venerdì 31 luglio 2015

Ciao Mamma

E' volata in cielo su di una nuvola, come abbiamo detto ai gemelli, i quali hanno voluto vedere in quale nuvola precisa del cielo fosse andata la nonna Carla.
Per me è ancora troppo presto per parlarne, scriverne, anche pensarci, a volte, a quella mia mamma che non c'è più.
Per questo attacco qua una  cosa che scrissi su di lei  21/1/2010. Tanta acqua sotto i ponti è passata da quei giorni, tante cose sono successe e cambiate.
Ciao mamma, grazie di tutto.

Da oggi il sole entra nell'Acquario
La mia mamma veniva da Diladdarno, per questo non fu un gran che accolta.
Dopo 15 giorni di matrimonio, mia nonna paterna, con la quale era andata ad abitare, le disse che era giunto il momento che lavasse le lenzuola, non tanto sicura del fatto che quelli Diladdarno lo facessero.
La casa dei miei nonni paterni, quella dove lei era andata ad abitare, era grande e ricca, ma piena di persone d’altri tempi. A lei che invece andava a lavorare ed era dell’Acquario, le sembrò, con quell’aver attraversato l’Arno, di essere tornata indietro nei secoli.
Neanche tre figlie la domarono: le partorì all’ospedale invece che a casa e le fece visitare da dottori invece che dagli stregoni, non conquistando così mai la fiducia della suocera, che morì senza aver avuto l’erede maschio, importante per la famiglia di mio padre e, ovviamente, altra grande colpa di mia madre.
Morta la nonna si chiuse l’enorme casa e si andò a vivere in appartamento: l’era dell’Acquario adesso regnava.
Ricordo le resistenze di mio padre, figlio della mia arcaica nonna, a mandarci in vacanza, mentre mia madre ci accompagnava felice in campagna nei  tre mesi estivi, lasciandoci libere di essere selvagge, tornando così ad essere così quello che mia nonna ha sempre pensato di lei, una selvaggia appunto.
Parlando adesso con lei da donna a donna, mi confessa che le piace mangiare con le mani, perché le dà il senso di libertà che la vita le ha tolto. Mi racconta che sì, ha sempre fatto tutto quello che le veniva chiesto, ci ha cresciute, è stata una brava moglie, non ha mancato mai verso nessuno, ma i ricordi belli della sua vita sono tutti legati a prima che si sposasse: andava a lavorare in bici, era piena di amiche, recitava nelle commedie, girava l’Italia in pullman. Si rideva tanto, mi racconta sospirando. Orfana di madre, a 18 anni rimasta con tre fratelli piccoli da crescere, nascondeva le pentole da lavare per poter andare a ballare, un po’ come faccio io. In fondo di me si è innamorata solo quando ho iniziato a somigliarle: sempre via, sempre ben vestita, sempre egoista: una selvaggia come lei, anche se lei, più che selvaggia, è una hippy, una nata sotto il segno dell’Acquario, appunto. Non mi ha partorito in tempo per farmi dell’Acquario, le sono venuta Pesci e anche un po’ tanto piagnona, pigra che non mi capisce e paurosa che la lascio perplessa: a lei che da sposata le hanno tolto la bicicletta in cambio di tre figlie e un marito, con la mia auto, il mio lavoro e il mio inglese, avrebbe esplorato luoghi mai visti e gioito molto più di quello di cui è riuscita a gioire. A volte, in effetti,  mi è sembrato di fare quello che facevo come se fossi in missione da parte sua, gratificata quando lei guardandomi, riassumeva quel nostro specchiarsi a vicenda in un “sei come io avrei voluto essere” mentre io, in fondo sono come sono perché l’ho presa a modello. Io un po’ la temo, quando mi accorgo che vede la parte di mio padre in me, e un po’ la sfido, quando faccio lei all’ennesima potenza.  Che è difficile unire in me i geni di un brontolone statico come il mio babbo, con una selvaggia come mia madre. Ma essere cresciuta sotto il segno dell’Acquario è quello mi ha salvato la vita perché nella vita mi ha buttato.

mercoledì 22 luglio 2015

Orgoglio di mamma



Due mesi al mare non li potevo vedere, là lunghi e distesi, tutti fatti da tanti  giorni tutti uguali. Così ho cercato, ho studiato, ho provato e via, abbiamo trovato il nostro intermezzo: corso di pony sulle colline sopra al mare.
Da giovedì scorso, insieme all’amico Martino, e da giovedì prossimo, da soli i gemelli, il povero pony Trudi si vedrà regolarmente strigliare, accarezzare, montare con sella e senza, e infine avere la carota e essere accompagnato nel recinto, da questi miei piccoli nuovi cavallerizzi.
Ho amato i cavalli e montarli, ognuno di loro con quel suo carattere differente da capire e studiare, quello sport da fare all’aria aperta come piace a me, quel sano sudore misto al profumo di stalla. Per questo mi sono inorgoliosita quando ho visto i miei bimbi che ben volentieri strigliavano quel cavallino e ben volentieri sono saliti sopra (Emanuele ha fatto da apripista, il primo a voler far muovere Trudi mentre gli altri si erano limitati a salirci sopra e basta), che andavano felici in sella e non volevano scendere, che hanno accarezzato il cavallo caldo quando poi li hanno fatti salire di nuovo sopra senza sella. Insomma, orgoglio di mamma, ecco cosa ho provato a vederli cavalcare. I miei piccoli cavallerizzi marini.

lunedì 20 luglio 2015

In compagnia a Quercianella



Finalmente sono venuti  nella nostra mitica Quercianella. La settimana scorsa è stata una settimana quercianellese per Martino e Valeria che sono venuti a trovarci insieme alla cuginetta Clara e alla nonna. Abbiamo condiviso giochi e esperienze, abbiamo insieme, come al solito, passato una tappa importante della vita che è stata quella della tavoletta: niente più braccioli ma bagno in mare senza, con solo l’aiuto della tavoletta. Un’altra conquista per quei nostri piccoli nanetti coraggiosi.
Insieme ci siamo visitati l’acquario di Livorno, siamo andati sulle colline a strigliare un pony e a montarci pure su, abbiamo cenato in spiaggia e anche alla festa di paese, siamo andati a mangiare la pizza e a cenare dove i genitori di Martino pranzavano nei loro giorni estivi quando ancora Martino era nel mondo dei sogni. Hanno litigato (i maschi), si sono innamorate le femmine, fra loro, la più grande con la più piccola, tanto che Marghe mi ha sorpreso dicendomi Mamma non mi chiamare quando sono con la mia amica, si sono fidanzati (Martino e Margherita) ci siamo salutate, in fretta e male ( io e Valeria) perché questa volta era quasi per sempre o per lo meno per un lungo periodo, che verrà interrotto da visite di un weekend che non potranno sostituire il nostro usuale quotidiano. Come dice il Gangster la fine di un’epoca, come dico io l’inizio di una strana paura, quella della solitudine. Abituarsi a stare senza di loro sarà dura, parte come sono della nostra  mia famiglia. Specie dopo questa settimana in stretta compagnia, passata così in fretta fra pranzi all’ombra dell’ombrellone, ripetuti bagni in mare, gitarelle, che facciamo domani, insomma, come sempre, quando si sta bene il tempo vola

mercoledì 8 luglio 2015

Veditori di ombre



Ogni tanto ne parlava, ogni tanto  buttava lì che lo avrebbe detto a Ginevra, ogni tanto raccontava che la sua amica Ginevra l’aspettava a casa. Ho iniziato ad approfondire. Ho chiesto: “Marghe ma chi è Ginevra?” E lei mi ha detto che è una sua amica, che ha cinque anni, che ha i capelli biondi, lunghi e riccioli e che abita con lei. Tale sicurezza nella descrizione e nella frequenza con cui me ne ha parlato, ma ha fatto insospettire e ho indagato con domande dirette, alle quali non sempre mi è stata data una risposta. Perché se è vero quel che penso, e cioè che Ginevra non è l’amica immaginaria di Marghe, ma una presenza che lei vede e sente realmente, è vero che la piccola non può darmi tutte le risposte alle mie domande, perché (ho ben riconosciuto lo sguardo fisso nel vuoto) non le viene permesso di rispondermi. Dico questo perché anche io “vedo qualcosa” come lo chiamo io, presenze, ombre, qualcuno, spiriti, anime, boh, non ho mai saputo come chiamarle e non ho mai voluto dare peso a questo potere? dono? maledizione? non so come chiamarlo. So che per difendersi ci devi convivere senza dar troppo peso a quello che vedi, che non ha senso razionale. Per un periodo della mia vita ho cercato di trovare risposte e conferme in altre persone che anche loro “vedevano”, le quali mi hanno un po’ spiegato, tranquillizzato, ma anche messo in guardia. Quello che ho imparato è che non bisogna dar importanza a queste energie imbrigliate ancora nel nostro mondo, probabili esseri incapaci di evolvere e transitare altrove, lasciando questo mondo pesante per alleggerirsi in altre sfere, che se si continua a chiedere, chiamare e voler vedere, si tirano per i piedi queste energie, si trattengono con il nostro raziocinio in questo mondo mentre loro hanno il bisogno di essere lasciati andare oltre. Credo che Ginevra non voglia che Marghe racconti troppo del loro rapporto perché questi esseri non amano svelare i loro mondo, per questo alle mie domande Marghe assume la maschera di pietra tipica di chi viene bloccato, ma  è vero anche che continuare a chiedere alla bimba di questa presenza vuol  dire dare importanza e peso ad una cosa che è sì importante e pesante, ma che non deve essere centrale, deve continuare ad essere lieve e non protagonista assoluta.
Io, cara bambina mia, continuo a tenerti d’occhio e farò di tutto per difenderti e darti gli strumenti per affrontare da sola questo che è un bell’impaccio, anche se viene chiamato dono. Certo è che quando mi hai raccontato che Ginevra sta con te in camera tua e che ti racconta le storie ma quando la mamma arriva lei se ne va, un po’ mi sono impaurita, un po’ mi sono spiegata i tuoi incubi notturni, un po’ mi sono spiegata perché io e te siamo così unite senza parole, come lo è stato e lo è fra me e la mia mamma.
Intanto, per non farci mancare niente, anche Ema, ovviamente geloso di queste attenzioni verso la sorella, sostiene di avere anche lui un suo amico, che si chiama Imbo. Ora, il nome lasciava presagire un’improvvisazione che non si poteva ripetere, tipo il primo nome strano da inventare per fare colpo. Però anche lui, a distanza di giorni, ha confermato nome e presenza, facendomi sospettare…. Oh no, due no! Povero Gangster, stare in una casa piena di veditori di ombre!

martedì 7 luglio 2015

Ognuno felice dove è



Ieri sera dovevamo andare a cena fuori. Per festeggiare di essere a Firenze da soli mentre i gemelli se ne stanno a Quercianella da soli (si fa per dire, da soli con Guenda, per la precisione)
Ovviamente è arrivato tardi, lui, il Gangster padre di famiglia, ovviamente aveva caldo, fame e non aveva voglia di sentire le mie lamentele sul fatto che avessi caldo, fame e che avessi pure aspettato un marito in eterno ritardo. Sono saltata su al di lui scooter e abbiamo iniziato a girare a vuoto per i vari ristoranti in collina, tutti chiusi per il lunedì o tutti pieni perché aperti. Si avvicinavano preoccupantemente le 10 di sera e noi stavamo ancora viaggiando al fresco sì, ma a digiuno fino a quando non ci siamo “imbucati” in una festa privata, abbiamo scorto un buffet aperto, ci siamo presentati, nessuno ci ha negato un piatto di pasta fredda e poco altro e lì abbiamo cenato, scoprendo pure che di lì a poco ci sarebbero stati i fuochi d’artificio a Fiesole. Via, di corsa, inforchiamo di nuovo lo scooter e arriviamo precisi per alzare il naso e goderci lo spettacolo dei fuochi, che a Fiesole ti spiazzano perché un po’ li vedi in cielo, un po’ li vedi partire direttamente dalla Piazza, un altro po’ saltano dal campanile. Bellissimo, io poi che adoro i fuochi d’artificio ero al settimo cielo. Ma quello che mi ha colpito, oltre la libertà ritrovata come coppia, è il fatto che in genere sono io che, quando siamo soli, parlo dei bambini. Ieri sera invece era lui, quel Gangster con nuovo incarico che lo terrà ancora di più fuori casa ma che lo rende orgogliosissimo, che coglieva ogni minima scusa per raccontarmi del suo Mele, di quanto  preziosi sono i gemelli, di che bravi che sono e di come lui si diverte con loro e di quanti baci dia alla sua Margheritina.
Tutto  questo perché il giorno prima, la domenica pomeriggio, lui è rimasto credo per la prima volta o quasi, solo con loro al mare, lasciandoli giocare in casa e portandoli poi a lavare l’auto e infine a mangiar la  pizza, con visione di Peppa a tavola, ma non importa. L’importante è che se li sia goduti e loro lui, quel babbone che ha confessato di voler essere ricordato per quanto li vizia, invece che per quanto li brontola.
E stasera si replica, i programmi dicono via in scooter nel Chianti, proprio come ai vecchi tempi. Mentre dal mare mi arrivano foto rassicuranti di due gemelli felici all’ombra dell’ombrellone in riva al mare che giocano a fare Cappuccetto Rosso e il lupo, con una Marghe travestita in nonna con tanto di occhiali e vestito pareo, e un Ema che fa il cacciatore fiorentino, con quelle sue c aspirate che fanno paura.
Quindi che dire, tutto organizzato, per ora fila tutto liscio liscio, ognuno di noi ha il proprio divertimento.

lunedì 6 luglio 2015

Pronti, via, inizia il mare



Siamo partiti per il mare di Quercianella il pomeriggio del primo luglio, per rimanerci due mesi. Abbiamo fatto una sosta nei dintorni di Livorno per andare a vedere quel maneggio che promette corsi di avvicinamento ai pony. Faceva un caldo infernale, non c’era nessuno che ci potesse dare informazioni, ma noi ce la siamo cavata dando da mangiare ai due cavallini e accarezzando gli altri cavalli. Ho visto che ai bimbi piace stare con gli animali e quindi lì torneremo, quando passeranno i bollori africani. Poi ci siamo fermati a mangiare la pizza in pineta, perché è un rito propiziatorio, perché quella pizzeria di Quercianella mi ricorda tanto la Quercianella che fu, perché mi piace la compagnia dei miei bimbi, allegri e curiosi. E la mattina dopo iniziano i giorni di mare. Arriviamo felici allo stabilimento balneare, il tempo di parcheggiare e scendere i bimbi, io mi trattengo un attimo vicino all’auto per prendere le borse, li sento felici che corrono  verso il mare e poi sento un pianto disperato: Emino era scivolato un secondo dopo la partenza e aveva un sassolino conficcato in fronte, che quando ho tentato di togliere non veniva via, facendomi così presagire guai.
Tutti impauriti e accaldati andiamo in spiaggia, chiedo aiuto ai bagnini che tentano una prima estrazione del sasso, ci provo anche io ma non viene via. Mi dicono di andare al Pronto soccorso e io mi rassegno, fino a quando non compare, nella cabina preposta ad infermeria, una bagnante che dice di essere un’infermiera del Pronto Soccorso. Prende in mano la situazione, disinfetta tutto, fa stendere Ema sul lettino, io e i bagnini lo immobilizziamo e via, in un attimo, con un bambino coraggioso che non ha pianto, viene estratto il sasso, lasciando posto ad un bel buchetto in fronte. Ghiaccio e cerotto e via, ci dice lei, ora tutti a casa, perché con questa botta e con questo caldo non si sta al mare ma al fresco della casa, tranquilli. Bene, ecco fatto, primo giorno di mare, riprendo le borse e i bimbi e dopo mezz’ora che eravamo arrivati, torniamo già a casa.
Nei giorni seguenti invece il caldo ci ha attanagliato, per fortuna il mare grande come i gemelli chiamano l’acqua alta ci ha aiutato e i braccioli quest’anno la fanno da padrone: non c’è pace fino a quando non li indossano e possono avventurarsi nella loro acqua grande,  improvvisamente diventata la loro più grande amica, dove adesso (nel metro di acqua che per loro è già grande), nuotano felici senza paura. Come senza paura vanno con il loro babbone nell’acqua veramente grande, quella dove non tocca nessuno, e stanno a lungo a fare il bagno con quel loro babbo fiero di vedere due bimbi pesciolini, proprio come piace a lui.
Io intanto, come programmato, sono tornata a Firenze lasciandoli per tre giorni da soli con Guendalina a Quercianella. Io così posso lavorare, shoppingare per i saldi e uscire con il Gangster che anche lui ovviamente lavora, mentre i bimbi continuano a divertirsi al mare  con quella loro e nostra amata baby sitter, che è stata un regalo del Cielo.