Quest'anno fanno dieci, di 14 giugno, data del primo appuntamento mio e del Gangster, data scelta per il nostro anniversario, perchè tutto iniziò quel giorno, anche se poi concretamente sarebbe iniziato tutto dopo. Ma non ci sarebbe stato un dopo senza quel 14 giugno.
Ancora lo ricordiamo con tenerezza quel giorno e io negli anni ho sempre scritto qualcosa, raccontando dei nostri anniversari e di come lo abbiamo sempre festeggiato. Manca il racconto del 2011, in cui ero troppo elettrizzata per scrivere, perchè la prigionia nella torre buia finiva e i piccoli erano già nella mia pancia. Forse solo quella volta non abbiamo fatto un viaggio per festeggiare, ma era solo per non compromettere niente di quel bel dono che avevo in pancia. Però siamo andati a cena al ristorante all'aperto a Cercina, che ci piaceva sempre tanto. Ed è stato un modo semplice, ma adatto a quel momento: come a dire silenzio, incrociamo le dita e tratteniamo il respiro. E il regalo è arrivato il giorno dopo, con la prima ecografia, dove abbiamo avuto la conferma che erano due gemelli.
Qua di seguito ci sono raccolti i racconti dei vari anniversari, scritti altrove ma raggruppati qua, in questo due con due.
Era
giugno del 2003, l’estate caldissima, e già a metà giugno eravamo tutti già
infuocati. Per questo in nostro amore ha preso fuoco subito? No, non credo,
perché tu mi hai sedato, più che eccitato. Mi hai conosciuto che ero su di
giri, agitata anche su una sedia e parlavo, parlavo, parlavo e tu pensavi che
fossi pazza. Però, dici, che hai sentito subito che ero la donna giusta per te,
subito, appena mi hai visto, anche se pensavi che fossi pazza. Io di te mi
chiedevo perché proprio non mi filavi, ti camminavo vicino, parlavo parlavo ma
tu ti limitavi a rispondere educatamente alle mie domande. Però continuavi ad
essere fermamente convinto che fossi io quella giusta, le altre non esistevano
più. Poi, in un ora di noia, ti ho ancora camminato intorno e ti ho stupito
rispondendo bene alle domande di chi vuol essere milionario. Quell’occasione di
aver trovato qualcosa in comune ha fatto scattare l’invito a cena, dopo molti
giri di parole, cercando strenuamente entrambi di dare l’impressione che non
fosse importate quell’appuntamento rimediato all’ultimo, che era solo perché
era sabato sera ed eravamo rimasti soli….. Il ristorante dove mi hai portato
era su una delle più belle colline nei dintorni di Firenze, con il tavolo all’aperto
nella terrazza panoramica su vallate di ulivi. Il cameriere è venuto a prendere
l’ordinazione e non si è più visto per le tre ore successive. Non esagero:
hanno perso tutte le ordinazioni e hanno lasciato tutti gli avventori senza
portare alcunché per le tre ore successive. Intorno a noi il panico di chi non
ha niente più da dirsi dopo tanto tempo, noi neanche ce ne siamo accorti.
Abbiamo parlato di tutto, su tutto eravamo affini, su tutti gli interessi l’altro
aveva da aggiungere qualcosa, la conversazione non era ostentazione di noi ma
un dolce scambio di parole, parole che fluivano e accarezzavano l’altro, lo
stupivano perché sembravamo amici da sempre. Ci siamo lasciati con il mio
abbraccio di ringraziamento che ti ha stupito e con le mie malinconiche parole
che ti dicevano che avrei volentieri fatto una vacanza con te, anche se
praticamente ci eravamo conosciuto bene quella sera per la prima volta. Per te
quella sera è stata la prova che era vero che io ero la donna della tua vita.
Per me quella sera era la malinconia di aver trovato un amico e non un amore.
Era il 14 giugno 2003.
Da
allora è iniziato il tuo corteggiamento d’altri tempi, che merita un’altra
storia, e poco dopo sei venuto a trovarmi al mare, facendomi piangere quando mi
hai detto che volevi un figlio da me. E da quella sera ho capito che eri
un grande amico ma che eri anche la persona con cui volevo fare una famiglia.
Da allora hai mancato tante promesse, ma non c’è stato giorno in cui non mi sei
stato accanto e non c’è stata volta in cui tu abbia desistito. Tu dici che se
stiamo insieme e grazie alla mia pazienza. Io dico che se stiamo insieme e
grazie alla tua tenacia, tu che dal primo giorno, quando sono entrata da quella
porta, mi hai visto e mi hai riconosciuto.
Aveva
da recuperare e non poco, perché durante un litigio furioso (furioso da parte
mia) lui aveva alzato la voce con me, e io questo non lo permetto a nessuno,
figuriamoci a lui. Broncio storico, il mio, neanche smorzato da quei fiori che
manda sempre quando litighiamo. Salgo in macchina e lo vedo tutto bello, tutto
blu, mentre io ero tutta bianca e oro, in più con il mio nuovo ciuffo relax
tutto sugli occhi, ultimo regalo del mio parrucchiere. Sembrava che andassimo a
sposarci, invece andavamo solo a festeggiare un altro anno d’amore conquistato,
nella buona e nella cattiva sorte. Il ristorante è il nostro preferito, a
Quercianella direttamente sul mare, massimo tre tavoli apparecchiati ma
quasi sempre siamo solo noi due, pesce solo quello che il pescatore pesca, che
ti passa in bocca ancora il sapore di mare, di scoglio. Tornare dove tutto è
cominciato, quella sera d’estate in cui venne a trovarmi a Quercianella e mi
disse che non c’era scampo, ero la donna della sua vita. Quella sera in cui mi
fece piangere, per il tanto che mi diceva e quando tirò fuori il fazzoletto per
asciugarmi gli occhi, fece anche il gesto di pulirmi il naso. Io lo fermai
perché quello che stava pulendo era il ferretto del piercing che ho sulla
narice e che passa anche dentro. Lui sollevato mi disse: “Ah, ecco, e io che mi
dicevo sempre ma guarda un po’ che naso caccoloso che ha sempre quella!” Lì
capii che lui sarebbe stato mio, mio per sempre: dico, in un momento romantico
così, il livornese che c’è in lui se n’è uscito con quella frase! Zap, lo amato
e lo amo da allora, da quella sera a Quercianella, grazie al ferretto del
piercing che sta sempre dentro al mio naso. Così gli ho dato il mio regalo: un
buono per andare a farsi fare un tatuaggio. E’ rimasto più che allibito. Mi ha
dato il suo regalo e io sono rimasta più che allibita: la prossima settimana
non lavora e possiamo partire. Ho iniziato a sparare Cina, Grecia,
Spagna, tutti troppo lontani (??) ma insomma al massimo dove possiamo arrivare,
chiedo? Da qualche parte in macchina e vicino alla Svizzera, fonte di guai
sicuri, per i gangster da cuore tenero come lui. Così pare che andremo a Saint
Tropez. A volte ci sono regali che ti colpiscono per la sorpresa che scono!
Pantaloni
bianchi, camicetta d’oro, costume d’argento, abito nero, bikini con perluzze,
pantaloni gessati, tacchi alti, orecchini preziosi….. mmmmm, che bello fare la
valigia così. Abituata a buttare dentro il peggio dell’armadio, quando in
genere parto per luoghi lontani che non richiedono approfondimenti mondani, ma
solo comode magliette e spartani pantaloni, ecco che ieri sera godevo nel fare
la valigia, nel vedermi le creme comodamente allineate nel bagno dell’albergo,
quasi come a casa, gli abiti appesi nell’armadio, la comoda colazione sotto gli
ulivi, il profumo di lavanda che sale dal balcone e che ti dà il buongiorno la
mattina. Ma sono quisquiglie in confronto alla settimana che mi aspetta a
Cannes, insieme al Gangster, per festeggiare degnamente il nostro anniversario.
Abbiamo fatto già una cenetta estemporanea, con tanto di frittata e
tortellini in bianco (si capisce che cucinavo io?), nel giorno del nostro
anniversario vero, dove ho sbagliato il regalo che gli ho fatto (che
gentilmente neanche ha preso, chiarendo subito che, grazie alla nostra
confidenza, preferiva essere sincero), scambiato subito però con questo bel
regalo: coccolati in Costa Azzurra, a coccolarci. Che tanti anniversari che si
rincorrono così negli anni, non sono certo roba da poco anzi, vanno
festeggiati, questione proprio di scaramanzia e di rendere grazia al Cielo, che
ci ha regalato tanto.
MERCOLEDÌ, 17 GIUGNO 2009
Parigi ci si è presentata
tutta pulita e rassettata, finalmente un salotto buono tenuto bene, che culla
noi turisti e incornicia quei parigini che sono dei veri personaggi. Da subito
ho adorato quella loro bella abitudine di popolare i bar e, a qualsiasi
ora, trovarli là fuori su quelle sedie di vimini, a mattine intere, per
ritrovarsi in un appuntamento galante che dura una lunga colazione, o a
chiacchierare con le amiche o a lavorare al computer o in veri e propri incontri
di lavoro. Così mi immaginavo divertente: per gli appuntamenti dell’agenda,
prego rivolgersi al barista.
Guidano come matti, agli
incroci sono così indisciplinati che ricordano le città arabe, e come
automobilisti sono irosi e prepotenti come quel buon vino francese che circola
ovunque, anche se è lo champagne che fa da padrone a qualsiasi ora, colazione
compresa.
Quando ai tassisti chiedi
di portati che so, al Beaubourg o a Montmartre (e quindi tutti posti famosi,
non in via della calzetta sporca) ti guardano perplessi come dire ma, intanto
andiamo, che poi scoprirò dove è questo posto.
La mia passione per
Burberry mi ha fatto adorare quel tempo variabile, che obbliga i parigini ad un
perenne impermeabile (stranamente tutti Burberry, loro così francorgogliosi)
che le parigine indossano su sandali con tacchi vertiginosi (anche se piove) da
dove spuntano una uniformità di piedini curatissimi, particolare che io adoro
sempre.
E quel delirio di formaggi
buonissimi, che io adoro e dei quali mi sono nutrita a quantità industriali,
perché non c’è niente che mi mette più di buon umore dell’arrivo del carrello
dei formaggi, in un ristorante francese.
Ce la siamo girata tutta a
piedi, quella città bellissima, e il parigino Gangster, che quella città c’è
stato volte e volte, abitandoci pure, mi ha trascinato da un punto all’altro,
in un meticoloso lavoro di perlustrazione, regalandomi parti della città che
non conoscevo, e facendomi scoprire luoghi che mi hanno tanto emozionato per la
bellezza. Fra tutti ricordo il primo giorno, stordita dalle vetrate enormi e
iridescenti della St. Chapel. Fino alla cena sulla torre Eiffel, dove il sole
non riusciva a tramontare fino alle 22, e così Parigi ci ha regalato un
tramonto lungo come una lunga cena, dove ho bevuto uno dei vini più buoni che
ho assaggiato nella mia vita, che serviva a festeggiare quel nostro
anniversario, e anche il quadro che ci eravamo comprati di regalo proprio quel
pomeriggio, dal titolo significativo di Always you.
Sette
sono gli anni passati con il Gangster. Festeggiati lungamente a Fuerteventura,
dove il vento spazza tutto, ragnatele nel cervello, ombre dal cuore, dune dalla
spiaggia. Ci siamo rifugiati qualche giorno in quell’isola che parla spagnolo
ma che guarda il Marocco, dove nell’interno ancora funzionano i mulini a vento
e il terreno è un deserto di roccia, mentre sulla costa sei abbagliato da
dune di sabbia bianche e mare azzurro, incessantemente battuto dal vento, che
ha fatto sì che i serfisti eleggessero questa isola a capitale del loro sport,
insieme a quegli orribili inglesi e tedeschi che aerei catapultano in massa a
passare là una settimana tutto compreso, compreso pure la solita birra e big
burger che mangiano tutto l’anno e che anche là alla fine ritrovano. Noi invece
abbiamo cercato i sapori più veri, scappando lontano dalle comodità e dal menu
a prezzo fisso, conquistandoci l’interno con i suoi paesaggi lunari e le
spiagge più inaccessibili, riparandoci dietro quei buffi muretti che permettono
di isolarti sulla spiaggia e darti un po’ di tregua da quel vento che fa volare
le vele. Abbiamo trovato così il tempo che non avevamo più, chiacchierando
tanto, ricordando il bene e il male di questi sette anni, rivedendo un po’ i
progetti futuri. Sette sono tanti, se li devo “vedere” immagino i sette nani
vicino a Biancaneve che sembravano proprio tanti, là tutti stretti alle sue
gonne, oppure i sette peccati capitali, che un po’ abbiamo peccato in questi
anni, anche se mai con intenzione, perchè a volte da un amore così grande un po’
ti devi anche difendere. Però se devo proprio proprio riassumerli, direi che
perfetto sta il titolo “Sette anni in Tibet” perchè io, da quando sono uscita
quella prima sera del 14 giugno 2003 con il Gangster, è un po’ come se mi fossi
rifugiata da qualche parte in alto e molto lontano, isolata da tutto quello che
passava nella mia vita, perchè prioritario da quel giorno è stato quel Tibet:
scalarlo, raggiungerlo e farne poi la mia prigione.
Nove
anni fa, il 14 giugno un irriconoscibile Gangster invitò un’annoiata Perla a
cena, giusto così, per non cenare soli quel sabato sera. Si scoprirono amici,
intrigati l’uno dall’altra, felici di stare a parlare per ore. Mai avrebbero
detto che nove anni dopo, non a caso proprio il 14 giugno, per commemorare
proprio quella data, un felice Gangster e una raggiante Perla si sono sposati
di nuovo, questa volta in Chiesa, e hanno pure battezzato i loro due piccoli
gemelli, tenendoli sempre in braccio, scambiandosi i voti e le fedi con i due
piccoli fra le mani.
E’
successo a Quercianella, il 14 giugno 2012, con un totale di 27 persone
invitate, Perla vestita di bianco e il Gangster vestito di azzurro come un vero
Principe Azzurro, sono arrivati in Chiesa non con la carrozza ma spingendo la
carrozzina, attraversando l’Aurelia a piedi spingendo il doppio passeggino
rosso con i due piccoli puffi dentro. Puffetta vestita di bianco come la mamma,
Grande Puffo vestito da ometto come il babbo.
Poi
ci siamo fatti le foto sulla spiaggia di Quercianella, mentre salutavamo il mare
e gli invitati con un aperitivo di fronte al mare, e chi è voluto rimanere ha
cenato con noi sempre davanti al mare, con la musica dal vivo di
sottofondo in perfetto Quercianella style, ovvero full immersion anni ‘60 che
neanche alla Bussola se lo sognavano. Poi il Gangster ha cantato a Perla “Amori
grandi amori immensi”, poi Perla e Puffetta hanno ballato “la notte è piccola
per noi” come le nuove sorelle Kessler, poi Perla, davanti ad una torta a tre
piani piena di margherite, ha fatto un lungo discorso, ha ringraziato uno ad
uno gli invitati, regalando ad ognuno parole preziose e ha scoperto il Gangster
accanto a lei con le lacrime agli occhi. Poi il piccolo Grande Puffo si è
svegliato, pensava che fosse mattina mentre erano le una di notte, e ha iniziato
a ridere sdentato a tutti, felice di vedere tanta gente che gli prestava
attenzione. Poi tutti sono andati via, ma noi quattro siamo rimasti. Abbiamo
preso una camera sulla locanda di fronte al mare di Quercianella e abbiamo
passato la nostra prima notte da famiglia consacrata di fronte al mare,
dormendo un poco, abbracciandosi molto tutti.
Grazie
per questa importante giornata, caro nono 14 giugno.