giovedì 24 dicembre 2015

Buon Natale



Buon Natale miei pulcini.
Che la magia vi accompagni sempre e che lo stupore non vi abbandoni mai.
Per me siete il Regalo più bello. Il vostro profumo di bimbo fresco, il calore dei vostri corpi, le vostre manine umide, le carezze delicate, le voci squillanti, i capelli morbidi, i salti, i capricci, i no, mi fanno muovere nella vita con una forza che solo queste cose possono dare.
Di questo Natale che sta per arrivare vorrei ricordare i saluti che vi fate adesso quando siete a letto, uno sotto e uno sopra, in quel nuovo letto.
Sai Marghe che te sei bella? dice lui
Anche te sei bello Ema risponde lei
Grazie per avermelo detto, finisce lui.
E a me questa sembra una Preghiera.

martedì 22 dicembre 2015

Ehi

Vorrei che mai nessuno ti spingesse.
Vorrei che, se qualcuno ti spinge, che tu rispondessi pronta.
Però mi piace come ti difendi, con il sorriso e la tua tenacia, con quella voce sottile ma decisa.
Ehi, dici. Ma basta così. In effetti basta questa esclamazione a fermare il mondo.
Sai che non vorrei che ti sciupasse il vento,  anche se mi piacciono le tue guance arrossate dal vento.
So che diventerai grande da sola, so che sarai felice.
So anche che sai che io ci sono.
Anche se vorrei esserci sempre a difenderti.
Ti voglio tanto tanto bene, Margheritina mia, fiorellino bianco bello e forte.
Un abbraccio stretto e un bacio rumoroso dalla tua mamma, che ti guarda, ti osserva e tifa sempre per te.

mercoledì 16 dicembre 2015

Orgogliosa di entrambi



C’è stata la recita della scuola. Quest’anno niente spettacolo di Natale (che poi non fu fatto neanche anno scorso causa terremoto), ma festa di Channukkà.
Vi preparavate in segreto da tempo, forse ignari che la prestazione sarebbe stata davanti ai genitori. O forse lo sapevate, non è dato sapere.
Quello che è successo è stato allegro, tenero e anche emozionante. Insieme ai vostri compagni, sul palco a semicerchio, tenendovi per mano, dovevate recitare la storia di quel re brutto e cattivo, di nome Antioco, al quale puzzavano i piedi, si mangiava le caccole, aveva i capelli sporchi e via, chi più ne ha piu ne metta. Ema felice di esagerare, con quel suo sorriso che riflette l’allegria dei suoi occhi, un po’ distratto un po’ partecipe, come è sempre in tutto. Margherita impietrita dalle presenza dei genitori, ferma immobile a guardare in basso, con un filo di voce appena, che, si vedeva chiaro, contava i minuti perché finesse tutto presto e, per tutta la recita, si è mossa solo per andare poi a nascondersi dietro al fratello.
Entrambi vestiti di rosso, entrambi diversi ma entrambi bravi.
Perché così sono e così vanno rispettati: lui un animale da palcoscenico, lei una che non vuole essere presa alla sprovvista, non si fida di nessuno se non dopo un lungo e attento studio.
Per questo ho detto bravi ad entrambi, quando hanno finito.
Cara Marghe, vero, ti perdi delle occasioni ma è anche vero che non hai ancora 4 anni e che io, al tuo posto, ho fatto e avrei fatto lo stesso.
Caro Ema, vederti felice di provare e fare tutti mi dà l’entusiasmo per provare ancora tanto, per stare insieme a te e per essere orgogliosa di tutto quel che fai.
Orgogliosa di entrambi.

lunedì 14 dicembre 2015

L'importante è essere felici



Può succedere che nel fine settimana fosse prevista la presenza allievante del Gangster che, ovviamente, come spesso succede, sabato aveva super un incontro di lavoro così ciao, io non ci sono per nessuno.
Solita paura iniziale, ma stessi nervi saldi di sempre: ce la faccio lo stesso da sola con quei due miei pulcini.
Andiamo a musica, arriviamo in anticipo e ho modo di dilungarmi con Francesca. Mi dice ora basta con i corsi di musica per i gemelli, da gennaio partiamo con la scelta dello strumento, a primavera iniziamo a suonarlo e  dopo l’estate, alla ripresa dei corsi, subito a suonare in orchestra. Uuuuuuuuu, come sempre se mi avessero detto che i gemelli sapevano le tabelline a memoria non sarei stata tanto felice. Canto sciubidubidubiduà con il cuore pieno di gioia e me li guardo, quei due miei pulcini canterini, felici di cantare come la loro mamma.
Poi ce ne andiamo a Quercianella, perché ormai mi ero messa in testa che questo dovevamo fare per passare il sabato. Facciamo un picnic in una spiaggia deserta, il tempo è bigio e l’atmosfera è quella solita del profugo che non ha casa… ma i due raccolgono i tesori che il mare ha lasciato sulla spiaggia e si costruiscono una torta di compleanno che ho fotografato, da quanto è bella e giocano allegri al loro compleanno. Ce ne andiamo poi a farci tutti i capelli dalla parrucchiera di Quercanella e torniamo a casa, con una strana serenità nel cuore, che è quella di avere due bimbi buoni, nel senso che si accontentano di tutto e che portano la felicità e l’energia in tutto quello che fanno, anche quando da fare c’è ben poco se non venirmi dietro.
Lo sesso ho provato domenica, in Gangster compagnia. Abbiamo pranzato alle 11.15 all’open day del Four Seasons perché aspettare oltre voleva dire essere sommersi da una marea ingestibile di persone, li abbiamo fatti dormire in auto, siamo andati al Forte dei Marmi, li abbiamo spupazzati sui cavallini e giostre e poi a casa a cenare tutti insieme con una pastasciutta improvvisata, nella classica confusione delle cene tutti insieme ma l’unica cosa che mi è uscita dal cuore, per benedire quell’allegra cenetta è stato dire, a tutti, che auguro loro di essere sempre felici come sono, il resto non conta

venerdì 11 dicembre 2015

Sei metri di velo, colore del cielo



Li ho cresciuti ai giardini, sempre all’aria aperta fin da piccoli.
Ho fatto fare loro i vari corsi che erano ancora neonati, e già ne avevano avuti parecchi già da quando erano in pancia.
Faccio provare loro a fare questo e quello, abbiamo già il diploma di piccolo pompiere e di baby conduttore cinofilo, per non parlare dell’attestato circense e anche quello di gelataio.
Ma come volevasi dimostrare, tutto questo ha prodotto….. due bambini che, adesso, non appena andiamo ai giardini chiedono ma quando andiamo a casa? Non appena iniziamo una nuova avventura chiedono ma quando andiamo via?
Perché adesso, il loro grande sogno è tornare in fretta a casa e mettersi a giocare fitto fitto, immersi nel loro mondo che è, attualmente, quello di far finta di. Adesso sì, devono tornare a casa perché hanno un lungo film da recitare, con loro come protagonisti interpreti.
E questo potrebbe anche andare bene. Il fatto  è che, ultimamente, tornare a casa, per loro, vuol dire zap, scarpe via, un salto sul divano e, in quella turnazione stretta che stabiliscono fra di  loro, chi è di turno sceglie il film in cassetta e inizia subito il cinema a casa, qualunque ora sia.
All’inizio mi ha fatto comodo e anche piacere, che entrambi si beino dell’effetto cinema e si sciroppino contenti un bel film cartone animato, è che adesso sono arrivata alla saturazione!
Con il turno di Margherita che è pieno solo di Cenerentola e con le variazioni di Emanuele che spaziano dal triste Dumbo ai miei preferiti Aristogatti, a Nemo e a film di Natale di Topolino, non ne posso più di quelle vocine da cartoni ma anche di quelle mille domande che fanno i gemelli  su cosa succede adesso, se la madrina birbona di Cenerentola è la stessa di Rapunzen e se la strega cattiva di Biancaneve è anche la madrina di nuovo di Cenerentola e come mai i birboni poi fanno finta di essere buoni oppure quando si sposano oppure quando finisce, insomma…. I film mi piacciono, ma sinceramente non ne posso più di sei metri di velo colore del cielo  salacadula magicabula bibidibobidibu

mercoledì 9 dicembre 2015

Addio al pisolino, operazione cinema riuscita, tutto fatto e fatto bene



Si prospettava un fine settimana solitario con i gemelli. Gangster no, tempo bigio, nessun appuntamento in prospettiva, nessuna visita, nessuna ospitata, soltanto due giorni in cui stare da sola con i due, e per di più senza più il pisolino pomeridiano, al quale ormai avevo definitivamente rinunciato dal giorno prima, quando, tornati il venerdì dall’asilo alle 14, con Marghe in tempesta per non so quale capriccio, che non voleva dormire benché al fratello si chiudessero gli occhi in auto. Alla fine sono riuscita a farli addormentare, lei nel mio letto lui nel suo, io saltellando su e giù per casa per riuscire a non far sentire la solitudine né la gelosia a nessuno. Conclusione, addormentati alle 15.30, ovviamente svegliati un’ora dopo, trovati tutti sudati e stralunati, io riposata niente… ecco fatto, addio definitivo dato al pisolino pomeridiano. Tranquillamente, perché tanto so che l’abitudine rimane loro, visto che all’asilo dormono obbligatoriamente tutti i giorni (eccetto il venerdì).
Per questo avevo paura, per questo, con il Gangster che se ne andava contento e felice, nascondendosi dietro quella grande scusa che è suo figlio maggiore, io mi sono sentita abbandonata, sola con quei due pulcini, senza una mamma da cui andare a pranzo la domenica, come fanno tutti.
Pensando lei e alla sua mancanza mi sono intristita, ma pensando a lei e a quante volte deve aver provato lo steso con noi, mi sono fatta forza e mi sono buttata.
Abbiamo iniziato con il nostro appuntamento del sabato mattina, quella musica che ci piace perché la facciamo insieme, perché ci piace il sorriso di Francesca, perché ci piace provare e scoprire tutte le volte uno strumento musicale nuovo. In più Francesca mi sottolinea, a conclusione della lezione, il ritmo musicale che ha Emanuele, e io lì fiera di sentirmelo dire, che nemmeno se avesse vinto le olimpiadi di matematica mi avrebbe reso così fiera, quel mio uccellino canterino.
Siamo tornati a casa a fare l’albero di Natale, allegro e strampalato, i lavoretti con i colori luccicanti e le forbici e la colla, come piace tanto a loro e, subito dopo pranzo, in sostituzione dell’ora del pisolino, via tutti fuori, ai giardini, in quell’ora di sole e aria che va catturata a dicembre, mentre tutti ancora stavano finendo di pranzare forse, visto che eravamo gli unici insieme ad una mamma marocchina con il suo bambino, che avevano tanto l’aria di senza famiglia come noi e, non a caso, con quella mamma, ci siamo sorrise a lungo, da panchine lontane. Per  fortuna anche, ci siamo telefonate con Valeria, che da lontano sempre un po’ di casa e famiglia mi fa sentire.
Poi, con il coraggio preso a due mani, prendo due mani dei bimbi, una a destra e uno a sinistra, e ce ne andiamo al nostro primo cinema, con l’incognita della novità. Impossibile sapere la reazione alla sala buia, ai suoni, alla durata del film. Ma proviamo! Il film è Il viaggio di Ario e, a parte troppi combattimenti, genitori morti e sfortune varie, alla fine è un cartone carino, anche se a noi ancora ci piacciono tanto le varie principesse, molto più tranquille. Comunque, centrando il film giusto, la missione cinema è una missione che funziona e ne sono fiera, visto quanto mi piace andare a me al cinema! Usciamo e cerchiamo di intrattenerci un po’ prima di affrontare la cena con pizza a taglio, che conclude la giornata. A casa doccia e a letto, sfiniti tutti!
La domenica è umida e triste, così perdiamo un po’ di tempo stando nel lettone, come piace adesso fare a tutti nei giorni di festa. Sento che i piccoli mi chiedono, dal piano di sotto dove dormono, se possono salire da me, mi fanno ridere per tanta educazione e delicatezza e li accolgo ben volentieri nel caldo del lettone.
Però dopo aver pulito casa, lavatrici e lavastoviglie in moto, loro che giocano tranquilli, via, tutti fuori, che non sia mai dover passare tutto un giorno in gabbia. Il giardino dell’Orticultura, benché ci accolga a tarda mattina, è solitario e umido, loro un po’ giocano ma il motivo di sottofondo, in questo momento,è la loro richiesta di andare a casa, come sorprendentemente dicono sempre loro adesso. Resistiamo fino a quando in rosticceria aprono per comprare un croccante pollo arrosto, a casa del mio babbo lui ci aspetta con le patate fritte e insieme uniamo le nostre solitudini. Felici tutti di aver strappato un pranzo domenicale in famiglia, in più con i bimbi che danno una gioia unica.
Saliamo a casa e viene a trovarci una mia amica. In genere quando abbiamo ospiti i due mostrano il peggio di loro, invece ci fanno prendere il caffè in pace e poi la accolgono anche sul divano dove adesso passiamo la parte più ambita, dai gemelli, della giornata libera: guardare un film in cassetta. Adesso c’è la turnazione anche per la scelta di quale film, domenica toccava a Margherita che, perennemente, sceglie sempre e solo Cenerentola. Quindi , tutti insieme, ci guardiamo quel film. Gabriella va via poco dopo, il fine pomeriggio passa fra i giochi, nervosismi e letture e, per fortuna, l’abbandono del pisolino pomeridiano anticipa di molto la nanna della sera, la mia compresa.
Che dire, come sempre  avevo paura di questi due giorni da passare da sola con i miei bimbi, come sempre invece sono stati due giorni pieni e, sinceramente, dovessi scegliere, anche due fra i più belli che ho passato con loro. Perché adesso siamo una gruppo affiatato, loro si affidano molto a me e si lasciano guidare fiduciosi, io li ascolto e li assecondo volentieri, rendendo tutto molto sereno.

giovedì 3 dicembre 2015

Due polpettine



Una notte uno dorme sopra, l’altra dorme sotto, e viceversa, in una turnazione rigida che aiuta a stemperare la voglia di entrambi di dormire in alto, il posto più ambito del nuovo letto a castello.
Da poco però si è aggiunto un nuovo rito: chi dorme sotto usufruisce della possibilità che io mi sdrai un pochino  con lui (o con lei, ovviamente).
L’emozione di entrambi, di avermi lì vicino, è la stessa: nella penombra e nel silenzio della camera, sento quei cuoricini emozionati che battono forte, felici di ricevere questa vicinanza esclusiva della loro mamma. Iniziamo con carezze e baci, in  una prossimità alla quale spesso dobbiamo rinunciare. Abbracci, annusamenti, e poi iniziano le chiacchiere. Lei, felice, inizia con il dirmi “mamma lo sai che sei bellissima” e poi vuole giocare alla medusa anzi, alla mendusa, come dice lei. Altro non è che, nella penombra, allontanare e avvicinare la mano a polpo, più che medusa, in uno scherzo continuo del che paura ora ti pizzico, con le sue grosse risate che mi fanno ridere più del gioco in sé.
Lui invece, quando iniziamo a parlare, mi chiede sempre cosa facciamo domani e, regolarmente, quando gli chiedo che cosa vorrebbe fare, lui risponde… potremmo fare due polpettine, il purè, facendomi ridere perché penso che un bimbo di nemmeno 4 anni, in un momento d’amore unico con la mamma, pensi a raccontarle il suo desiderio più grande che è … fare due polpettine.
Sono sicura che questi momenti siano un cemento unico nei nostri rapporti, questo ricevere attenzioni uniche, questo stare vicini ed essere liberi di scegliere il gioco o le chiacchiere con la mamma, ma anche questo, soprattutto, saper anche aspettare un giorno intero il proprio turno, che aiuta ad apprezzare l’attesa. C’è da dire però che, mentre coccolo uno, l’altro, quello del piano di sopra, si sporge a spiare quello che stiamo facendo. Senza mai reclamare attenzioni particolari per lui, nel rispetto di questa sottintesa turnazione, ma spia silenzioso quello che l’altro sta facendo con la mamma. E  anche questo appurare cosa stiamo facendo senza di lui, forse li aiuta ad accettare meglio la loro rinuncia e a posticipare il piacere al giorno dopo. Altro esercizio per diventare grandi

giovedì 26 novembre 2015

I maschi



Ci sono poco, a volte torno che siete già a letto. Entro in camera vostra per annusarvi un po’, spesso siete già addormentati profondamente che non posso far altro che carezzarvi e accomodarvi le coperte, altre volte vedo che aprite gli occhi assonnati ma che non ce la fate a far altro che richiuderli e riprendere a dormire.
Però, da quando avete i letti grandi, c’è un piccolo nuovo rito che compiamo. Chi dome sotto, secondo me ha memorizzato che può aspettare il mio rientro sveglio per far sì che quando io entro in camera, mi sdrai  nel letto a parlare.
Ieri sera l’ho fatto con Ema, che dormiva sotto per il loro turnificare rigido dell’una volta per uno a dormire sotto o sopra e guai a chi sgarra. Marghe era sopra e già dormiva  mentr Ema si vedeva che mi aspettava… Sorrisone nella penombra, senza chiedere si è scostato da una parte e mi ha aperto la coperta per farmi entrare. Felicità pure di entrambi, ma i suoi occhi, nel buio, abbagliavano di gioia. Sdraiati vicino passiamo i primi minuti a carezzarci i volti, sento le sue manine piccole e umide che mi carezzano con delicatezza, sento il suo fiato dolce che mi respira vicinissimo, emozionato. Poi iniziamo a parlare. L’argomento di ieri erano i maschi. Mele mi racconta quel che aveva fatto il giorno, mi ha detto che ha giocato con Samuele e Daniele, ma anche con le femmine, aggiunge. Io lo rassicuro che certo che va bene, con le femmine è divertente, ma lui si vede che cerca di capire qualcosa di più, che forse non sa dire. Mi chiede chi altro sia un maschio e inizia l’elenco: il babbo, Francesco, il nonno, Alessandro di scuola di Circo, Martino. Poi  continua. Dice Babbo Natale, il buio, il mare, il letto, il sole, il leone, e così tanti altri maschili che mi batteva in fantasia. Pensavo che fosse un esercitazione sul maschile e femminile, invece ho capito che era un voler ampliare il gruppo. All’asilo i maschi sono solo 4, le femmine sono più del doppio e forse lui si è sentito limitato in quel gruppo ristretto, tanto che chiedeva aiuto e rinforzo al babbo suo, a babbo Natale ma anche al letto e al cielo e al silenzio. Piccolo il mio bambino esploratore.

lunedì 23 novembre 2015

Mai visti così



 Ieri è stata una delle giornate peggiori passate con i gemelli.
Già avevo intuito che il vento stava cambiando, nei giorni scorsi, con Marghe, stranamente piccosa, stranamente ribelle, stranamente ostile. Ma avevo dato la colpa al fatto che ultimamente ci sono poco, molti pomeriggi li passa con la baby sitter e si capiva che a lei mancavo tanto, perché quando mi vedeva la sera mi stava attaccata come una cozza e ripeteva, con ossessione “mamma, la mia mamma”.
Ma niente in confronto a quanto poi si è scatenato domenica, per entrambi poi.
Sabato mattina, dopo musica, siamo tornati a casa tutti felici perché dovevamo fare un “lavoretto” come chiamiamo noi fare qualcosa con le mani. Dovevamo fare la letterina a Babbo Natale. Tutti pronti e accessoriati, forbici, carte colorate, adesivi, colla, ognuno di loro ha “scritto” quello che voleva a Babbo Natale. Marghe ha fatto la sagoma di un vestito lungo, quello di Elsa appunto che vuole ricevere, Ema ha ritagliato la sagoma di un treno e, al posto delle ruote, ha incollato tre stelle. Il risultato è stato molto artistico, colorato, animato e divertente e i lavoretti hanno conquistato i due. Tanto che, all’ora del pisolino, non si volevano rassegnare a dormire, facendomi spazientire e non poco. Pensavo che il peggio fosse passato, invece domenica mattina, io sola con loro perché il Gangster è a Roma, inizia il delirio. Svegli alle 7 li sentivo liberi in camera a fare di tutto. Io però li ho ignorati fino alle 8. Arriva il momento di vestirsi e Marghe di nuovo dà in escandescenze, non si vuol mettere il vestito, non vuole le scarpe, dobbiamo lottare e urlare per venirci incontro. Pace fatta a fatica. Andiamo a fare dei giri con le loro bici. Marghe scatta avanti agile e atletica, lui non riesce a starle dietro. Lui si arrabbia, piange, le urla e, a un certo punto abbandona la bici, raggiunge la sorella a corsa e le fa dei pizzicotti incredibili sulle guance. Poi scappa per la strada. Io non so a chi stare dietro, se abbandonare lei da sola o rincorrere lui che, più che lo rincorro, più scappa. Riesco a raggiungerlo, lo brontolo bene bene e penso che abbia capito, visto che chiede scusa con visetto triste. Andiamo alla Sinagoga dove c’era la festa di Chanukka. Chiacchiere, compriamo qualcosa, pranziamo lì e poi vedo che entrambi hanno un sonno birbone, per questo decido di tornare subito a casa per farli dormire, anche se fuori c’è un bel sole. Illusa, hanno sonno ma non dormono. Nel buio della loro camera sento che succede di tutto, entro varie volte per brontolarli, mi spazientisco tanto, li tratto male ma non c’è niente da fare, non dormono. Così apro tutto e ci rinuncio, brontolandoli forte per questa loro disobbedienza. Mi facci vedere arrabbiata, li ignoro e mi metto a fare le mie cose, loro sembra che capiscano perché stanno tutti mogi mogi a giocare che neanche li sento. Poi, quando ho fatto e mi hanno chiesto scusa, ci guardiamo il dvd di Biancaneve, visto che ormai non me la sentivo certo di portarli di nuovo fuori. Tutto tace, mi stanno vicini vicini, ci facciamo le nostre coccole e io sono pronta a dimenticare tutto. Vado per preparare la cena, mi distraggo un attimo e sento un pianto dirotto di lei, che trovo sanguinante a seguito del lancio di un libro di lui sul naso della sorella. Mi infurio di nuovo. Di nuovo sembra che abbiano capito i guai che fanno e andiamo a cena. Ma lei non vuole mangiare e  non sta a tavola seduta e io sono disperata e innervosita. Li metto a letto come una furia, alle 19,30 dormono già perché un giorno così, passato a litigare senza mai dormire li ha stesi. Ma io sono così triste che non riesco a fare niente, volevo incollare con il ferro caldo degli adesivi sui loro grembiuli che avevo comprato per fare una sorpresa ai bimbi, ma mi dico no, che sorprese si meritano quei due! E vado  a letto arrabbiata, delusa e incredula. Vorrei telefonare piangendo al Gangster per dirgli che ho fallito tutto, per fortuna guardo un film sugli aiuti umanitari e  capisco tutto: la realtà è che sono dei bambini viziati. Inutile farli crescere in una finta povertà che  concede loro il gelato solo in occasione di grandi eventi, inutile fargli trovare solo un regalo per Natale, inutile non abituarli a comprare e a chiedere… non è quello che conta. La vera povertà è un’altra, il vero bisogno è un altro. Mai visto i bambini Cambogiani o Sudanesi fare i capricci, un motivo ci sarà no?

giovedì 19 novembre 2015

Ultime, varie dal mondo e da casa



Ne sono successe di cose, nel mondo e in casa nostra, ultimamente.
Questa mattina guardavo con sospetto due ceffi che uscivano dalla Sinagoga mentre io entravo con i bimbi. I sei militari che stanziano lì davanti non hanno battuto ciglio, segno è che i ceffi erano “amici”, mentre io guardavo sospetta e incredula quello che dobbiamo passare per varcare la porta dell’asilo. Ieri una mamma mi raccontava che stava pensando di cambiare scuola al suo bambino e di mandarlo all’asilo dei miei, io ho pensato che non sa cosa vuol dire portare due bambini tutte le mattina in un asilo piantonato da minimo tre soldati armati fino ai denti, altri tre che fanno la ronda, una camionetta parcheggiata fissa davanti. Poi certo dentro si respira il profumo del pane appena sfornato e dell’odore di tempera  e di colla sempre fresco, tutti si conoscono, il gruppo è contenuto e permette ai bimbi di essere ascoltati e di ascoltare. Ma forse non essere ebrei non ci ha dato il modo abituarsi  a non pensare a quello che stiamo vivendo. Quando chiedo e cerco la preoccupazione negli occhi delle altre mamme dell’asilo ebraico, scorgo solo abitudine, non rassegnazione al pericolo. Io ancora quell’abitudine non ce l’ho.
Altri cambiamenti ci sono stati, nel piccolo della nostra casa: siamo passati direttamente dai letti con i cancelli ai letti a castello. Approfittando della giornata di blocco totale della città per la visita del Papa, io e il Gangster ci siamo avventurati all’Ikea, posto odiato da entrambi e, da sprovveduti quali siamo, siamo passati in un attimo dal progetto iniziale di prendere due lettini bassi per  passare direttamente al letto a castello.
Abbiamo passato la prima notte di terrore, con una iniziale (e protratta nei giorni) serrata trattativa su chi dorme sopra e chi dorme sotto, con relativo trasloco delle coperte e dei cuscini, ad un’addormentatura per sfinimento con tanto di Marghe impaurita di quel lettone grande e, soprattutto, di non vedere più il fratello perché si trova  sopra o sotto, che ha preteso e ottenuto di vedermi sdraiata lì accanto a lei ad aspettare che si addormentasse. Poi, ovviamente, come sono andata nel mio letto, sono stata svegliata di soprassalto da un tonfo sordo con relativo urlo disperato. Era lei che è riuscita a cascare dal letto di sotto. Ovviamente non voleva più dormire, ovviamente non voleva più che me ne andassi, ovviamente non volevo abituarla ad addormentarmi con lei, ovviamente non ho dormito niente. Anche perché, recuperato il mio letto agli albori della mattina, vengo svegliata da Ema che, nel letto sopra, conquistato da quella scaletta, giocava ai Pompieri alle 6 di mattina.
Nei giorni successivi è andata un po’ meglio, ma la contrattazione del sopra e sotto continua ad essere feroce. Forse, ad oggi, abbiamo stabilito un flebile accordo di alternanza. Ma mi sa che è solo una tregua.
Queste temperature meravigliosamente calde chi hanno permesso di continuare ad andare al mare,  we a Quercianella con i piedi nell’acqua perché ancora fa caldo e pescare sembra che sia una necessità, specie per Marghe.
Ma abbiamo anche raccolto le olive per un giorno intero, attivitèà che ha stordito i due di fatica e di aria pure e li ha visti addormentarsi alle 19,30 di sera.
Poi siamo andati a tentare, per la seconda volta, di fare un corso di inglese. Come successe anno scorso, ci hanno mandati via a metà lezione, sempre perché Emanuele era terribile in un modo incredibile, come solo a quelle lezione ho visto. Anno scorso però venni via mortificata e arrabbiata con i bimbi, quest’anno invece è stata la mia illuminazione sulla via di Damasco. Mi sono detta: ma a me chi me lo fa fare? Perché devo mettere tutte queste energie per far fare ai due cose che loro non voglio fare o non sono ancora in grado di fare? E quindi, sollevata, ho preso i bimbi per mano e ho detto loro che impareranno l’inglese in prima elementare come tutti o, per lo meno, come la maggior parte dei bambini. Basta, la mia carriere di promoter di corsi per bambini si interrompe qui. Da adesso in poi si gioca, si corre, si impara a passare il tempo come uno meglio crede.
E facendo così ho scoperto che Ema è in grado di fare delle elaboratissime costruzioni di ingegneria ferroviaria da fare invidia al più quotato ingegnere. Ama i treni, ma secondo me più di tutto lui ama le stazioni, per questo i treni sono per lui una scusa per fare delle creative stazioni usando i materiali che ha. Tipo prende un tavolino ottagonale e lo adorna con alberi, animali, passaggi a livello, costruisce un benzinaio per treni, la casa del capostazione con il teatrino dei burattini e i personaggi come Re, Regina e altro li trasforma in passeggeri. C’è da dire che è anche diventato incredibilmente bravo, serio e paziente. Quanto, come al solito, è diventata isterica lei, in quel loro alternarsi nel dare spazio all’uno o all’altro nei loro momenti di protagonismo.
Come un po’ succede per le attività che fanno, le uniche due rimaste. A musica lui è felicissimo quando ha la possibilità di suonare qualsiasi cosa, anche se in particolar modo le percussioni, e di cantare, battere le mani e imparare melodie nuove, per quanto lei, di contro, si vergogni e non voglia fare niente in quel momento di musica, mentre lei è bravissima a circo nei loro percorsi di equilibrio e di giocoleria mentre lui partecipa più per divertimento che per abilità
Concluderei anche nel voler ricordare Moira, una gran lavoratrice del circo, che ricordiamo ancora con i bimbi quando l’abbiamo vista passare a salutare sul Maggiolone rosa all’inizio dello spettacolo al quale abbiamo partecipato anno scorso. Prima dei avere i gemelli e conoscere il Gangster odiavo il circo, adesso invece è diventata una mia passione e ho imparato ad apprezzare e capire il duro lavoro che c’è dietro.

venerdì 30 ottobre 2015

5 minuti d'amore



Amore mio bambino grande
Ultimamente siete spesso affidati alla baby sitter, che vi sveglia la mattina e vi porta all’asilo e poi vi viene a prendere e rimane con voi fino a mettervi a letto. Io, in questo periodo, ho impegni di lavoro che mi costringono a delegare a lei, spesso, tutto le vostre giornate. Sono serena perché so che con lei state bene e vi divertite, sono serena perché sto facendo un lavoro che mi piace tanto e che non mi permette di  sentire il peso di questa nostra lontananza, ma succede che, in questo clima di serenità, la lontananza e la mancanza della mamma si senta comunque.
Per questo ieri Marghe ha piantato una grana a Guenda urlando che voleva la mamma perché le faceva male un orecchio. Dolore del quale questa mattina non  c’era più traccia. Per questo ieri sera, rincasata di corsa avuta questa notizia, vi ho trovati già a letto e, quando ho provato ad entrare, Marghe dormiva beata ma te, mio piccolo ometto diventato grande, nel buio della cameretta, quando mi hai visto entrare, ti si sono illuminati gli occhi di felicità tanto che, nel silenzio, sentivo il tuo cuoricino che batteva forte forte per l’emozione della sorpresa di avermi lì.
Sei rimasto sdraiato a letto, ti ho accarezzato e ti ho parlato. Mi hai chiesto se c’era anche il babbo e se io rimanevo. Certo che rimango amore mio, ti ho detto, dormi tranquillo che anche io vado a letto adesso. Mi hai chiesto se prima facevo la doccia, mi hai fatto sentire che profumavi perché avevi fatto anche te la doccia e mi hai preso la mano e me l’hai baciata tutta. Ti ho detto che quando non ci sei mi manchi e che ti penso tanto, tu hai fatto gli occhi emozionati e vergognosi, felici di questo complimento e mi hai risposto che anche a te manco tanto e che anche tu mi vuoi tanto bene. Ti ho chiesto della sorella, del suo mal di orecchie e mi hai raccontato, serio, che aveva  preso la medicina. Poi hai voluto sapere domani cosa avremmo fatto e sei di nuovo stato felice di sentire quante cose avevamo programmato per il giorno dopo, ti sei ricordato che l’ultima volta che siamo stati allo Stibbert c’erano solo paperine femmine e, quando ci siamo salutati hai detto buonanotte anche a te mamma e mi hai chiesto di tenere la porta aperta, perché a te dormire con tutto buio proprio non piace. Sono stati cinque minuti di amore, amore sincero, quello puro dei cuori puri come il tuo. Quello che dà senza limiti, come è il mio amore per te e il tuo amore per me. Sono stati i cinque minuti più belli degli ultimi giorni. Grazie mio piccolo grande amore innamorato

martedì 27 ottobre 2015

Un Corteggiatore con la C maiuscola



All’inizio l’ho sorpreso  appartato in un angolo di casa che telefonava con il suo cellulare giocattolo. L’atteggiamento era proprio quello di una telefonata riservata per la quale si sente il bisogno di intimità. Che cosa nella sua mente sentiva, con quei dialoghi che sembravano veri, non so, quello che so è che telefonava a Greta, sua coetanea, con la cui mamma siamo amiche fin dai tempi del corso preparto e con le quali ci continuiamo a frequentare sia ai giardini che al corso di circo.
Poi ho sentito, un’altra volta, che telefonava alla mamma di Greta, con la quale Emanuele ha imbastito una lunga paziente trattativa che si è conclusa con un “per adesso no” che ancora non sappiamo a  cosa sia dovuto.
Poi è andato via Martino, trasferito in un’altra città e io così ho dato spazio agli appuntamenti con Greta e la sua mamma Antonella, che mi sta proprio tanto simpatica. Abbiamo iniziato a fissare nella piazza davanti alla loro casa. Sentivo Emanuele trepidante per quegli appuntamenti, mentre andavamo una volta mi ha detto che sapeva che Greta piangeva piano di notte, perché non ha fratelli, e per quello lui era disposto ad andare a dormire con lei, ma non mi immaginavo che cosa covava nel cuore. Ad uno di quegli appuntamenti  Greta aveva portato dall’asilo un libriccino che doveva leggere nel fine settimana. Mi è stato consegnato perché lo leggessi a voce alta e ho scoperto un Emino serio e posato che se ne stava seduto tranquillo sulla panchina accanto a Greta a sentire la mamma che leggeva la storia: mai avrei sperato tanto da quel mio bambino agitato, mai mi sarei aspettata questo risultato. Però da lì ho capito che, per amore di una bimba, quel mio bimbo bello, dagli occhi che ridono e dai riccioli d’oro che troneggiano un corpo muscoloso, aveva un cuore che batteva per quella bimba. Ovviamente però lei non lo ricambiava anzi, pensando di non essere sentita da noi mamme, quando Ema gli si sedeva vicino, lei gli faceva delle pernacchie silenziose come a dire io a te ti schifo proprio. Emino, animo di ferro, non è lasciato certo intimorire.
Ci siamo ritrovati poi delle domeniche mattina a fare un corso di pony games. E lì è partito il corteggiamento stretto ed esplicito che ha sorpreso noi mamme. Dentro il recinto dei pony, con i bimbi tutti seduti vicino, nel momento in cui dovevano andare a coppie a pulire il cavallo, Ema propone subito a Greta di andare insieme a lui. Lei, di rito, risponde no e lui va con la sorella. Ma non demorde. Nel momento del disegno, si accorge che lei ha preso dalla cesta solo i pennarelli blu, di lei colore preferito, e così lui scatta subito a prendere tutti gli altri pennarelli blu che sono rimasti, portandoglieli in dono. Poi inizia a buttare in terra tutte le sedie che circondano il tavolo dove è rimasta seduta Greta e un altro bimbo. Io temo che sia il solito suo spazientirsi e bisogno di fare qualcosa che assomigli a un guaio, invece presto capiamo che butta in terra tutte le sedi per impedire a chiunque di sedersi vicino a Greta e, quando ha finito, si siede sopra al tavolo vicino a lei, come a dire io qua ci sono, baby.  Infine, nel momento conclusivo dei giochi, lui corre verso lei manifestando proprio l’intenzione di baciarla, lei se ne accorge e si gira di schiena. Lui, carattere testardo, non demorde e la bacia sulla schiena. Facendoci sognare noi mamme, emozionate da quel corteggiatore di nemmeno quattro anni che vorremmo tutte avere avuto.
La storia prende una pausa di una settimana. Di Greta in casa non si parla più, cosa che invece prima era quasi quotidiana, io chiedo spiegazioni ad Ema e lui risponde che Greta è piccola, per questo non lo bacia, perché le bimbe grandi invece lo fanno. E qui mi si apre un mondo. Collego immagini e situazioni e mi ricordo di aver sorpreso Emino, una volta che sono andata a prenderlo all’asilo, seduto felice ad un tavolino imbandito, circondato dalle bimbe grandi (grandi di 5 anni, eh) che lo servivano e riverivano e lui lì che se la godeva. Così ho capito che forse le ragazze grandi (sì sempre quelle grandi di 5 anni eh) probabilmente qualche bacio glielo allungavano.
Così andiamo di nuovo ai pony games con Greta. Lei continua a non volerlo seduto vicino, lui continua a non demordere e sposta la sedia dietro di lei, allontanandosi sì, ma non così tanto. Forse un po’ inizia a ignorarla, forse un po’ lei inizia a sentire che lo sta perdendo…. Per questo lei, che fino a un minuto prima non lo voleva vicino, quando sono tutti insieme nel recinto, al momento di scegliere di portare il pony  a coppie, scatta verso di lui, gli prende la mano e via, senza dire nulla, eccoli insieme. Sì, lei che sceglie lui, l’ho proprio visto con i miei occhi, come ho visto come lui l’accompagnava nel portare il cavallo, come un vero cavaliere. Tanto più che quel mio bimbo bello aveva dei pantaloni blu aderenti e gli stivali di gomma blu e una camicia a quadri che sembrava veramente lo stalliere che accompagna la principessa.
Primi approcci di un futuro che mi sa che è già arrivato

martedì 13 ottobre 2015

Tali e quali



Tale madre tali figli? Forse.
C’è da dire che a me fare i corsi di vario genere mi è sempre piaciuto, ho spaziato da grafologia a spagnolo, a ceramica, a disegno, a arte etrusca, a voce dell’anima e via, tutto quello che c’era da “annusare” come dico io, lo annusavo, perché capire, sapere, conoscere, provare fa parte della mia crescita, che non finisce mai.
Adesso che ho i bimbi beh, non è che mi potevo trasformare e di colpo diventare un’altra persona. Questa mia voglia di esperienze adesso la trasmetto ai bambini, che non posso vedere “ignoranti” nel senso che ignorano ciò che devono conoscere e quindi via, da subito corso di musica, da quando possibile circo, poi avvicinamento agli animali, cavalcate sul pony, ultimamente anche prova di Piccoli Mozart al quale abbiamo dovuto rinunciare per spropositata richiesta economica ….. insomma, un vortice pieno che fa sì che questi miei cuccioli abbiano un’agenda fitta.
Ma tale madre tali figli.

mercoledì 7 ottobre 2015

Il destino appartiene a me



E’ ricominciata scuola di circo. Stessi insegnanti, qualche bambino amico, qualcuno di nuovo.
Ema si butta e va, felice di poter saltare di nuovo, Marghe mi sta in braccio dicendo che no, lei vuole stare  vicina a me e basta. Insisto, niente. Insisto ancora e lei mi stringe di più. Dopo un bel po’ riesco a convincerla ad andare, e accetta solo a patto che stia vicina al fratello, il quale fratello ha da fare e la guarda appena. Lei così perde il posto vicino a lui e rimane là nel mezzo intirizzita a non far niente, si stropiccia solo gli occhi di pianto. Io, cuore di mamma irremovibile, la guardo ma non cedo. Poi viene fatta una pausa per bere, i bimbi tornano dalle mamme per prendere l'acqua e, ovviamente, Marghe non ne vuole sapere di  separarsi di nuovo da me. La vedo che piange, la vedo che mi guarda impaurita, la sento che mi dice non essere arrabbiata con me, la sento singhiozzare, la vedo quasi disperata, ma io continuo con la linea dura: Marghe, vai là nel mezzo a fare la lezione.
Io sorda e dura a tutto e su tutto.
Ma bambina mia, l’ho fatto per te. A costo di sembrare spietata, a costo di vederti piangere e avere il cuore che mi piangeva, non posso e non voglio accettare che tu neanche ci provi. Alla fine, dopo minacce e viso duro, lei ha accettato di tornare con gli altri bambini, è salita sulla palla in equilibrio e si è messa subito a ridere, dimenticando in un attimo la disperazione.
Io lo sapevo che ti sarebbe piaciuto, ma non è per questo che sono stata spietata: hai tante capacità, bimba mia, che non posso accettare tu non le usi per timidezza, per paura, per non provarci nemmeno.
E questo te l’ho spiegato quando poi abbiamo cenato insieme: mai ti voglio vedere rinunciare prima di provarci, rinunciare per paura o per poca fiducia. Sei una bimba intelligentissima e bravissima, devi imparare a farcela, e farcela da sola. Come dice Principessa Elsa, la tua preferita: il destino appartiene a me.

mercoledì 30 settembre 2015

Momento cinema



Si inseguono le feste ebraiche, noi le festeggiamo rimanendo al mare, anche se quest’anno il freddo è arrivato presto e non ci permette più tanto di goderci la spiaggia. Così abbiamo passato un po’ di tempo nella casa di Quercianella, noi tre soli perché il Gangster lavorava. L’aria frizzantina, unita al tempo libero, ci ha regalato un nuovo rito, quello del “facciamo il cimena” che vorrebbe dire guardiamo la televisione, la sera, con le luci spente, proprio come succede al cinema, che loro ancora chiamano cimena. Visto che l’ora diventa tarda, rispetto ai nostri standard di buonanotte, perché aspettiamo la prima pubblicità del film cartone per andare a letto, e cioè stiamo svegli fino alle 21.30, cerchiamo di resistere al sonno e alla stanchezza, e anche a quel buio in casa che concilia la nanna, stando sdraiati sul divano. Io e Marghe sdraiate dalla stessa parte, lei davanti ed io dietro, che l’abbraccio tutta. Felici entrambe di questa nostra nuova intimità, lei che mi chiede se vedo, lei che ogni tanto si gira per dirmi mamma sai che sei bellissima, per la felicità di “dormire insieme” come dice lei.
Anche te sei bellissima, rispondo io, mentre mi godo quel calduccio del suo corpo steso davanti a me, vicine vicine come poche volte abbiamo tempo di fare.
Ema intanto saltella seduto accanto a noi, prova a sdraiarsi sopra di me, ma l’equilibrio è instabile, poi lui soffre il caldo e tutto quel calore lo avvampa e così sta un po’ seduto, un po’ in piedi davanti a noi (ovviamente per dare noia…) un po’ anche lui mi prende il viso per baciarmi, per dire, anche lui, ma senza parole, di quanto sia bello stare lì tutti insieme.

mercoledì 23 settembre 2015

Pescatrice di gangilli



Praticamente cresci da sola, trascurata per colpa di un fratello gemello prepotente che distoglie la mia attenzione da te e mi costringe a dedicarmi molto a lui. Perché te sei brava, ubbidiente e responsabile e innamorata del fratello, così non chiedi né reclami la mia attenzione e, in molte situazioni, ti arrangi da sola. Io ti ammiro da lontano, con un cuoricino stretto spesso ti vedo da una parte ad organizzati la vita, mentre io sono a correre dietro o a placare un irrequieto fratello.
La vivo come una sconfitta questa, sento un grande dispiacere anche solo nel tenere in braccio tuo fratello mentre tu mi cammini vicino da sola, per questa disparità di  trattamento  che farebbe arrabbiare molti, ma non te.
Poi ieri eravamo ancora al mare, siamo andati a fare il bagno e, ovviamente c’era Emino che piangeva perché aveva una puntina rossa al piedi che gli frizzava con l’acqua di mare. Cosa facevi te mentre io ero costretta a consolarlo o a distrarlo non lo so, perché come sempre so che, se ti perdo d’occhio, non ti metti nei guai. A un certo punto sei tornata, tutta bagnata, spingendo il materassino, e dicendo che avevi pescato. E mi si è aperto un mondo: da sola, lontana da me, eri andata vicino agli scogli, ti eri messa lì, silenziosa e paziente, a pescare gangilli, che mi avevi riportato come un trofeo, ponendoli ordinatamente nelle fessure del materassino. Mi sono emozionata, ti ho stritolato in un abbraccio e mi sono complimentata con te per quanto brava tu sia, mia piccola pescatrice, per essere andata da sola, per aver pescato come nessuno ti aveva insegnato e per essere riuscita a farlo bene. Ho ovviamente fatto presente questa cosa anche al fratello, e ho tentato di spiegare ad entrambi che l’indipendenza forzata a cui è stata costretta la giovane pescatrice, l’ha un po’ privata sì delle attenzioni della sua mamma, rendendola anche un po’ remissiva nelle sue richieste, ma l’ha anche aiutata ad essere indipendente, autonoma e a riuscire dove vuol,e facendo tutto da sola.
Grande mia Marghe, come sempre mi hai levato dai guai, adesso mi sento più tranquilla nei tuoi confronti anche se, sappi, ho sempre una stretta al cuore quando ti vedo lontana da me a fare da sola. Perché una bimba di nemmeno 4 anni avrebbe il diritto di avere vicino la sua mamma quando è in mare. Però non credo che ti avrei potuto insegnare a pescare gangilli così bene come sei riuscita a fare te da sola, superandoci tutti.

venerdì 18 settembre 2015

Mezzi di locomozione



Ieri avevo voglia di fare qualcosa di diverso. Basta giardini pieni di bambini urlanti e mamme isteriche, per di più c’era anche un Gangster mezzo disponibile e allora via, proviamo a fare qualcosa di nuovo.
Sono andata a prendere i gemelli senza auto e abbiamo passeggiato fino alla fermata dell’autobus, bus che abbiamo aspettato trepidanti per molto tempo tanto che, appena siamo saliti, mi sono pentita della scelta (faceva un caldo incredibile e il bus era pieno stracolmo) ma ormai era fatta: viaggio fino alla Stazione di Santa Maria Novella a vedere passare i treni. Ci siamo posizionati fra un Italo e un Frecciarossa in partenza, abbiamo scoperto il fischio del capotreno, cosa che mai i gemelli avevano sentito fino ad ora perché andiamo sempre a vedere i treni a Rifredi, dove i treni veloci passano senza fermarsi. Ovviamente a Ema è presa una crisi isterica quando è arrivato il momento di andare via, perché non voleva andarsene fino a quando non erano partiti tutti i treni, ma proprio tutti, così l’ho trascinato a forza e, per calmarci, ci siamo fermati a comprare un campanello nuovo per le biciclette (scelto uguale da entrambi) e poi siamo andati a piedi alla giostra dove ci aspettava il Gangster, incrociando per strada i tifosi urlanti di non so quale squadra tedesca che ieri giocava con la Fiorentina. Giri in giostra e, a causa della stanchezza e del caldo infernale, abbiamo montato i bimbi sulle spalle mie e del Gangster per raggiungere i ristoranti del Mercato Centrale, dove ci siamo mangiati un panino con la braciolina fritta. Rientro in taxi, che la stanchezza era tuonante per tutti, con un’esagerata eccitazione da libertà dovuta a stare in auto senza il seggiolino, supportata e sopportata dal tassista che giocava con i bimbi. A letto tutti e pollice su su questa giornata che ci è piaciuta tanto tanto. Piccoli che crescono, orizzonti che si allargano.

giovedì 17 settembre 2015

Uomini e donne, fin da piccoli



Lui piange con la bocca in giù, proprio come fanno i bambini piccoli, non appena vede l’auto che gira nella strada dell’asilo. Lei lo consola dicendogli: dai Ema, vediamo..  Lui allora le chiede rassicurazioni tipo:Marghe che facciamo all’asilo? Lei risponde allegra: giochiamo, andiamo in bici e lui da quelle parole di lei si fa cullare.
Poi patteggiamo preventivamente quanti baci darci al momento dei saluti. Io dico tre e, dopo breve trattativa, concordo cinque baci. Che vengono accuratamente contati al momento dei saluti e ai quali si aggiunge, strappata all’ultimo minuto, una “carezzina a te” che sarebbe appunto una carezza alla mamma data con gli occhi lucidi di rassegnazione all’addio.
Poi vado a prenderli e mi guardano come dire ah, sei già arrivata … perché è chiaro che si sono subito rassegnati e ambientati e che vedermi lì li disturba anche un po’ nel da fare che hanno.
Poi succede come ieri che Marghe mi racconta di aver pianto all’asilo, non perché voleva la sua mamma, ma perché il fratello giocava con una bambina e non la voleva lì con loro. Ho chiesto chiarimenti al bimbo, mi ha detto che lui non sa come si chiama quella bambina, ma che è la bambina con la coda e che la sorella no, non ce la voleva insieme. E credo che, con quella coda, lui voglia un po’ di intimità, escludendo così una sorella disperata che giusto qualche ora prima lo aveva rassicurato per farlo entrare all’asilo tranquillo.
E’ chiaro che a pazienza e la generosità delle donne si costruisce fin da subito. Come l’egoismo maschile di fronte ad una coda che svolazza e per la quale si rinnega anche l’affetto più caro.

mercoledì 16 settembre 2015

Quindi, sono cresciuti



Capodanno ebraico, siamo ufficialmente nel 5776 e, per festeggiare, la scuola materna è stata chiusa lunedì e martedì. Noi ne abbiamo approfittato per rimanere al mare. Io ed i gemelli, da soli. Da soli anche in spiaggia praticamente, con le scuole che riprendevano tutte, al mare non si vedeva ormai più nessuno. Così me li sono goduti, i miei bimbi. Tranquilli, senza confusione, a fare il bagno in mare tutti e tre con il materassino, liberi di esplorare  la spiaggia tutta perché ormai sono grandi, a farmi ridere con quei loro discorsi da grandi. Ora amano le conseguenze. Quindi è la loro parola preferita. Fra tutte le cose che mi hanno detto, quella che più mi ha fatto ridere è stato Ema che mi ha detto: non mi esce più la testa dalla maglia perché la testa mi è diventata grande da quando vado alla Sinagoga. Che sarebbe poi il riassunto di: le magliette estive ormai mi stanno piccole perché io sono cresciuto, per questo vado adesso alla scuola dei grandi.
Quindi, conseguenza, sono cresciuti ormai

venerdì 11 settembre 2015

Un altro capitolo della nostra vita



Le vacanze si sono concluse oramai. Come un classico nostro, siamo rimasti al mare fino al pomeriggio del 31 agosto, rientrando a Firenze in serata, cena e doccia e via a letto presto perché domani inizia l’asilo.
Così facevano con me da piccola, portandomi in vacanza  appena finita la scuola e rientrando giusto in città per riprendere l’anno scolastico, così faccio io con i miei bimbi. Anche perché dove stiamo meglio che al mare in estate?
Quest’anno è stata un’estate calda e lunga, ma come sempre è riuscita meglio di quanto ci aspettavamo. In spiaggia praticamente solo la mattina, che il doppio turno, cioè tornarci anche il pomeriggio, risultava troppo stancante per tutti, specie per me. Ci abbiamo provato la prima settimana ma poi abbiamo desistito subito. Così abbiamo trovato Trudy, svogliato pony che ci ha permesso di frescheggiare nel tardo pomeriggio sulle colline sopra Quercianella, regalandoci delle belle esperienze sopra di lui, cavalcate controllate alla scoperta degli alberi, dei profumi e di un nuovo assetto ed equilibrio, quello appunto della cavalcata in campagna, con andamenti e andature diverse, che hanno regalato sicurezza e abilità ai miei bimbi. Poi abbiamo dormito molto, il pomeriggio quasi tre ore, la mattina quasi fino alle 8.30. Bagni in acqua alta con i braccioli, medusa che ha punto Ema sul braccio, balena spiaggiata davanti al nostro mare. Allontanamenti dall’ombrellone per esplorare liberi lo spazio vicino, un affiatamento di famiglia come solo l’estate porta.
Per questo siamo venuti via malvolentieri, per questo l’estate è volata come poche altre volte.
Dal primo settembre asilo nuovo, alla Sinagoga. Pianti disperati la mattina del primo giorno, con Emino che piangeva prima di entrare e Marghe che lo consolava dicendo: va be’ Ema, vediamo, intanto andiamo a vedere “. Io con la pancia girata per tutta la mattina fino a quando non sono andata a prenderli quando, ovviamente, li ho trovati felici che non volevano neanche venire via.
Adesso siamo già alla fine della seconda settimana e me li scopro tutti i giorni più grandi, sereni come non li ho mai visti, uniti e curiosi di queste loro nuove amicizie. Io pure curiosa di questi nuovi compagni e di queste loro famiglie.
Per la prima volta oggi mi hanno salutato senza piangere, avevamo patteggiato solo  quattro baci di addio e così è stato, ci sono state aggiunte solo un po’ di carezzine dolci alla mamma e poi via, ognuno verso i nostri compiti.
E’ iniziato così un altro capitolo della nostra vita.

venerdì 31 luglio 2015

Ciao Mamma

E' volata in cielo su di una nuvola, come abbiamo detto ai gemelli, i quali hanno voluto vedere in quale nuvola precisa del cielo fosse andata la nonna Carla.
Per me è ancora troppo presto per parlarne, scriverne, anche pensarci, a volte, a quella mia mamma che non c'è più.
Per questo attacco qua una  cosa che scrissi su di lei  21/1/2010. Tanta acqua sotto i ponti è passata da quei giorni, tante cose sono successe e cambiate.
Ciao mamma, grazie di tutto.

Da oggi il sole entra nell'Acquario
La mia mamma veniva da Diladdarno, per questo non fu un gran che accolta.
Dopo 15 giorni di matrimonio, mia nonna paterna, con la quale era andata ad abitare, le disse che era giunto il momento che lavasse le lenzuola, non tanto sicura del fatto che quelli Diladdarno lo facessero.
La casa dei miei nonni paterni, quella dove lei era andata ad abitare, era grande e ricca, ma piena di persone d’altri tempi. A lei che invece andava a lavorare ed era dell’Acquario, le sembrò, con quell’aver attraversato l’Arno, di essere tornata indietro nei secoli.
Neanche tre figlie la domarono: le partorì all’ospedale invece che a casa e le fece visitare da dottori invece che dagli stregoni, non conquistando così mai la fiducia della suocera, che morì senza aver avuto l’erede maschio, importante per la famiglia di mio padre e, ovviamente, altra grande colpa di mia madre.
Morta la nonna si chiuse l’enorme casa e si andò a vivere in appartamento: l’era dell’Acquario adesso regnava.
Ricordo le resistenze di mio padre, figlio della mia arcaica nonna, a mandarci in vacanza, mentre mia madre ci accompagnava felice in campagna nei  tre mesi estivi, lasciandoci libere di essere selvagge, tornando così ad essere così quello che mia nonna ha sempre pensato di lei, una selvaggia appunto.
Parlando adesso con lei da donna a donna, mi confessa che le piace mangiare con le mani, perché le dà il senso di libertà che la vita le ha tolto. Mi racconta che sì, ha sempre fatto tutto quello che le veniva chiesto, ci ha cresciute, è stata una brava moglie, non ha mancato mai verso nessuno, ma i ricordi belli della sua vita sono tutti legati a prima che si sposasse: andava a lavorare in bici, era piena di amiche, recitava nelle commedie, girava l’Italia in pullman. Si rideva tanto, mi racconta sospirando. Orfana di madre, a 18 anni rimasta con tre fratelli piccoli da crescere, nascondeva le pentole da lavare per poter andare a ballare, un po’ come faccio io. In fondo di me si è innamorata solo quando ho iniziato a somigliarle: sempre via, sempre ben vestita, sempre egoista: una selvaggia come lei, anche se lei, più che selvaggia, è una hippy, una nata sotto il segno dell’Acquario, appunto. Non mi ha partorito in tempo per farmi dell’Acquario, le sono venuta Pesci e anche un po’ tanto piagnona, pigra che non mi capisce e paurosa che la lascio perplessa: a lei che da sposata le hanno tolto la bicicletta in cambio di tre figlie e un marito, con la mia auto, il mio lavoro e il mio inglese, avrebbe esplorato luoghi mai visti e gioito molto più di quello di cui è riuscita a gioire. A volte, in effetti,  mi è sembrato di fare quello che facevo come se fossi in missione da parte sua, gratificata quando lei guardandomi, riassumeva quel nostro specchiarsi a vicenda in un “sei come io avrei voluto essere” mentre io, in fondo sono come sono perché l’ho presa a modello. Io un po’ la temo, quando mi accorgo che vede la parte di mio padre in me, e un po’ la sfido, quando faccio lei all’ennesima potenza.  Che è difficile unire in me i geni di un brontolone statico come il mio babbo, con una selvaggia come mia madre. Ma essere cresciuta sotto il segno dell’Acquario è quello mi ha salvato la vita perché nella vita mi ha buttato.

mercoledì 22 luglio 2015

Orgoglio di mamma



Due mesi al mare non li potevo vedere, là lunghi e distesi, tutti fatti da tanti  giorni tutti uguali. Così ho cercato, ho studiato, ho provato e via, abbiamo trovato il nostro intermezzo: corso di pony sulle colline sopra al mare.
Da giovedì scorso, insieme all’amico Martino, e da giovedì prossimo, da soli i gemelli, il povero pony Trudi si vedrà regolarmente strigliare, accarezzare, montare con sella e senza, e infine avere la carota e essere accompagnato nel recinto, da questi miei piccoli nuovi cavallerizzi.
Ho amato i cavalli e montarli, ognuno di loro con quel suo carattere differente da capire e studiare, quello sport da fare all’aria aperta come piace a me, quel sano sudore misto al profumo di stalla. Per questo mi sono inorgoliosita quando ho visto i miei bimbi che ben volentieri strigliavano quel cavallino e ben volentieri sono saliti sopra (Emanuele ha fatto da apripista, il primo a voler far muovere Trudi mentre gli altri si erano limitati a salirci sopra e basta), che andavano felici in sella e non volevano scendere, che hanno accarezzato il cavallo caldo quando poi li hanno fatti salire di nuovo sopra senza sella. Insomma, orgoglio di mamma, ecco cosa ho provato a vederli cavalcare. I miei piccoli cavallerizzi marini.

lunedì 20 luglio 2015

In compagnia a Quercianella



Finalmente sono venuti  nella nostra mitica Quercianella. La settimana scorsa è stata una settimana quercianellese per Martino e Valeria che sono venuti a trovarci insieme alla cuginetta Clara e alla nonna. Abbiamo condiviso giochi e esperienze, abbiamo insieme, come al solito, passato una tappa importante della vita che è stata quella della tavoletta: niente più braccioli ma bagno in mare senza, con solo l’aiuto della tavoletta. Un’altra conquista per quei nostri piccoli nanetti coraggiosi.
Insieme ci siamo visitati l’acquario di Livorno, siamo andati sulle colline a strigliare un pony e a montarci pure su, abbiamo cenato in spiaggia e anche alla festa di paese, siamo andati a mangiare la pizza e a cenare dove i genitori di Martino pranzavano nei loro giorni estivi quando ancora Martino era nel mondo dei sogni. Hanno litigato (i maschi), si sono innamorate le femmine, fra loro, la più grande con la più piccola, tanto che Marghe mi ha sorpreso dicendomi Mamma non mi chiamare quando sono con la mia amica, si sono fidanzati (Martino e Margherita) ci siamo salutate, in fretta e male ( io e Valeria) perché questa volta era quasi per sempre o per lo meno per un lungo periodo, che verrà interrotto da visite di un weekend che non potranno sostituire il nostro usuale quotidiano. Come dice il Gangster la fine di un’epoca, come dico io l’inizio di una strana paura, quella della solitudine. Abituarsi a stare senza di loro sarà dura, parte come sono della nostra  mia famiglia. Specie dopo questa settimana in stretta compagnia, passata così in fretta fra pranzi all’ombra dell’ombrellone, ripetuti bagni in mare, gitarelle, che facciamo domani, insomma, come sempre, quando si sta bene il tempo vola

mercoledì 8 luglio 2015

Veditori di ombre



Ogni tanto ne parlava, ogni tanto  buttava lì che lo avrebbe detto a Ginevra, ogni tanto raccontava che la sua amica Ginevra l’aspettava a casa. Ho iniziato ad approfondire. Ho chiesto: “Marghe ma chi è Ginevra?” E lei mi ha detto che è una sua amica, che ha cinque anni, che ha i capelli biondi, lunghi e riccioli e che abita con lei. Tale sicurezza nella descrizione e nella frequenza con cui me ne ha parlato, ma ha fatto insospettire e ho indagato con domande dirette, alle quali non sempre mi è stata data una risposta. Perché se è vero quel che penso, e cioè che Ginevra non è l’amica immaginaria di Marghe, ma una presenza che lei vede e sente realmente, è vero che la piccola non può darmi tutte le risposte alle mie domande, perché (ho ben riconosciuto lo sguardo fisso nel vuoto) non le viene permesso di rispondermi. Dico questo perché anche io “vedo qualcosa” come lo chiamo io, presenze, ombre, qualcuno, spiriti, anime, boh, non ho mai saputo come chiamarle e non ho mai voluto dare peso a questo potere? dono? maledizione? non so come chiamarlo. So che per difendersi ci devi convivere senza dar troppo peso a quello che vedi, che non ha senso razionale. Per un periodo della mia vita ho cercato di trovare risposte e conferme in altre persone che anche loro “vedevano”, le quali mi hanno un po’ spiegato, tranquillizzato, ma anche messo in guardia. Quello che ho imparato è che non bisogna dar importanza a queste energie imbrigliate ancora nel nostro mondo, probabili esseri incapaci di evolvere e transitare altrove, lasciando questo mondo pesante per alleggerirsi in altre sfere, che se si continua a chiedere, chiamare e voler vedere, si tirano per i piedi queste energie, si trattengono con il nostro raziocinio in questo mondo mentre loro hanno il bisogno di essere lasciati andare oltre. Credo che Ginevra non voglia che Marghe racconti troppo del loro rapporto perché questi esseri non amano svelare i loro mondo, per questo alle mie domande Marghe assume la maschera di pietra tipica di chi viene bloccato, ma  è vero anche che continuare a chiedere alla bimba di questa presenza vuol  dire dare importanza e peso ad una cosa che è sì importante e pesante, ma che non deve essere centrale, deve continuare ad essere lieve e non protagonista assoluta.
Io, cara bambina mia, continuo a tenerti d’occhio e farò di tutto per difenderti e darti gli strumenti per affrontare da sola questo che è un bell’impaccio, anche se viene chiamato dono. Certo è che quando mi hai raccontato che Ginevra sta con te in camera tua e che ti racconta le storie ma quando la mamma arriva lei se ne va, un po’ mi sono impaurita, un po’ mi sono spiegata i tuoi incubi notturni, un po’ mi sono spiegata perché io e te siamo così unite senza parole, come lo è stato e lo è fra me e la mia mamma.
Intanto, per non farci mancare niente, anche Ema, ovviamente geloso di queste attenzioni verso la sorella, sostiene di avere anche lui un suo amico, che si chiama Imbo. Ora, il nome lasciava presagire un’improvvisazione che non si poteva ripetere, tipo il primo nome strano da inventare per fare colpo. Però anche lui, a distanza di giorni, ha confermato nome e presenza, facendomi sospettare…. Oh no, due no! Povero Gangster, stare in una casa piena di veditori di ombre!

martedì 7 luglio 2015

Ognuno felice dove è



Ieri sera dovevamo andare a cena fuori. Per festeggiare di essere a Firenze da soli mentre i gemelli se ne stanno a Quercianella da soli (si fa per dire, da soli con Guenda, per la precisione)
Ovviamente è arrivato tardi, lui, il Gangster padre di famiglia, ovviamente aveva caldo, fame e non aveva voglia di sentire le mie lamentele sul fatto che avessi caldo, fame e che avessi pure aspettato un marito in eterno ritardo. Sono saltata su al di lui scooter e abbiamo iniziato a girare a vuoto per i vari ristoranti in collina, tutti chiusi per il lunedì o tutti pieni perché aperti. Si avvicinavano preoccupantemente le 10 di sera e noi stavamo ancora viaggiando al fresco sì, ma a digiuno fino a quando non ci siamo “imbucati” in una festa privata, abbiamo scorto un buffet aperto, ci siamo presentati, nessuno ci ha negato un piatto di pasta fredda e poco altro e lì abbiamo cenato, scoprendo pure che di lì a poco ci sarebbero stati i fuochi d’artificio a Fiesole. Via, di corsa, inforchiamo di nuovo lo scooter e arriviamo precisi per alzare il naso e goderci lo spettacolo dei fuochi, che a Fiesole ti spiazzano perché un po’ li vedi in cielo, un po’ li vedi partire direttamente dalla Piazza, un altro po’ saltano dal campanile. Bellissimo, io poi che adoro i fuochi d’artificio ero al settimo cielo. Ma quello che mi ha colpito, oltre la libertà ritrovata come coppia, è il fatto che in genere sono io che, quando siamo soli, parlo dei bambini. Ieri sera invece era lui, quel Gangster con nuovo incarico che lo terrà ancora di più fuori casa ma che lo rende orgogliosissimo, che coglieva ogni minima scusa per raccontarmi del suo Mele, di quanto  preziosi sono i gemelli, di che bravi che sono e di come lui si diverte con loro e di quanti baci dia alla sua Margheritina.
Tutto  questo perché il giorno prima, la domenica pomeriggio, lui è rimasto credo per la prima volta o quasi, solo con loro al mare, lasciandoli giocare in casa e portandoli poi a lavare l’auto e infine a mangiar la  pizza, con visione di Peppa a tavola, ma non importa. L’importante è che se li sia goduti e loro lui, quel babbone che ha confessato di voler essere ricordato per quanto li vizia, invece che per quanto li brontola.
E stasera si replica, i programmi dicono via in scooter nel Chianti, proprio come ai vecchi tempi. Mentre dal mare mi arrivano foto rassicuranti di due gemelli felici all’ombra dell’ombrellone in riva al mare che giocano a fare Cappuccetto Rosso e il lupo, con una Marghe travestita in nonna con tanto di occhiali e vestito pareo, e un Ema che fa il cacciatore fiorentino, con quelle sue c aspirate che fanno paura.
Quindi che dire, tutto organizzato, per ora fila tutto liscio liscio, ognuno di noi ha il proprio divertimento.