieri sera era vuoto, era fermo al capolinea e poi c'era il Gangster. Loro felici, seduti emozionati, il bus era pure un modello vecchio rumoroso e arancione, che frenava e sbuffava e a loro sembrava di essere sulla giostra. Salutavano tutti, ridevano e chiamavano i vicini, poi, quando hanno chiamato un ragazzo di colore che li ha salutati con la mano, Mele gli ha detto "hai la mano nera te?" e ci siamo schiantati a ridere. Poi ancora a casa a piedi, con il cappello in testa che faceva freddo e a letto dopo una doccia calda che la giornata è stata più che intensa. 
Bravi i miei bimbi coraggiosi, sempre contenti e disposti a fare tutto.

venerdì 26 dicembre 2014

Alla ricerca del Natale perfetto

24 dicembre: usciamo tutti insieme nel pomeriggio lasciando fuori della porta una tazza con i biscotti per Babbo Natale e le Renne. Ce ne andiamo in centro, un po' in giro, un po' alle giostre e poi a cena presto. Quando torniamo a casa ci inventiamo che abbiamo appena visto uscire Babbo Natale dalla porta di casa. I bimbi fingono di credere di averlo visto anche loro e  corrono su per le scale impazziti. Specialmente quando vedono che li aspetta  la tazza vuota, senza più latte né biscotti. Stupiti all'inverosimile di questa cosa. Apriamo la porta di casa e zap, in salotto ci sono tutti i regali sul pavimento, che esondano da sotto il piccolo albero. Incredibile prova che ci sia stato anche Babbo Natale, e non solo le renne a bersi il latte. I due iniziano a scartare i regali: mai visto tanta felicità nel trovare Frecciarossa nella scatola, come ha detto Emanuele, e anche Margherita ha avuto il suo treno tanto richiesto, che però è stato immediatamente fatto sparire nell'armadio, in attesa della giusta alternanza che diamo ai giocattoli. I binari del nuovo treno sono stati montati dal Frafratello, i due erano felicissimi di vedere quel treno che girava in casa loro (finalmente avranno pensato, non dobbiamo più andare alla stazione a vedere i treni, adesso passano anche da casa) mentre Marghe ci dava dentro duro con un sottofondo musicale rap grazie a quel microfono del karaoke. 
25 dicembre: la mattina, quando i due bambini si sono appena svegliati e sono ancora nella penombra della loro camerata, il Gangster si veste da Babbo Natale e scende in camera loro, chiedendo ad entrambi se erano piaciuti i regali che lui, Babbo Natale, aveva portato loro. Entrambi, che ovviamente non avevano riconosciuto il loro babbo travestito ma pensavano proprio che ci fosse Babbo Natale in persona nella loro cameretta, erano emozionantissimi, Mele batteva tutti i piedi e rispondeva quasi isterico alle domande, lei, che notoriamente ha una paura matta di Babbo Natale, ha trattenuto lo spavento, ma non ha proferito parola. Poi, al momento della colazione, ci hanno raccontato  che Babbo Natale era stato proprio da loro.
A pranzo siamo andati a Quercianella, dove ci hanno raggiunto la mamma e gli zii del Gangster, e quella bella giornata di sole e la tranquillità di quella casa al mare, facevano venire voglia di fare Natale lì, nell'intimità della famiglia. Invece siamo andati al ristorante in collina, il nostro preferito, che ci accoglie sempre bene e dove siamo stati bene, con i bimbi bravi e pazienti a tavola. Poi, appena saliti in auto, i due si sono addormentati stecchiti e io ho aspettato con loro mentre il Gangster e i suo parenti facevano un giro a piedi a Livorno. Quando i due si sono svegliati era già buio, per fortuna ci ha ospitato Guendalina e la sua famiglia in casa loro e abbiamo così passato questa fine di festa in famiglia.
26 dicembre: il Gangster se ne va e io vado con i piccoli a casa di mia sorella Anna con l'altra mia sorella e i miei genitori. Sono cambiate tante cose ultimanente nella mia famiglia, a volte penso che, con il crollo della mia mamma, sia successo un po' quel che è successo in Jugoslavia quando è morto Tito: guerre fratricide e una unione che è durata negli anni che non ha più il collante per essere. Lo so che lei sarebbe tanto dispiaciuta di questo, ma io questa volta mi sono sentita tanto stonata in quella mia famiglia,  dove nessuno ha i bimbi e usa i miei gemelli un po' come buffoni di corte, un po' come gioco di forza per vedere a chi vogliono più bene, un po' - e forse questa è solo una mia impressione - per criticarmi per come li cresco. Ma io sono la mamma e decido io di portarli al Teatro della Pergola domenica prossima, anche se loro mi hanno guardato male, piuttosto che da Mac Donald's come mi avevano proposto per festeggiare il loro compleanno. Sono tornata a casa amareggiata e confusa, sicuramente però decisa a che queste farse non abbiano più a ripetersi, che non hanno senso.
Tutto questo per dire che sono ancora alla ricerca del Natale perfetto. Tutto questo per dire che, sono convinta, arriverà il Natale perfetto, ma perfetto per me e per la mia famiglia, che non è la famiglia di altri. Cosa sogno? Partire con loro sicuramente oppure, nel rimanere, avere una casa grande dove accogliere famiglie con tanti bimbi che possano giocare fra loro mentre noi parliamo amabilmente del più e del meno.
Questi bimbi mi hanno aiutato in tante cose, anche nell'essere forte e nel coraggio di dire no. No anche a tradizioni e feste. Sì alla mia cara famiglia.
Buon Natale a tutti.

lunedì 22 dicembre 2014

Grazie del regalo di Natale di oggi

Iniziano da oggi le vacanze natalizie, in anticipo di due giorni rispetto al calendario scolastico, ma il nostro Istituto ha deciso di avvalersi dei due giorni facoltativi di festa che ha ogni scuola,  per attaccarli a queste già lunghe feste natalizie. Quindi da oggi asilo chiuso anche se, in realtà, è da venerdì pomeriggio che i gemelli sono a mio totale carico.
Per fortuna l'appena passato we il Gangster ci ha dato un forte contributo e, sempre quando c'è lui, le giornate sono state variegate. Sabato pomeriggio teatro per bimbi, al Teatrino del Gallo, dove il mio Emino, attento come sempre e voglioso di capire quelle favole, l'ho scoperto improvvisamente passare dall'attenzione al broncio e poi al pianto silenzioso, impaurito da quel lupo di Cappuccetto rosso che vederlo così  mi ha fatto tanto commuovere: l'ho preso in braccio, l'ho stretto a me e poi, visto che non si calmava, l'ho portato fuori a farmi raccontare cosa lo impaurisse così tanto. Mi ha detto che era perché quel lupo urlava forte. Poi, calmato e rifattosi coraggio, è tornato nelle vicinanze dalla recita, l'ha  per un po' guardata dal vetro della porta rimanendo prudentemente fuori e, per il finale, è tornato addirittura dentro, mentre la mia Caramellina rimaneva attenta seduta con il suo babbone a seguire tutta la storia, per niente spaventata. Poi, ovviamente, siamo andati insieme dall'attore che faceva il lupo per parlaci e farci pace, con questo lupo con la pelliccia dalla voce forte, e l'ordine e la quiete sono stati ristabiliti. Per finire, come ci piace tanto adesso, siamo andati tutti insieme a mangiare la pizza al Mercato Centrale, dove i due piccoli non hanno disdegnato di assaggiare i nostri tagliolini al tartufo, anche se ridevano dicendo bleah, che puzzo di piedi.
Domenica Zoo di Pistoia, con una bella giornata di sole, poche persone, leoni pacifici ma per fortuna c'erano delle giraffe vivacemente socievoli che abbassavano volentieri il collo per mangiare l'erba che la coraggiosa Margherita raccoglieva per loro. Mentre Mele era molto affascinato dalle caprette, che per lui erano ostinatamente pecore e guai a contraddirlo.
Poi è arrivato il lunedì, oggi appunto, dove tutti erano a scuola o al lavoro e io non sapevo che inventarmi. Per questo sono ricorsa al solito espediente del fare una visitina a qualcuno per poi passarci la mattina e così è successo anche oggi: dovevo passare un attimo a prendere dei regali per i bimbi da una famiglia amica e lì mi sono ben volentieri fatta invitare anche a pranzo, non schiodandomi da quella casa e da quel giardino. Lo so, sono amici e persone che hanno avuto molti  figli e nipoti, che conoscono bene cosa vuol dire avere bimbi piccoli, che sanno quanto spesso io sia sola con loro, ma quando poi ci siamo salutati e ho sentito  quella dolcissima signora che mi ricorda tanto la mia mamma, dirmi Paola torna, quando ti senti di nuovo sola e non sai che pesci prendere con i piccoli, mi sono sentita un po' smascherata, ma anche tranquillizzata, che spesso non trovo tanta accoglienza neppure nella mia famiglia e, ultimamente, neanche nelle amicizie. Per questo oggi volevo ringraziare chi, a volte come oggi, mi ha salvato da naufragi, da giornate grigie e da mani che non bastano per tenere i bimbi. Oggi ringrazio Nicoletta, ma anche quella signora che anno scorso, sul marciapiede davanti alla Stazione di Campo di Marte, mi vide con due bimbi piccoli e mi aiutò a tenerne uno, anche se non mi conosceva. Ringrazio tutte quelle signore che mi fermano quando sono per strada con i bimbi, per parlami che a me fa sempre tanto piacere, oppure chi, dei negozi amici, mi accoglie all'interno anche se non compro niente, solo per farmi passare due minuti diversi sia a me che ai bambini. Ringrazio chi mi dice certamente quando io chiedo compagnia e chi sacrifica un po' del suo tempo per alleggerirmi qualche ora della giornata. 
Perché oggi è stato per me un bel regalo di Natale, più del karaoke ricevuto in dono per i piccoli.

venerdì 19 dicembre 2014

Babbo Natale in motorino

Oggi doveva essere la prima recita di Natale che facevano.
Li sentivo allenarsi la sera a cantare una canzoncina in cui Babbo Natale arrivava in motorino.
Non vedovo l'ora di ascoltarla per intero, con tanto di mimica.
Poi stamani ha tremato la terra verso le 10 e io non ho sentito niente. Quanto poi ha di nuovo tremato tutto il palazzo alle 11, ho avuto paura, mi sono detta che ci faccio qui al lavoro, così lontano dai miei bimbi, ho chiuso tutto e sono uscita.
Mentre ero in strada mi è arrivato il messaggio dalla scuola di andare a prendere i bimbi perché erano evacuati in giardino: la Protezione Civile aveva annunciato l'immediata chiusura di tutte le scuole. 
Li ho trovati tranquilli nel piazzale, con Babbo Natale che era l'ospite a sorpresa di oggi, che è rimasto con loro, li ha aiutati a lasciare la scuola e li ha intrattenuti fino a quando non arrivavano i genitori.
Io, quando me li sono ritrovati fra le braccia, quei miei due bimbi, li ho stretti forte, perché avevo avuto il cuore  stretto stretto, mentre andavo a riprenderli, incapaci come siamo di gestire i moti della terra.
E Babbo Natale in motorino è stato rinviato a data da destinarsi, si mormora che arriverà a gennaio.

giovedì 18 dicembre 2014

Già me li vedo in turneè

Volevo tanto fare danza, quando ero piccola. 
Ma non mi ci hanno mai portato.
Ovviamente, proprio per quello, di nuovo contro ogni principio pedagogico, i miei figli faranno danza, almeno fino a quando avrò la forza di obbligarli, che un tutù in casa mia ci deve entrare. 
Per questo, già da settembre, ho iniziato a telefonare alle varie scuole di danza per sapere se i miei due cuccioli potevano iniziare l'attività con un classico giocodanza.
Tutte le scuole di danza mi hanno risposto di no, sono ancora troppo piccoli.
Fino a quando non ho trovato la scuola che mi ha di nuovo detto sono piccoli, ma ha aggiunto proviamo. 
Detto fatto.
Ieri prima lezione prova di gioco danza. Che poi non è stata tanto gioco ma molta danza.
Come prevedibile, per ogni novità, la mia futura piccola ballerina non ne ha voluto sapere di provare, posto nuovo con persone nuove, mi si è aggrappata addosso come una cozza e non ne ha voluto sapere di fare niente, se non qualcosa con me a fianco.
Mentre lui, il mio piccolo fascio di muscoli legati, forte come un ginnasta ma rigido come una pietra, si è lasciato guidare in quella lezione severa che lo vedeva seduto a terra con le gambe stese, a stendere le punte e a tenere la schiena dritta, a disegnare cerchi come fossero disegni e a prendersi i piedi con le mani ma da pancia sotto. Poi sì, salti e lazzi, ma tutti con un fine coreografico e il povero piccolo si è trovato così a fare il ballerino classico, anche se avrebbe tanto voluto correre per tutta la stanza e salire su quel mobile (come lui chiamava la spalliera). Ha retto fino in fondo, con pazienza, facendo anche il verso del cavaliere con inchino finale. E io avevo il cuore gonfio d'orgoglio, ad immaginarmelo in turnee con la Scala o con il Royal Ballett mentre, nel mio piccolo, per far venire voglia anche all'altra futura ballerina classica, che nel mentre ignorava beatamente quella lezione, mi sono seduta in cerchio insieme ai piccoli ballerini e via, anche io, seduta gambe stese, punte giù punte su, schiena dritta e mannaggia non aver mai fatto la ballerina, che mi sarebbe tanto piaciuto.

martedì 16 dicembre 2014

Contro ogni insegnamento pedagogico

Da due settimane eravamo sprofondati, sorprendentemente, di nuovo nelle notti insonni. 
I gemelli che dai nove mesi di vita sono stati messi in camera da soli quando ormai erano arrivati al momento di saltare le sveglie per il latte notturno, e che da allora hanno iniziato a dormire ininterrottamente per tutta la notte, ci avevano abituato proprio male.
Poi è successo che, una sera di circa 15 giorni fa, ad Ema si è rotto il ciuccio. Io e il Gangster, impauriti dalla catastrofe che si si prospettava, siamo corsi in farmacia a comprare un nuovo ciuccio, portando quello vecchio come esempio, cercando di controllare, per il nuovo, la somiglianza al vecchio in tutto e per tutto, anche mettendolo un po' in controluce, per vedere se fosse proprio proprio come quello rotto. Ma niente, del ciuccio nuovo il piccolo non ne voleva sapere. Voleva il vecchio e basta. Così ci siamo arresi  immaginando  terrorizzanti  notti insonni sentendo il bimbo piangere alla ricerca del suo ciuccio. Ma, sorprendentemente, così non è stato. Il ciuccio nuovo ce l'ha tirato dietro schifato, quello vecchio ha voluto constatare ripetutamente che era proprio rotto, e si è rassegnato. Zap, si è messo a dormire tranquillo e non l'ha più cercato. Sì, proprio lui che ultimamente, per consolarsi, di nuovo, come quando era piccolo, appena arrivava a casa andava a pescare quel suo oggetto del desiderio e se lo cucciava con voluttà e, si vedeva, con bisogno. Mentre la sorella, come sempre più avanti del fratello, teneva il ciuccio solo per non essere da meno di lui, per la loro tacita regola che se uno ha una cosa, per forza debba averla anche l'altro. Così ho colto la palla al balzo, tolto  il ciuccio a lui, ho detto anche a lei che basta, che era grande e che quindi anche lei ne avrebbe fatto senza come stava facendo il fratello. Non si è scomposta, come mi aspettavo, e si è addormentata tranquilla. Però non mi aspettavo che, nella notte, quella che si svegliasse urlando fosse lei. All'inizio ho pensato che fosse la prima o la seconda notte, per la novità di non trovarsi l'oggetto consolatorio magari al risveglio di un brutto sogno. Invece i suo risvegli urlando mamma arriva sono diventati una prassi. E per me un incubo. Io che se mi sveglio di notte non riesco a dormire, sono sprofondata di nuovo nell'incubo delle notti insonni, con sveglie di soprassalto alle 1 e alle 4 e alle 6, che mi mandavano fuori di testa. Ho provato ad essere accogliente, a consolarla per tutto il tempo che voleva, poi ho iniziato ad avere freddo e mal di schiena, poi ho iniziato a indispettirmi e a perdere la pazienza. Poi ho iniziato a brontolarla, contro ogni principio pedagogico, riprendendola severamente la mattina, al risveglio, ricordandole quante volte avesse pianto la notte e chiedendole insistentemente di dirmi il perché. Poi mi sono scoperta anche a dirle che se la notte si svegliava, da vera bambina grande, non doveva chiamare la mamma ma provare a riaddormentarsi da sola, mettendosi la coperta sulle spalle, e lì ho visto i suoi occhioni di bambina piccola che mi hanno detto no, insieme ad una vocina impaurita. Così mi sono vergognata di averglielo chiesto e ho continuato ad andare a consolarla la notte. Poi ho avuto un'idea: ieri sera, in una serata in cui i due erano particolarmente amorosi l'uno verso l'altra, in cui si chiamavano amorino e si chiedevano le cose per favore, ho colto la palla al balzo e, mentre li mettevo a letto, ho detto a Margherita di non piangere la notte, perché se aveva bisogno poteva chiamare il fratello lì vicino che la proteggeva, e gliel'ho anche chiesto di dire ad Emino, alla sorella, che lui le voleva tanto bene,  e che ci pensava lui a lei. E cosa è successo questa notte? La bimba si è svegliata, non si è messa ad urlare chiamandomi, ma l'ho sentita chiamare il fratello con voce bassa. Ovviamente il fratello non si è svegliato, lui che piomba in un sonno profondo che lo sentiamo russare dalla camera nostra al piano di sopra. Ma lei non si è disperata, è rimasta tranquilla e si è riaddormentata. E sembra che la soluzione, anche se non pedagoccamente corretta, abbia funzionato.

sabato 13 dicembre 2014

Cronaca di una giornata bigia

La giornata è partita male, come al solito ultimamente. Marghe da un po' di tempo si sveglia nella notte urlando, e io devo correre immediatamente a consolarla per paura che svegli il fratello. Questa mattina ha urlato alle 6,30, ha svegliato lui e, ovviamente, insieme, non sono riusciti ad addormentarsi di nuovo, nella loro gara di nervosismo per chi piangeva più forte. Così niente più alzata con calma, era pure buio e nuvoloso e in genere, questa era una congiunzione favorevole a farli dormire di più. Niente, tutti giù dal letto, o quasi e via, a visitare la scuola privata sulla quale davamo per certo di iscrivere i gemelli il prossimo anno. Meno male che siamo andati a vederla! Sulla carta pareva la scuola delle meraviglie, quella che offriva molteplici possibilità alle quali la scuola pubblica e le altre private non si avvicinavano lontanamente. Niente di tutto questo, riesce ad essere più triste e vetusta delle altre private e anche della nostra pubblica. Quindi punto e a capo. Torno a casa sconsolata, passando un po' per una ludoteca giusto per non passare tutto il giorno in casa con i bimbi, li metto a letto dopo pranzo ed ecco che di nuovo, dopo poco, si svegliano urlando, ovviamente nervosi. Cerco di calmarli come posso, arriva, come sempre nel momento sbagliato mia sorella giusto per dire, come al solito di nuovo, che oggi pomeriggio, che doveva passare con i bimbi, lei non poteva, ma che magari, se tornava presto, potevo mandarglieli un pochino.... come a dire, quando ho di meglio da fare non ci sono, quando mi annoio, mi servirebbero i bimbi per ingannare un po' il tempo. Io faccio buon viso a cattivo gioco, e il mio cervello attiva il turbo per immaginarsi cosa poter fare in questo lungo pomeriggio piovoso. Iniziamo con una merenda con il frullato con l'aiuto dei due, poi passiamo a disegnare ma ben presto il nervosismo contagia tutti, me compresa, che penso bene, anche se è umido è forse piovoso, di mettere in bimbi in auto e poi finire da qualche parte, pur di non passare ancora del tempo in casa a litigare per tutto. Opto per dei giardini solitari, Ema parte subito sparato nel fare lo scivolo, che è bagnato, si inzuppa i pantaloni e a me viene da piangere a pensare di dover tornare subito a casa per cambiarlo. Decido così di andare in un negozio vicino, gli compro un paio di pantaloni nuovi e ci mettiamo a giocare con i palloncini che ci regalano in quel negozio, nella piazza di fronte. Pioviggina ma non importa, a casa non si torna. Accetto pure di buon grado la compagnia di una signora rumena con il bimbo piccolo, siamo due sconsolate fuori casa ad inventarsi cosa fare. I bimbi fra loro si divertono, io mi rischiaro il cervello dal nervosismo della giornata e Emino propone di andarci a mangiare una pizza. Così rimaniamo buttati in quella piazza, noi tre più i due rumeni, come i figli di nessuno, mentre piove, è buio e non avrebbe senso stare lì con dei bimbi piccoli. Ma bisogna aspettare le 7 perché la pizzeria apra. Quando conquistiamo il tavolo vedo i miei bimbi felici, che mi fanno compagnia mentre mangiamo la pizza, e io mi commuovo a vedermeli grandi che mi accompagnano ovunque, e anche quando sono sola e sconsolata come un'immigrata in un sabato piovoso in periferia, loro mi rischiarano e mi danno forza e speranza. Grazie mille miei bimbi belli.

mercoledì 10 dicembre 2014

La scuola è una cosa seria

Iniziò anno scorso il giro frenetico di Open day alle varie scuole materne. La fortuna volle che, per caso, quando c'era l'Open day alla materna pubblica vicino a casa, il Gangster fosse a casa disponibile, causa un appuntamento saltato. Mi accompagnò, deciso a non sentire le mie lamentele e perplessità che quella scuola pubblica mi suscitava. L'abbiamo quindi visitata quasi sicuri che lì sarebbero andati, i nostri bimbi. Abbiamo fatto un giro, fatto le domande, ascoltato le maestre nella loro diversità e, usciti da lì, il Gangster con il cuore stretto, perché in fondo i Gangster hanno il cuore tenero, ha detto io qua la mia Caramellina e il mio Mele non ce li mando. In effetti la scuola, già all'ingresso, puzzava di minestra, sette sezioni di materna, 25 bimbi per ogni classe, un solo giardino comune, un dormitorio tipo collegio, un refettorio da carcere. In più i gemelli lì obbligatoriamente divisi. Andammo così a vedere l'altra materna pubblica di zona, più lontana, ma vicina al nido che frequentavamo allora. Un altro mondo e ci innamorammo subito: maestre sorridenti con voce calma, due sole sezioni di materna, un grande giardino con uccellini che cinguettavano, un parco pubblico confinante, un refettorio piccolo con tavolini a quattro che sembrava tanto un ristoranti per piccoli. In più gemelli insieme perché anche a  quelle insegnanti sembrava strano doverli dividere. Vista e presa. Peccato poi scoprire che quella scuolina ci dava pochi punti in graduatoria, a noi toccava obbligatoriamente quella grande e puzzolente e quindi, al momento delle iscrizioni, eravamo già in lista d'attesa. Quindi via, delirio di Open day di scuole private, per non farsi trovare impreparati nel caso, quasi certo, che là non fossimo presi. 
Ne ho viste di tutti i tipi: suore vestite di nero con i baffi che facevano dormire i bimbi sul tavolo, rinomata scuola in collina con tanto di Jaguard davanti al cancello che relegava i bimbi dietro un cancello al piano alto di una villa, seduti su di un pavimento di granito, ad aspettare il biscotto della titolare, che si vantava di far mangiare i piccoli solo con il cucchiaio perché forchetta e coltello erano ritenuti pericolosi. Altre scuole pubbliche grandi, con spazio ricreativo all'interno dei corridoi, refettorio roboante, inserimento notevole di nomadi. 
Poi, per fortuna, trovammo invece la nostra perla, la materna ebraica, dove i bimbi in totale erano 13, attività all'aria aperta quasi obbligatoria, i bimbi si servivano il pasto da soli, facevano il pane e andavano a servire ai tavoli degli ospiti dell'ospizio. Iscritti subito. Tutti felici. Se non che, l'ultimo giorno di iscrizioni, mi dicono, dalla scuolina pubblica che ci era piaciuta tanto, nella quale eravamo in lista d'attesa, che ci rientravamo invece, perché si erano creati due posti nuovi. Che si fa che non si fa, la scelta fu quasi facile: nella scuola pubblica è bene crederci, è una bella risorsa, è gratuita e quella era anche relativamente vicino a casa. Certo, era in un quartiere popolare molto a rischio, ma in fondo è bene stare con tutti e da tutti c'è da imparare. Il destino così ci fece, a malincuore, abbandonare la materna ebraica e scegliere la Fanciulli, che anche il nome ci piaceva.
Abbiamo iniziato senza problemi, abbiamo spalleggiato le maestre anche quando Emino raccontava che lo picchiavano, abbiamo sorriso a tutti anche se, guardandosi in giro mentre aspettavamo l'apertura dei cancelli, pochi erano persone che avevano qualcosa da condividere con noi. Questo perché io ero nel posto sbagliato, intendo, non loro, grande gruppo che fa riferimento al Circolo del Lippi. Mi sono sentita quasi sempre fuori dalle righe, ho condiviso questa riflessione con il Gangster che ha concordato con me che gli altri genitori erano, come dire, di più che tagliati grossi.... erano, paragone calzante che ha trovato il Gangster, con una scarpa e una ciabatta.
Abbiamo parlato così di nuovo di cambiare scuola, anche perché nel frattempo io mi sono allontanata da quella zona per lavoro, perché quella scuola pubblica non offre né pre scuola né post scuola, e perché non fanno inglese e assolutamente niente altro, se non ostinate feste al Circolo.
Oggi pomeriggio c'era la riunione dei genitori con le insegnanti. Ho visto riuniti lì dei festanti genitori felici di raccontare che i loro piccoli non raccolgono i giocattoli, non stanno seduti a tavola, non aiutano ad apparecchiare, non mangiano il pane ma solo biscotti e cioccolata. Fioccavano le battute neanche fossimo alla sagra delle salsiccia, invece che ad una riunione, le maestre poi si sono date obiettivi già raggiunti dai miei gemelli e io stavo lì a chiedermi che ci facevo io lì. Perché sì, quello è il loro regno, l'intero gruppo è felice di spalleggiarsi e di condividere un aspetto ludico dei principi della vita, compresa l'educazione. Quella sbagliata lì dentro indubbiamente ero io,  e i miei bimbi con me, che mi aiutano ad apparecchiare, che si spogliano da soli e mettono i vestiti in lavatrice, che riordinano i giocattoli perché fa parte del gioco, che mangiano pane e olio perché è veramente buono. Ma anche se i miei piccoli sono felici di andare in quella scuola, hanno troppa bella energia perché si riduca tutto ad una gran battuta. La vita è una scosa seria, e la scuola di più.

sabato 6 dicembre 2014

Animali da palcoscenico

La prima uscita con l'asilo l'avete fatta per andare a teatro. Dai vostri racconti ho capito male di cosa  parlava la storia, tradottami poi dalla maestra, ma certamente avete raccontato molto l'emozione di prendere il pulmino insieme agli amici. La maestra, nel racconto, mi aveva detto che erano stati tutti molto bravi: attenti, silenziosi, catturati da quella storia della Fatina acchiapasogni. Per questo oggi ho pensato di replicare. Approfittando della presenza del babbo Gangster, che non si è offerto volontario ma si è trovato accompagnatore forzato, anche se poi è rimasto soddisfatto, siamo andati a teatro. Un teatrino adatto ai piccoli, il Teatro del Gallo è un teatrino piccolo nella limonata di una libreria per bambini. La storia indicava che fosse adatta a bambini a partire dai tre anni, ma secondo me era adatta a bambini più grandi. Però, benché da subito fosse chiaro che le troppe parole e il racconto lungo senza grande interpretazione, sarebbe stato difficile da seguire, siamo rimasti tutti stupiti da come i miei piccoli fossero attenti e bravi. Specialmente Emanuelino mio, seduto composto sulla seggiolina, a seguire serio quella storia di Rosaspina, la principessa addormentata dall'incantesimo. E quando sentiva parlare, faceva shhh con il dito sulla bocca, concentrato nel suo ruolo di spettatore. Anche Marghe è stata brava, soprattuto perché aveva una caramella da sbucciare e mangiare.... Ma diciamo che non ha fatto storie, che già quello è tanto e quando alla fine l'attrice ha chiesto a tutti i piccoli di fare anche loro  una parte della storia, lei si è buttata subito nell'interpretazione. E io sono stata fiera, fiera di vedervi attratti dalle storie, dal teatro e dalle nuove scoperte. Per premio poi, siamo andati tutti a mangiare la pizza al Mercato Centrale, dove di nuovo siete stati bravissimi, i miei due animali da palcoscenico.

venerdì 5 dicembre 2014

Due e undici

Ultimo mese dei due anni. Ormai dite sprezzantemente che ne avete tre di anni, omettendo il quasi davanti al tre.
In effetti, come molti mi avevano detto, i tre anni sono tutta un'altra cosa, anche se ancora non ci siamo arrivati.
Ma godermi di quegli strani silenzi, quando voi giocate da soli in un'altra stanza, mi fa capire che il peggio è passato e si può solo migliorare. Poi, ovviamente, tanto lontano non posso andare, perché continuate a mettervi nei guai e, soprattuto, a picchiarvi per un nonnulla, ma il momento disegno, per esempio, che è apparso prepotentemente nella nostra vita da poche settimane, mette al riposo tutti: voi perché finalmente vi acquietate e vi concentrate un po' seduti, la sottoscritta perché finalmente vede quelle sue due saette sempre attive, calmarsi e anche lei può sedersi, a volte addirittura lontana.
A onor del vero va detto che quella che adora disegnare adesso è Margheritina, che passa seria e concentrata a colorare, quel che resta del pomeriggio, quando torniamo a casa perché fuori piove, o è umido, o è buio. Lei si mette lì ostinata a riempire i disegni di altri, alcune immagini, disegni che richiede che io le faccia. Con una precisione che non fa sospettare invece la quasi assenza di esercitazioni, colora e riempie i disegni con ostinazione, come se fosse un compito importantissimo che va assolutamente finito in giornata. 
Lui diciamo che regge male il confronto. Sopratutto perché essere ormai dichiaratamente mancino non lo aiuta (e io, che sono mancina, so bene cosa sta affrontando, con quel mondo fatto al rovescio) e quindi l'impugnatura sbagliata dei pennarelli, la paura di sporcarsi, la scarsa manualità che ne deriva, unita ad una minore attitudine o maturazione nella concentrazione e nella perseveranza, fa sì che il momento disegno si concluda subito, a meno che non gli si sita a fianco e si disegni tutto quello che lui chiede (il 99% dei casi, le richieste sono disegni di treni).
Una cosa che va anche molto di moda da poco e quel "tu no vai via, poi io chiamo" rivolto a me, che indica una loro voglia di non avere il sorvegliante, di prendere le distanze e l'indipendenza di voler fare da soli. 
Io diciamo che mi sono trovata spesso spiazzata, da questo mio tempo libero quando sono con loro, sorprendendomi sola in cucina seduta su di una sedia a non far niente se non ascoltare quello che loro facevano in un'altra stanza, ma poi ho preso questa nuova situazione in mano e adesso, quando io devo aspettare lontana perché loro devono fare i loro giochi, .... ecco che stiro. Niente di che, ma a me sembra un lusso.....

mercoledì 26 novembre 2014

Stretta la foglia, larga la via, dite la vostra che io ho detto la mia

Ed è arrivato anche il momento di raccontare le storie prima di dormire.
Io che ho avuto per migliore amico per tanto tempo i libri, quando i migliori amici non mi bastavano  più, io che sono cresciuta con i racconti della mia mamma che erano racconti di storie quotidiane, che mi affascinavano per la loro semplicità e per la ricchezza con cui venivano raccontati, tanto che i panni stesi della signora della finestra di fronte mi sembravano un poema epico a cui pensavo e ripensavo, io che mi placo solo se scrivo le mie storie e vivo di storie raccontate, io che adesso che ho un nuovo lavoro, mi sento più tranquilla se finisco ogni incontro scrivendo un mio verbale, che serve solo a me, e che è un verbale per modo di dire, perché è solo il mio racconto di quello che è successo. Io che prima di dormire ho letto per tantissimo tempo, fino a che non ha iniziato a dormire con me il Gangster e la lettura si è interrotta perché con lui è arrivata la tv in camera. Io che ho rincominciato a leggere dopo che avevo interrotto questa mia passione per mancanza di energia, regalata per intero e anche di più ai gemelli e che ho ripreso a leggere al mare, nelle mie lunghe estati passate con il ritmo di due bimbi piccoli e un divano scomodo che mi ha fatto ritrovare la voglia di scappare in camera a leggere sul letto. Io insomma che con le storie da raccontare sono cresciuta come con il pane e pomodoro, aspettavo trepidante questo momento, il momento in cui ai miei piccoli bimbi avrei raccontato le mie storie. Tanti mi avevano detto di iniziare subito, anche se loro non seguivano, anche se a loro non sembrava che importasse, ma io non ho voluto. Inutile proporre qualcosa che non si apprezza, mi sembrava di imporglielo. Invece ora, che è arrivato il momento giusto, da una settimana mi siedo nella penombra della stanza, chiedo a ciascuno di loro di scegliere una storia  e io la racconto. La più quotata ultimamente è la storia delle campane di Nicoletta, alla quale spesso si abbina la storia dello scoiattolo di Nicoletta e di Nico, il cane di Nicoletta. Tiene anche bene la nostra prima storia raccontata, quella del canone di Quercianella e anche quella del faro di Quercianella, alla quale adesso si è legata anche la storia dei due fari rosso e verde del porto della nonna Nadia.  Oggi invece è apparsa la storia di Babbo Natale, forse perché abbiamo preso lo spunto da quella storia che ieri il maestro di Scuola di Circo ha chiesto di raccontare ad Emanuele, che doveva raccontare a tutti i suoi amici cosa c'era nel sacco di babbo Natale. Lui ha detto, tutto emozionato, che in quel sacco c'era un pinolo e una chiocciolina, ma io mi sono emozionata nel sentire la sua vocina risuonare nel silenzio della stanza per raccontare la sua prima storia. La prima di tante. E, come diceva a me la zia Lucia, quando dormivo da lei e mi raccontava le storie prima di andare a letto, concludo adesso come concludo sempre le storie raccontate ai miei bimbi: larga la foglia, stretta la via, dite la vostra che io ho detto la mia. Buonanotte.

sabato 22 novembre 2014

La mia indole

Ci siamo ritrovate che i nostri bimbi, a distanza di pochi mesi, hanno compiuto, compiono e compiranno tre anni. Ci siamo conosciute con loro in pancia, abbiamo condiviso il percorso  gravidanza aggrappandosi a quella mattina di yoga in gravidanza, come se fosse, ma in effetti lo era, il nostro momento speciale. 
Grazie alla sensibilità dell'insegnante, ci ha regalato e ci siamo regalate, delle bellissime chiacchierate segrete, di condivisione, dove tutti rimanevano fuori e quel che si raccontava dentro rimaneva lì dentro e, soprattutto, faceva vibrare i nostri cuori, insieme a quel rintocco della campana tibetana.
Oggi ci siamo ritrovate lì, ed era tanto tanto che quella campana non risuonava più per noi. Non che ci fossimo perse di vista, i compleanni dei bimbi ci fanno ritrovare, le mail e il gruppo mamme yoga su whatsapp ci tengono in contatto e si infuocano nei momenti cruciali della nostra vita. Però, là sedute a parlare di come questo essere mamma ci ha cambiate, non l'avevamo più fatto.
Ognuno di noi, come era naturale che fosse, ha ripreso in mano la propria strada, seguendo l'indole che non si può contrastare, differenziandoci. 
Per questo mi trovo qui a voler dire che, in fondo, non mi sento in colpa se non ho allattato fino all'anno passato i bimbi, se ho manifestato da subito la nostalgia per i tempi che furono e soprattutto per la mia indipendenza, che non mi vergogno di avere finalmente un bel lavoro che mi chiede, come sacrificio, quello di delegare le ore libere dei bimbi ad un'altra persona, che i miei bimbi mi piacciono ogni giorno di più perché si fanno sempre più indipendenti e mi lasciano libera di essere me stessa e non più una loro appendice. 
Perché non è che se uno diventa mamma può vergognarsi di essere se stessa. Per questo ho lasciato correre le occhiate di biasimo quando racconto che sono ad arrovellarmi di nuovo per cambiare scuola ai gemelli, ma io sono fatta così, e non mi posso accontentare che i miei bimbi vadano in una scuola che non permette loro di imparare inglese e la musica, che non gli fa praticare uno sport e non gli insegni una buona educazione. E tutto questo non per cercare  di facilitare la vita ai miei bimbi, ma per cercare di rendergliela più concreta, con del sano bel lavoro. Che imparare, a quell'età, è facile e divertente ma è anche una cosa seria. 
Per questo grazie tante Cristiana, per avermi permesso anche di essere libera di non essere come tutte. E forse per questo, quando dovevamo raccontare di noi come mamme e dei nostri bimbi, io mi sono sorpresa a non raccontare niente di loro e di me ma piangere per il Gangster, che è il grande amore della mia vita e che mi manca tantissimo, e mi manca perché lo sto trascurando tanto. Lui che è il motore, la scintilla e la radice di tutto questo.

mercoledì 12 novembre 2014

Tutto a posto?



Ti sei sevegliato presto, come tuo solito, e ti sei fatto una cantatina: il caffè della Beppina, Heidi,  Pettirosso vola via. Poi, spazientito da quella casa silenziosa, hai iniziato a chiamare la tua vittima preferita: tua sorella. Margheeee, Margheeee, Margheritaaaaaa. Niente, lei come al solito, benchè abbia il lettino a 50cm dal tuo, non ti risponde, forse perché riesce a continuare a dormire nonostante i tuoi richiami a voce alta, forse perché non ti vuole dare soddisfazione. Tu non demordi e inizi a corteggiarla. E lì mi fai ridere, io che ascolto tutto dalla radiolina che ho in camera mia. Prosegui con un: Marghe, come stai? Tutto a posto? Cosa ti preparo? Neanche tu fosse il marito che ha fatto arrabbiare la moglie e vuole fare pace.
Come dico di tua sorella quando tu e Martino la picchiate senza motivo: grazie a questa palestra di vita lei sarà una donna che si saprà difendere da tutto e da tutti,  invece tu, grazie alla sorella, sarai un marito tenero e affettuoso che saprà corteggiare e blandire le sue donne.
Certo è che, scoprirti così grande, a me fa ridere e anche tanta tenerezza. Bravo il mio bimbo birbone.

lunedì 10 novembre 2014

Frecciarossa non ha le porte



Quante cose sono successe da quando scrivo meno. Ma è che adesso è tutto più “grande”, tutto più estemporaneo, tutto più ….stancante? Riposante? Non so.
Certo è che i due crescono che non so proprio come fanno. Hanno risorse e uscite mai viste, discorsi seri e anche logici, volti che quasi non riconosco da come si fanno diversi e grandi, pantaloni da buttare perché troppo corti.
Forse racconterò come siamo arrivati fin qui quando ne sentirò necessità, forse di questo periodo non raccontato  rimarranno solo i ricordi della memoria e non della parola scritta, certo è che la voglia che rimanga qualcosa c’è sempre e tanta, per cui riprendo a scrivere, anche se non da dove ho interrotto, ma da ieri, oggi…da questi giorni, insomma.
Quel che mi è rimasto negli occhi e nel cuore e nella testa di questi ultimi giorni è che i gemelli sono rimasti a casa con Guendalina mentre io e il Gangster ce ne siamo andati per un quasi we a Roma.
Quando sabato li ho messi a letto per il pisolino pomeridiano, salutandoli e dicendo loro che io andavo a Roma, loro hanno voluto sapere con cosa andassi. Marghe voleva a tutti i costi che la rassicurassi che andavo con la macchina nera, ho  invece risposto con il treno, aggiungendo  pure con Frecciarossa, sicura di colpire l’emozione di entrambi, che adorano i treni e i nostri pomeriggi alla Stazione di Rifredi a vederli passare. Però no, non volevano e soprattutto Emino non mi credeva, perché mi ha detto che Frecciarossa non ha le porte e così non potevo andare con quello, mentre avrei dovuto prendere Vivalto, che ha le porte. Io l’ho assecondato, perplessa, perché dovevano dormire e perché non capivo il senso di quel che mi diceva. Poi però, quando ero sul Frecciarossa, ho capito la logica del ragionamento. Andando a vedere i treni alla Stazione di Rifredi, dove i treni alta velocità passano solo sfrecciando e non si fermano, mentre tutti i regionali e gli altri (Vivalto compreso) si fermano e aprano le porte, lui ormai è convinto che i treni AV non abbiano le porte e che quindi non si possa salire sopra.
Bravo il mio piccolo logico! E poi, sorpresa delle sorprese, sabato pomeriggio Guendalina li ha portati in treno dalla Stazione di Rifredi a Santa Maria Novella: un evento per loro!
Mentre quando siamo tornati noi domenica sera, loro felicissimi di rivederci con tanto di braccia buttate al collo che quasi mi hanno commosso, li ho osservati quando si sono messi a giocare con dei fazzoletti di carta sul tavolo. Facevano un gioco di cui ignoravo il procedimento ma, osservandoli, capivo che fra loro e per loro c’erano delle regole, in quel loro posizionare i fazzoletti sul tavolo, con una logica tutta loro, anche quando Marghe li riprendeva tutti in mano e diceva al fratello aspetta, e lui in effetti aspettava, come se a quel punto del gioco fosse logico che lei li togliesse i fazzoletti e lui aspettasse le sue prossime mosse. Io non ho capito, anche se li ho osservati, ma orami loro sono nel loro mondo immaginario, fatto di giochi, formule, scoperte e mondi animati. Tanto che adesso giocano da soli e spesso mi dicono mamma via, perché non vogliono neppure la mia presenza ad interferire in questi loro incantesimi. E io mi ritrovo da sola e perplessa a stirare, cucinare (poco), stare a mani vuote in un’altra stanza ad aspettare che loro abbiano bisogno di me. Ma come ho detto al Gangster questo we romano, quando lui mi ha chiesto se mi mancassero i bimbi, no, non mi mancano quando li so tranquilli e indipendenti nel loro mondo. Anzi, sono contenta per loro, per questa loro conquistata indipendenza.

mercoledì 5 novembre 2014

Due e dieci



Litigate per chi parla. Adesso raccontare è di primaria importanza per voi, e anche se il racconto sembra per adesso una grande filastrocca disarticolata. Ma per  chi, come me, conosce il vostro mondo, da chi e da cosa è animato, si capisce bene che quella filastrocca disarticolata è un grande, primo vostro racconto della vostra vita.
Praticamente consiste in un: “C’era una bicicletta rosa, poi un cane, poi abbaia, poi birbone, poi Martino, poi scuola di circo, scuola di vela, poi barchetta bianca, quando sono grande, una casetta, poi torno a Firenze e via”.
E certo che dietro tutte queste parole, informazioni, concatenazioni di idee, c’è una grande storia! La storia dei vostri giorni, delle vostre emozioni, di quel da fare che vi date e nel quale siete pronti a buttarvi ogni volta, anche se siete stanchi, anche se il posto è nuovo anche se avreste voglia di starvene un po’ a casa.
Ma per ora vi litigate per chi parla, e a chi tocca il turno per raccontare se lo tiene stretto stretto parlando tutto di seguito, quasi senza riprendere fiato, per la paura di dover smettere. E l’altro brontola impaziente perché vuole che tocchi a lui. O a  lei, che sì, quella che deve subire il logorroico fratello è sempre lei.
Per fortuna che in casa vige la regola ferrea Prima le signore, che bilancia molto la prepotenza del signore.
E questa nuova sorpresa che mi avete regalato, quella di iniziare a raccontare, mi riempie di gioia, anche di orgoglio e di voglia, ancora di più, di vedervi crescere.

giovedì 30 ottobre 2014

Ok, fermiamoci



Vi faccio fare di tutto, sperando che tutto vi serva. Anche se so che vi basta quel che fate e che avreste voglia di starvene un po’ tranquilli a casa, come fanno tutti i bimbi della vostra età, dopo una giornata di asilo, che è già fonte di emozioni forti.
Difatti mi ha fatto ridere quando lunedì scorso, il primo pomeriggio senza l’ora legale, portati ai giardini e colti dal buio poco dopo, Mele mio piangeva e mi diceva andiamo a casa. E lì ho pensato ma guarda, i bimbi in genere piangono perché vogliono andare ai giardini, lui invece smaniava per starsene un pochino tranquillo a casa sua. E invece no, ai giardini siamo rimasti, noi tre con anche Martino e Valeria, perché noi mamme avevamo voglia di parlare e di passare un’ora tutti insieme. E quel suo lamento non è stato colto, anche se mi  è rimasto nel cuore.
Poi il giorno dopo è di nuovo stato il giorno di scuola di circo, con noi mamme da subito tutte fuori e con voi piccoli da soli con l’insegnante a fare il mimo della doccia, a saltare come una rana, a passare i foulard sotto le gambe e altri giochi che visti da fuori noi potevamo solo immaginare. Alle 7 di sera però, non appena arrivati a casa, il nervosismo da stanchezza tutti ci coglie, e mangiamo storpicciandoci gli occhi, poi doccia, pigiama e librino a letto, che poco dopo le 8 si spenge la luce senza lamentarsi.
Come se non bastasse, il mercoledì ho voluto farvi fare la prova di scuola di teatro, perché ci andava Martino, perché insieme passa meglio il  tempo, perché Valeria mi aveva detto che era molto carina come cosa. Altra corsa a prendervi all’asilo, altra trepidazione in auto fra il traffico e il parcheggio impossibile, via per mano a correre per attraversare la strada, con voi sballottati e via andiamo, in un posto nuovo. Come siamo entrati in stanza, Mele diceva che non voleva stare a scuola di teatro, che voleva fare circo e andare a casa a mangiare la pizza, Marghe invece mi è stata attaccata in braccio tutto il tempo e io non ho ceduto e ho insisitito perché rimanessimo, perché secondo me valeva la pena. Così vi ho tenuto lì dentro, mentre i bimbi iniziavano a fare gli esercizi. Marghe che non si è voluta staccare da me, anche se avrebbe tanto voluto, si vedeva dai suoi occhi, ma la sua ritrosia per buttarsi nei posti nuovi con persone nuove la bloccava. Mentre ho visto un Emanuelino che invece, come ha visto il gruppo dei bimbi che ballava e che si agitava, è partito contento buttandosi là in mezzo, voglioso di ridere e giocare e di stare con i suoi pari. Certo poi il corso è troppo da bambini più grandi, però lui si è dato molto da fare, cercando, dove non capiva, di imitare e questo mi ha riempito il cuore. Il mio piccolo bimbo grande lavoratore.
Quando siamo tornati a casa eravamo di nuovo tutti stanchi e nervosi, e così ci ha trovati il Gangster  quando è arrivato che, benché mi deleghi e mi avvalli tutte le decisioni che prendo riguardo ai bimbi, mi ha chiesto se non fosse troppo quel che faccio fare loro, che già dopo un giorno intero d’asilo basta e avanza, invece che rimetterci subito dopo altre attività. Io ho detto no, che andava bene così, anche se nel cuore sapevo che aveva ragione.
Per questo mi scuso con voi, cari i miei piccoli, che avete tutta questa pazienza verso questa  vostra mamma che non ama stare in casa e che se ne inventa di sotto terra per fare e fare. In vostra compagnia, ovviamente, miei piccoli amici. Grazie per la pazienza, per la fiducia e per l’energia che mi regalate. Però per ora fermiamoci a Scuola di Circo, che per il teatro ci sarà tempo nei prossimi anni.

mercoledì 15 ottobre 2014

Succede



Succede che le cose si accavallino, si soprammettono, si allungano e si accorciano che neanche te ne accorgi.
Basta poi non avere più la connessione internet a casa che la cosa è fatta: ecco la scusa per non scrivere più.
Ma è solo la scusa, perché i veri motivi sono altri.
Per esempio un lavoro nuovo, con orari nuovi e spostamenti nuovi. Adesso, cosa che non pensavo possibile, esco di casa lasciando tutti a letto, prendo il treno anche se lavoro nella stessa città e vedo i piccoli solo quando escono dall’asilo.
Tutto questo è possibile grazie all’altra novità inaspettata (come un po’ è stato conquistarmi il lavoro che volevo) e cioè avere Guenda con noi. Non so come sia successo ma è successo: da chiederle di venire a Firenze per qualche giorno a settembre, giusto per aiutarmi con la coincidenza inserimento materna/lavoro nuovo, ecco che ce la siamo trovata affiliata, quasi. Ha deciso che una settimana diventavano due e ora invece è per sempre (anche se per sempre non è niente, ovviamente, ma diciamo per molto).
Poi la scuola materna che è partita con il turbo: nessun turbamento, un inserimento rapido e quasi indolore, bimbi nuovi, maestre nuove, ritmi nuovi, perfettamente riusciti da lasciarmi tranquillamente stupefatta.
Così adesso mi sono ritrovata una serie di piccole fortune in manoche mi fanno viaggiare con le dita incrociate per scaramanzia, ma anche mi fanno pensare che ecco, questo volevo!

lunedì 13 ottobre 2014

Due e nove



Andate alla materna con maestre nuove e bimbi nuovi, e vi siete impauriti giusto i primi dieci minuti di questa novità, perché insieme siete una forza e, soprattutto, vi fate forza.
Avete affrontato questa novità con il solito vostro entusiasmo, quello che vi ho insegnato ad avere e che vi contraddistingue.
Adesso, forte di questo nuovo gruppo, lui picchia le bambine bionde e indifese ma anche quelle più grandi e grosse di lui, mentre lei morde i bimbi, ammette di farlo e piange quando viene brontolata dalle maestre perché lo fa.
Però lei adesso imita la maestra e si rivolge a tutti dicendo “Guardate” anche se l’interlocutore è uno solo, tanto che quando lo dice a me sembra che, inquietantemente, mi dia del voi.
Di nuovo c’è che lei ha imparato a riconoscere le sue emozioni e a darle un nome, per questo torna a casa seria con il fratello e mi dice che è arrabbiata con Uele (adesso non lo chiama più Mele ma Uele). E’ anche cresciuta di qualche centimetro rispetto a lui, e così il fratello si è trovato improvvisamente una sorella più grande in altezza e anche in cervello, e lo vedo che è spiazzato da questo repentino sviluppo di lei, che si è fatta forte e prepotente e lo picchia facendogli due pizzicotti secchi e sordi alle due giugulari del collo in modo che lui senta male ma non si veda il danno.
Lei anche adesso ha iniziato a dire che io sono Margherita e lei è la mamma, in questo nuovo gioco del far finta di.
Lui continua ad innamorarsi delle bimbe bionde e anche delle mamme carine delle bimbe bionde. Continua a dire no, a fare di testa sua, ma anche a chiedere scusa subito dopo. Chiede anche, stupito, conferma del fatto che la sorella dica no ad una sua richiesta. Per questo adesso passiamo lunghi  momenti in cui lei risponde no, lui si rivolge a me dicendomi incredulo: Marghe ha detto no? E io sono costretta tutte le volte a spiegargli che anche il no è una risposta possibile fra quelle che può ricevere. Ancora però lui rimane incredulo. Come tutti i maschi.
Per questo, credo, se adesso viene domandato a lui se Marghe sia la sua gemella, lui risponde pronto noooo. E, se continuando, si chiede a lui se almeno Marghe sia la sua sorella, lui continua a rispondere noooooo

domenica 21 settembre 2014

Quando ci sei te...

Siamo tornati dal mare e ci siamo fermati a salutare i nonni, che poi sono i miei genitori. 
Come sempre i piccoli hanno fatto baldoria e si sono esibiti nelle loro scenette comiche che fanno divertire e la mia mamma li osservava a volte distante a volte divertita. 
I piccoli poi l'hanno aiutata ad andare in camera a mettere il pigiama, tenendola per mano e tirandola anche un po', loro seri in quel loro compito importante, mentre le docile  si faceva  portare.
Poi è venuto il momento di salutare, i bimbi erano già per le scale e io sono rimasta sola in stanza con lei.
Mi ha preso la mano e se l'è  portata al viso, e a me si sono riempiti gli occhi di lacrime, anche se non volevo piangere. Poi lei, che adesso mi chiama con il nome di mia sorella, e che non fa più un discorso logico da tempo, mi ha detto "quando ci sei te è tutto più bello" e io avrei voluto dirti tante cose, mammina mia, avrei voluto dirti che mi manchi tanto, che mi sono trovata orfana di mamma senza neanche esserne accorta, che è così dura la vita senza di te, i tuoi consigli, le tue risate, il tuo prendermi in giro, il tuo tranquillizzarmi, il tuo carezzarmi.
Sai, a me manca il respiro a volte, spesso mi manca di sapere se faccio bene o meno, e mi attacco tantissimo ai ricordi che ho di te come mamma, per fare come hai fatto te, nell'incertezza di fare bene o male. 
Però questa sera poi non ho pianto, mi sono trattenuta a salutarti e ho osservato il tuo viso e quelle espressioni che hai, che sono le stesse di quando stavi bene. 
Per cui sappi che, anche se al mio cuore manca la tua compagnia, io ogni tanto ti annuso, ti carezzo e ti guardo, nella speranza che tu mi regali altri momenti come quello di stasera, altre parole dolci nei miei riguardi, che mi creano il subbuglio nel cuore, ma anche mi danno tanta forza nuova per andare avanti. 
Grazie per avermi di nuovo parlato.

giovedì 18 settembre 2014

Il secondo, il terzo e il quarto giorno

Il primo giorno l'ho già raccontato. 
Il secondo giorno le maestre mi hanno chiesto se i bimbi avessero detto che non volevano venire, all'asilo nuovo, e io ho risposto certo che no, volevano tornare anche ieri pomeriggio! Però Margheritina mia, al momento del distacco, mi si è attaccata alla gamba e non voleva che me ne andassi. Sono un po' rimasta lì con lei ma poi la maestra mi ha detto che quando ci sono i genitori è peggio, così io le ho confermato che ero pienamente d'accordo e mi sono alzata decisa ad andarmene, nonostante tutto. Abbiamo solo patteggiato che il fratello le stesse vicino, e mi sono avviata alla porta. Il tempo di varcarla, mi sono girata indietro per un ultimo sguardo, e già la bimba era serena. Quando sono andata a prenderli i bimbi mi hanno raccontato che oggi si sono guardati le mani e le hanno pure disegnate.
Il terzo giorno invece era il mio gran giorno lavorativo, sono uscita di casa che i bimbi ancora dormivano e mi sono diretta come un automa al nuovo posto di lavoro, quello che desideravo da anni.  Ma più il tempo passava e più i piccoli mi mancavano, soprattutto perché sapevo che sarei dovuta rimanere lì fino al tardo pomeriggio, e sicuramente rincasare all'ora di cena. 
I bimbi li hanno accompagnati  all'asilo il Gangster insieme a Guendalina, che poi mi ha raccontato che un po' di storie Marghe l'ha fatte anche stamani, e che al momento in cui è tornata a prenderli i bimbi si erano fatta la pipì addosso tante volte, cosa mai successa. Quindi li ha presi lei e se li è tenuti in casa fino al mio ritorno. Insieme hanno fatto la schiacciata, il pane e una torta salata che mi aspettava per cena, ma mentre io ricevevo informazioni in diretta dalla baby sitter, mi si stringeva sempre di più il cuore. Uuuu, quanto mi mancavano. Mi dicevo che non c'è lavoro che meriti di perdersi un loro risveglio, e che fortunata che sono stata a godermeli tanto tanto. Poi il lavoro è in effetti promettente, le colleghe molto meno ma questo lo sapevo, anche se speravo nel contrario. E quando sono tornata a casa, estenuata dalla giornata di presentazione dei progetti lavorativi, ho trovato i bimbi felici di vedermi, che mi saltavano addosso, che volevano che mi sdraiassi sul pavimento di cucina per prenderli sulle spalle, insomma, li ho visti fare cose che in genere non fanno mai, soprattutto manifestare così tanto la voglia di vedermi e di starmi appiccicata.
Sono andata così a letto spossata e decisa a godermi più che posso questi miei due nanetti allegri.
Il quarto giorno ero di nuovo a casa io, me li sono portati e andati a riprendere, nessuno ha fatto storie anzi, mi hanno raccontato che avevano visto tagliare gli alberi e che hanno cantato le canzoncine. Però all'ora di pranzo Emino mi è voluto stare seduto sulle gambe e ha voluto per tutto il giorno tanti di quegli abbracci, mentre Marghe mi cercava con le mani, sempre attaccata e tutto questo in maniera esagerata rispetto al solito, che manifesta così quanto bisogno abbiamo di stare comunque vicino.
Domani di nuovo li porterà e li riprenderà Guendalina, ma io mi riprometto di tornare presto nel pomeriggio per coccolarmeli un po' e soprattutto per farmi coccolare da loro. 
Io, la vera bisognosa.

lunedì 15 settembre 2014

Primo giorno di scuola materna

E' iniziata la scuola materna. Oggi, 15 settembre 2014.
Questa mattina abbiamo partecipato tutti a questo grande inizio, i gemelli con mamma e babbo si sono diretti insieme "in un posto nuovo" come chiamiamo tutte le nostre nuove esperienze. 
Da giorni dicevo loro che da Gianna non saremo più andati, perchè da Gianna andavano i bimbi piccoli, mentre loro adesso erano grandi e sarebbero andati in un posto nuovo, con tanti altri bambini che non conoscevamo.
Quando raccontavo loro questo, li sentivo che me lo  ripetevano tranquilli, come se avessero imparato la lezione. Ma avevo paura che poi, di fatto, non avrebbero accettato tanto serenamente questo cambiamento. 
Invece questa mattina, con i loro zainetti in spalla, fatte le foto, siamo andati all'asilo, o scuola materna o scuola dell'infanzia.
Siamo entrati che mi tenevano stretti per mano, come fanno sempre quando si affidano a me per andare in posti dove non sono mai stati. In classe c'erano pochi bambini più grandi e altri pochi bimbi nuovi, perchè l'inserimento inizia a piccoli gruppi. 
I gemelli sono rimasti vicino a me, e mi hanno seguito quando io mi sono spostata nella perlustrazione della stanza, mentre il Gangster ci guardava da lontano e, poi, vedendoci tranquilli, ci ha salutato. 
Nella stanza c'erano dei bimbi che giocavano con dei treni, e subito Emino, dopo un attimo di osservazione, si è buttato tranquillo a giocare con i suoi amati treni, insieme agli altri bimbi. Marghe è rimasta vicino a me a guardare, poi ha preso un treno anche lei e non l'ha mollato quando un bimbo tentava di prenderglielo di mano, ma non si è seduta con loro a giocare. Mi ha continuato a stare vicino e ogni tanto si girava a guardare delle bimbe più grandi che erano sedute a tavolino a fare dei disegni con i pennaralli. Le ho chiesto se voleva disegnare con loro ma non ha risposto, una maestra allora le ha preso una sedia ma lei ancora non si fidava a staccarsi da me per mettersi seduta da sola. Allora ho chiesto ad Emanuele se volesse disegnare anche lui con Marghe e lui ha accettato volentieri. Ho preso una sedia anche per lui e si sono seduti vicino vicino in capotavola, con Marghe finalmente tranquilla con la vicinanza del fratello, tanto che ha detto, tirando un sospiro di sollievo: "Il mio Mele qui" e entrambi hanno iniziato a disegnare tranquilli. 
Tutto questo sarà durato al massimo 10 minuti. Io li ho lasciati così, seduti a capotavola, vicini vicini, che disegnavano tranquilli. E in quel momento ho fatto loro un'altra foto, che sta girando fra tutti gli amici.
Poi sono uscita e ho aspettato con le altre mamme fuori, dopo aver detto ai bimbi che sarei stata là fuori a leggere. Ho aspettato un'ora circa, come al solito nessuno mi ha chiamato per dirmi che i bimbi piangevano e mi cercavano... così mi sono affacciata nel corridoio e, senza farmi vedere dai bambini, ho visto che le maestre li stavano portando a due a due a fare pipì in bagno. Ho aspettato di vedere i miei e ho visto Margherita che tornava dal bagno saltellando allegra dicendo "ho fatto pipì", con Mele dietro che correva felice in stanza mentre anche lui diceva "Pipì fatta" ridendo. A quel punto le maestre mi hanno detto che potevo andare via tranquilla.
Quando sono tornata a mezzogiorno ho sentito i bimbi che cantavano dal corridoio, mi sono avvicinata alla classe e li ho visti tutti seduti sulle panchine in circolo che stavano cantando. Quando i bimbi mi hanno visto, come al solito, mi sono corsi incontro con un sorrisone e mi si sono buttati  addosso per il nostro abbraccio con lancio in alto di bentrovato, e Ema mi ha detto che stavano cantando. 
Le maestre mi hanno confermato che è andata benissimo, i due sono stati tranquilli sempre e che erano andati pure in giardino. Così mi sono ripresa i miei bimbi per mano e insieme, nel tragitto per arrivare all'auto, entrambi mi hanno raccontato, come riuscivano, quello che avevano fatto la mattina. E io con quelle loro manine calde  nelle mie mani e ascoltando quei racconti di quei piccoli  fiduciosi, mi sono sentita in pace con il mondo, con me stessa e con il lavoro fatto fino ad ora e con la leggerezza che il mondo si affronta così, giorno dopo giorno, esperienza dopo esperienza e grazie tante ai miei bimbi, che sempre ce la fanno e che mi aiutano a farcela in tutto.

mercoledì 10 settembre 2014

Estate in libertà, come questo racconto

E quando scatteranno precisamente i due mesi e due giorni (cioè fra quattro giorni, precisamente il 14 settembre) rientreremo a casa e questa vacanza a Quercianella sarà finita. 
Anche se continuerà nei weekend. 
Anche se, ci siamo detti, perché poi questi weekend non farli diventare tanti  invece che interromperli  quando finirà il bel tempo. Ho colto pure il Gangster che diceva perché poi non ci trasferiamo addirittura qua.
Eh no! Ora, è vero che questa vacanza che sembrava all'inizio più che altro un esilio ed era partita come una prigione, poi alla fine è diventata bella, emozionante e pure riposante. E' vero che ho iniziato contando i giorni come un carcerato che aspetta la fine della pena e sto finendo strappando tutti i giorni utili per non farlo finire, questo ritiro dorato. E' vero che i gemelli si troveranno a tornare a casa loro di Firenze giusto il giorno prima che inizi la nuova esperienza della scuola materna, ma è anche vero che questo non mi preoccupa perché lo hanno fatto sempre i miei genitori con me, quella di partire il giorno dopo la fine della scuola e tornare il giorno prima che rincominciasse e io non ho ricordo di traumi subiti ma solo di lunghe estati piacevoli. 
Però è anche vero che la vita vera ci chiama. Che siamo rimasti in dieci soli sulla spiaggia e che io ho passato una notte d'inferno sognando che al nuovo lavoro non trovavo più la scrivania e che era pieno di stangone alte con i tacchi mentre io non avevo neppure una sedia dove nascondermi, che mi sentivo fortemente inadeguata e che ho sofferto tutta la notte, fino a quando non mi sono decisa a svegliarmi e a capire che ..... sì, era un sogno ma era anche giunto il momento di rientrare nei ranghi e tornare a casa. In più i gemelli stanno prendendo sempre più campo, il tanto tempo trascorso insieme li ha fatti diventare così spigliati con me che... si stanno prendendo delle brutte confidenze, diventando ribelli e testardi, cosa che deve rientrare con la ripresa delle routine quotidiane.
Certo è che questa estate è stata proprio bella, forse anche perché è stata fresca, perché ho lasciato perdere i sensi di colpa e ho lasciato i gemelli soli con Guenda mentre io facevo altro (più che altro questo è successo quando c'era il Gangster). Vero è che quando c'era il Gangster qua con noi la vacanza ha veramente svoltato, perdendo quella rigidità dei ritmi che io avevo imposto (in spiaggia alle 10 fino alle 12,30, rientro a casa per il pisolino fino a tornare in spiaggia dalle 16,30 alle 19,30, con un ritmo serrato che stancava prima me e poi i bimbi, ma che mantenevo perché da sola mi dava la certezza delle giornate). Invece nei giorni con il Gangster i risvegli erano lenti e anche i bimbi si sono adeguati subito, gli orari slittavano e anche il pisolino pomeridiano diventava per tutti lungo e ristoratore, perché tanto la sera poi andavamo tutti in giro a "fare tardi". 
Fare così mi ha fatto rifiorire, ha rafforzato la famiglia  che si è, come al solito, affidata al suo leader e questa ritrovata infomalità  ha spruzzato sui giorni una polverina magica di leggerezza. Tanto che, dopo i giorni tutti insieme, le mie giornata di nuovo sola con i bimbi hanno perso tutta la loro rigidità e sono diventate malleabili. Così stiamo finendo questo settembre rimanendo molto più a lungo in spiaggia la mattina, pranzando tardi e dormendo poi fino a pomeriggio inoltrato, non tornando in spiaggia ma accettando inviti dai compagni di ombrellone o da amici che ci vengono a trovare. Ricordo fra tutte la pizza con Valeria di Torino e la cena di chiusura estate a casa di Marghebaby, che ha la casa proprio dove guarda la terrazza della casa al mare che avevo prima. E se me lo avessero detto, che un giorno sarei andata con i miei pulcini a divertirmi come una matta con loro da una loro amichetta di spiaggia, proprio lì sotto, non ci avrei creduto.
Della prima estate passata a Quercianella con i due ricordo che mi ha salvato la birra Corona, che mi bevevo da sola in terrazza alla sera, quando le incredibili giornate erano finalmente terminate. Della seconda estate con i bimbi a Quercianella ricordo che mi hanno salvato i film di Sky che mi accoglievano nelle mie serate solitarie, finalmente arricchite da quei bei film che mi portavano in mondi dove mi potevo di nuovo affacciare. Di questa terza estate a Quercianella con i bimbi devo dire che, incredibilmente, mi hanno salvato i libri, che finalmente ho ritrovato e fra le cui pagine mi butto la sera quando mi fermo, ormai troppo tardi per guardare un film o bermi una birra. Per questo, pensavo oggi, avendo ritrovato tutte quelle parole fra quelle pagine che mi chiamano di nuovo a loro  come sirene, ho perso queste parole, quelle scritte, che mi sfuggono e non mi scorrono più tanto facilmente fra le dita. Ma pazienza, torneranno, anche perché, sinceramente, non ho voglia, dopo aver passato tutto il giorno, per tanti giorni, con i gemelli, passare anche le mie sere libere a scrivere di loro. 
Questo è quello che sono riuscita a tirare fuori di questa estate. Il resto forse si perderà nell'oblio o verrà comunque ricordato perché farà parte di quei passi fondamentali nella crescita dei bimbi, come l'aver tolto il pannolino, essersi affidati al mare, essere diventi affiatati fra di loro da essere una coppia pericolosamente stretta (lui la chiama in aiuto e lei gli dice "arrivo amore" e lui le risponde "coccolona"), essersi fatti grandi da lasciarmi andare via tranquilli oppure da volere andare via loro da soli, intimandomi di rimanere lì mentre loro si allontanano. Rimarranno i dolci e le schiacciate fatte con Guenda, i giochi e gli amici, i gangilli e granchi e il faro e il chiedere ai bagnini se potevano fare il bagno in mare prima di andare a farlo.
Grazie Quercianella, stessa spiaggia e stesso mare della mia vita

martedì 2 settembre 2014

Due anni e otto mesi

In questi mesi di "ritiro" al mare si sono uniti più  che mai e, crescendo, sono diventati un'associazione a delinquere.
Dove non arriva uno arriva l'altro. Per esempio Marghe non riusciva ad arrampicarsi sul divano della nonna, salendo dalla parte del bracciolo, e Mele allora l'ha spinta dietro dal sedere per farle fare quello che lui stava facendo: salire sul divano e lanciarsi. 
Lei gli chiede continuamente se vuole questo o quello, e  a volte la sopendo anche a sentire aggiungere un "amore", come dico loro io. Tipo: Uele, vuoi il libro amore? E se il fratello dice no ad una cosa, lei così ligia sempre al dovere, dovendo scegliere se ubbedimi o stare con il fratello, sceglie, senza esitare, il fratello.
Come quando lei, che sale e scende le scale con disinvoltura, e non ha certo bisogno di aiuto, adesso si pianta davanti al primo scalino e per scendere chiede la mano del suo Uele, rifiutando la mia. La cosa buffa è che lui, molto più in difficoltà di lei nel salire e scender le scale, si presta pure ad aiutarla, diventando così due pericolosi claudicanti per le scale. Sì adesso lui per lei non è più Mele ma Uele. E lui, ora che il Gangster ha insegnato a lei il suo lungo nome per esteso, non volendo essere da meno della sorella che è stata battezzata Maria Margherita Amelia, dice di se stesso che si chiama Emanuele Amelio, con grande risate della sorella.
Perché del  maschile e del femminile adesso sono padroni, anche troppo. Difatti dicono che Guenda è andata in Puglia e Davide, il fidanzato di Guenda, è andato in Puglio.
In questo ultimo mese è diventato di moda per loro  chiedere che fai. Di ogni cosa, a mitraglia, chiedono incessantemente cosa fai? lavandoti il cervello per la tenacia con cui  continuano a chiederlo  anche quando hanno avuto la risposta. 
In questo mese si sono innamorati del loro babbone, che ha condiviso tanti giorni con noi al mare e li ha portati a cercare i gangilli e i granchi e, addirittura, a fare il bagno nell'acqua alta, anche se solo sul canotto della Peppa. E anche il Gangster si è legato tanto a loro, tanto da tempestarmi di telefonate, quando è lontano, per sapere il suo Mele cosa faccia e la sua Principessa pure.
Adesso dicono no spesso spesso e anche con "cattiveria", mi disobbediscono volentieri e si allontanano tranquilli, dicendomi di aspettare lì che tornano subito. Io li vedo allontanarsi e li lascio fare, felice di vederli provare a staccarsi da me per intraprendere i loro primi piccoli viaggi della vita

martedì 12 agosto 2014

Pannolino via

In spiaggia erano diventati bravissimi nel calarsi il costume nell'istante in cui sentivano il bisogno di fare pipì e via, lì dove si trovavano, sedere all'aria, pipì subito. Tanto che mi ero rilassata, ormai il più sembrava fatto verso la conquista del pannolino più. Fino a quando non mi sono accorta che il tempo passa, che il primo giorno di scuola materna si avvicina e che il pannolino andava eliminato sempre, non solo in spiaggia.
Così sono entrati nella nostra vita due vasini, uguali, verdi dell'Ikea costo 1 euro ciascuno, che stazionano beatamente nell'ingresso della zona notte, davano al bagno. 
La mattina, subito dopo aver preso il latte e prima di vestirsi, ecco che i gemelli, tutti nudi, si dedicano alla pipì nel vasino. E' un rito lungo e pericoloso, pieno di variabili inimmaginabili. 
In genere inizia lei, si siede e non si capisce se la fa o meno, tanto che lui, curioso e fratello maggiore, si accovaccia vicino al sedere di lei e le chiede: Marghe viene? intesa la pipì. 
Lei risponde concentrata, a volte dice sì a volte no, a seconda se la sta facendo o meno. Poi si alza di scatto e corre, con il  vasino in mano, a buttare il contenuto dentro il water, a volte lanciandolo anche un po', con disastrosi canestri mancati. 
Poi tocca a lui, che è ancora incerto sulla mira da prendere. Fa un gioco di bacino, spingendolo in avanti e indietro per cercare di centrare quel vasino, ma spesso spesso la mira giusta dura molto poco, il resto viene depositato tutto in torno al vasino dove è stato prontamente posto sotto un bell'incerato. C'è da dire che spesso lei, come fa lui, assiste curiosa allo spettacolo e, dispettosa, come vede che il fratello centra l'obiettivo, con un piedino malizioso.... gli sposta il vasino. Poi anche lui corre a vuotare il contenuto nel water, anche lui spesso sgocciola fuori e una volta l'ho pure visto che si metteva quel vasino in testa tipo cappello.  
E questo è quello che succede solo con la prima pipì del mattino. Durante il giorno, se sono a casa, sono molto più disattenti verso la pipì rispetto alla spiaggia. A casa, quando dicono pipì, è perché la stanno già facendo e, mentre la fanno, corrono, per rimediare, verso i loro vasini, facendo, ovviamente, la pipì lungo tutto il percorso. 
Ora, io ringrazio chi ha evitato che la pipì dei bimbi  puzzi come una pipì di un grande, altrimenti in casa nostra permarrebbe, in questi giorni, un terribile puzzo di bagno pubblico.
La nota pittoresca in più, se ce ne fosse bisogno, è che da quando abbiamo adottato il "pannolino più" i bimbi sono arrivati in spiaggia urlando "ora pannolino più, ora c'ho le mutande" calandosi i pantaloni lui per esibirle a tutti e alzandosi il vestito lei per farle vedere al mondo intero. 

sabato 9 agosto 2014

Prima o poi tocca di nuovo a tutte

Prima o poi succede di nuovo a tutte.
Questo mi sentivo dire quando andavo a chiedere, di ombrellone in ombrellone, di mamma in mamma, quando avrei potuto fare di nuovo quello che vedevo fare a quelle mamme: stare sdraiata   sul lettino a leggere un libro.
Prima o poi succede di nuovo a tutte, mi rispondevano. E io quel prima o poi lo vedevo molto e molto lontano. Perché io, lettrice indefessa, divoratrice di libri di vario genere, da quando sono nati i gemelli.... ho ripreso a vedere Beautiful, invece che leggere i libri. 
Sì, di libri non se n'è più parlato per due anni e mezzo. Immaginati la voglia che avevo, dopo una giornata passata a impazzire dietro loro, di mettermi a leggere! Non ce l'avrei proprio fatta. Il massimo che volevo, messi a letto i gemelli, era stare in silenzio in una stanza vuota al buio. Tutt'al più, quando appunto mi andava una botta di vita, c'era Beautiful. Spesso però, rinvigorita da una doccia serale, ce la facevo pure a vedermi un bel film senza dormire. Ma leggere no.
Invece questa estate, frastornata dalla prigionia di quella vacanza, che è diventata vacanza e non più prigionia a poco a poco, trovandomi obbligata spesso a stare in silenzio in casa per la paura che i bimbi si svegliassero, ho approfittato di quei momenti per riprendere in mano i miei cari libri. Anno scorso avevo iniziato, senza troppo successo, il racconto di Salaman Rushdie della sua prigionia. L'ho ripreso in mano quest'anno, bevendomelo pagina dopo pagina, e riflettendo un po' su questa coincidenza, questo parallelo di nostre " prigionie", ovviamente senza nulla togliere al dolore e alla vera prigionia a cui è stato condannato Salaman Rashdie per dieci lunghi anni, e queste nostre vite quasi parallele, la mia reclusa con i bimbi, la sua reclusa per la fatwa, mi hanno aiutato a elaborare quanto mi stava accadendo, e a riderci anche un po' su. Tanto che adesso mi sono convinta di voler raccontare questa piccola mia storia allo scrittore, mandandogli una mail. Così, perché sappia che quel suo racconto lungo 634 pagine mi ha aiutato nella mia personale prigionia. 
Poi è successo che quel libro è finito, ed è finito con il racconto di lui che, finalmente libero,  è per strada e chiama un taxi, cosa fino ad allora per lui estremamente proibita. Ecco che quel taxi l'ho fatto diventare la fine anche della mia prigionia: chiamata la baby sitter, lasciati i bimbi con lei, io e il Gangster siamo andati la mattina da soli in spiaggia e io con me ho portato un libro. E mi sono sdraiata sul lettino a leggerlo.
Ed ecco che "prima o poi tocca di nuovo a tutte" è toccato di nuovo anche a me.

mercoledì 6 agosto 2014

Gangster 47

Sei alto e hai il naso dritto
Hai i piedi tondi e lunghi, le gambe dritte e forti, e quando russi tanto la notte  e io ti scuoto arrabbiata,  tu ti giri subito docile.
Non ci sei mai ma ti occupi di tutto: del fissare il ristorante, il tecnico della lavastoviglie, la signora delle pulizie, la badante della mia mamma, del pagamento di questo e di quello che quando  qualcuno mi chiede informazioni io so solo rispondere boh, per fortuna.
Ti piace mangiare e anche bere, ti piacciono i vestiti puliti e anche tenere alzato il colletto delle polo, quando le metti.
Hai tremila infradito celesti, blu, azzurre e quando compri la tremilaunesima e io ti dico che forse ce l'hai già simile, tu rispondi sempre no, queste mi mancano.
Hai cravatte bellissime (che ho scelto io), camicie eleganti (che ho fatto fare io), abiti sobri e classici (che hai acquistato dietro stretta mia supervisione), ma da quando sono nati i gemelli e io non ti amalgamo più queste tre cose insieme, ma ti abbandono a te stesso, da uomo elegante e raffinato che eri, quando uscivi di casa, sei diventato una miscela esplosiva di colori contrastanti, e io - ti giuro - ti guardo e mi giuro - lo giuro - che devo riprendere in mano la situazione e che non posso permettere che mio marito vada in giro così. 
Hai quel telefono e quel tablet fissi in mano, che accidenti a chi li ha inventati.
Però mi telefoni sempre tanto, anche solo per salutarmi, e mi fai tanta compagnia.
Arrivi tardi, anche non arrivi, molte volte non ci sei, ma quando ci sei a me passa tutto, anche se devo preparati cena o andare a letto più tardi del solito, ma con te vicino passa tutto, soprattutto la stanchezza.
Progetti e mi imbrigli in mille tuoi sogni, io ci credo tutte le volte e quando poi cambi rotta ci rimango male, ma sei di Piombino e me lo avevano detto che quelli di Piombino sono strani. Io non ci avevo creduto, pensavo che visto che non stai più in quella città da tanto.... invece sei comunque un uomo di mare, che il vento spazza, insieme alle certezze e ai progetti sicuri.
Sudi, odi il caldo, spari aria condizionata anche se poi dici che fa male, ma guai a chi te la toglie, e il tuo sogno è stare in terrazza al fresco, peccato che di terrazze ne abbiamo solo al mare, e a Firenze invece abbiamo solo aria condizionata. Per  fortuna qua al mare ti aspetto, in questa casetta che è stato l'ennesimo mio sogno esaudito da te, per festeggiare il tuo 47esimo compleanno. 
Buon compleanno Gangster 47, che sembra il nome di un taxi, invece sono gli anni di questo bel ragazzo che è mio marito.
Per regalo hai voluto una canoa, ma io ti ho fatto anche una sorpresa e ho deciso che il giorno di questo tuo compleanno verrà ricordato come il giorno di pannolino più. Da questa mattina (giocando in anticipo di un giorno, per comodità) ai gemelli ho detto basta pannolino, da oggi mettiamo le mutande. Hanno fatto la pipì nel vasino, l'uno vicino all'altra, lui in piedi che cercava di centrare il vasino e lei seduta lì vicino che gli spostava il vasino non appena lui lo centrava, inondando l'ingresso di pipì. Poi lui, come fa sempre, si è accovacciato vicino a lei per controllare se la faceva la pipì, lì seduta su quel vasino che non si vede niente. Ho fatto le foto, naturalmente, di tutto questo, comprese le prima mutande messe. Ora, sinceramente pensavo che fosse più semplice, visto che in spiaggia, non appena hanno voglia di fare la pipì, si tirano giù prontamente il costumino e non sbagliano una volta. Questa mattina invece hanno sbagliato diverse volte, specie lei. Ma chi l'ha dura la vince.
E di sorpresa per il loro babbo i due hanno preparato, insieme a Guenda, una bella torta fatta da loro: crostata di fragole, proprio quella che ama il babbo Gangster.