Lui piange con la bocca in giù,
proprio come fanno i bambini piccoli, non appena vede l’auto che gira nella
strada dell’asilo. Lei lo consola dicendogli: dai Ema, vediamo.. Lui
allora le chiede rassicurazioni tipo:Marghe
che facciamo all’asilo? Lei risponde allegra: giochiamo, andiamo in bici e lui da quelle parole di lei si fa
cullare.
Poi patteggiamo preventivamente
quanti baci darci al momento dei saluti. Io dico tre e, dopo breve trattativa,
concordo cinque baci. Che vengono accuratamente contati al momento dei saluti e
ai quali si aggiunge, strappata all’ultimo minuto, una “carezzina a te” che sarebbe appunto una carezza alla mamma data con
gli occhi lucidi di rassegnazione all’addio.
Poi vado a prenderli e mi
guardano come dire ah, sei già arrivata …
perché è chiaro che si sono subito rassegnati e ambientati e che vedermi lì li
disturba anche un po’ nel da fare che hanno.
Poi succede come ieri che Marghe
mi racconta di aver pianto all’asilo, non perché voleva la sua mamma, ma perché
il fratello giocava con una bambina e non la voleva lì con loro. Ho chiesto
chiarimenti al bimbo, mi ha detto che lui non sa come si chiama quella bambina,
ma che è la bambina con la coda e che la sorella no, non ce la voleva insieme. E
credo che, con quella coda, lui voglia un po’ di intimità, escludendo così una
sorella disperata che giusto qualche ora prima lo aveva rassicurato per farlo
entrare all’asilo tranquillo.
E’ chiaro che a pazienza e la
generosità delle donne si costruisce fin da subito. Come l’egoismo maschile di
fronte ad una coda che svolazza e per la quale si rinnega anche l’affetto più
caro.
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