sabato 1 giugno 2013

Quando lo seppi

Era il 1 giugno 2011. Voi c'eravate già ma non lo sapevamo. Per scoprire la vostra vita, il babbo Gangster mi ha accompagnato quella mattina presto in scooter a farmi gli analisi del sangue nell'Istituto di analisi privato dove non devi aspettare e dove ti inviano i risultati per mail in tempo reale.
Mi dissero che verso le 14 avrei avuto la risposta. La risposta che svelava se voi c'eravate veramente o meno.
Io in quel tempo ero prigioniera in una torre buia insieme a persone cattive, anche se qualche raggio di sole ogni tanto spuntava, in quell'ultimo mese di reclusione (che poi era solo il mio lavoro di allora), e la fine pena vicina mi rendeva meno triste che nei mesi precedenti. Ho aspettato quella mail lì, nella mia cella buia, tenendo la mia posta elettronica sempre aperta, sicura che, con l'approssimarsi del termine di invio, sarei stata così nevosa da non riuscire a digitare correttamente la password.
Per questo ho visto in diretta l'arrivo in largo anticipo della risposta degli esami. Tremando tutta ho aperto il messaggio e ho tentato di capire cosa volessero dire quei valori lì riportati, che andavano letti in base ad una certa tabella. Tremando tutta ho stampato la mail, ho cercato di mantenere la calma, mi sono alzata e con quella stampa sono scesa di un piano e ho telefonato alla ginecologa. La quale, in genere, non risponde mai al cellulare. Quella mattina invece ha risposto subito. Le ho detto che mi doveva aiutare a capire cosa volesse dire quella cifra riportata di fianco al valore del sangue analizzato. Lei ha detto "Ossignore Paola", con voce mesta, e io ho subito pensato no, è andata male anche questa volta. Lei ha proseguito aggiungendo, al Ossignore Paola, sono gemelli. E io allora ho detto noooo, ma non no ai gemelli, no al fatto che non era possibile che finalmente fossi incinta, e quando lei a sentire il mio no mi ha chiesto se non fossi contenta, io le ho risposto che il no voleva era di incredulità perchè  non avevo mai avuto un sì come risposta alle mille volte in cui speravo che qualche test mi dicesse che ero rimasta finalmente incinta. Così ci siamo salutate, io avevo i razzi che esplodevano impazziti nel mio corpo anche se rimanevo di pietra. Ho mantenuto i nervi saldi, ho pensato in un attimo come fare a dirlo al Ganngser in un modo carino che non fosse una telefonata, ho fatto un piano veloce e l'ho  chiamato inventandogli una scusa e anticipando il nostro incontro dell'ora di pranzo, quando avevamo deciso di vederci per aspettare insieme i risultati per mail. Lui un po' controvoglia ha accettato di fare colazione con me invece che pranzare, e ci siamo dati appuntamento al caffè storico Revoire dopo 15 minuti. Io ho timbrato e sono uscita dal lavoro con una scusa, sono corsa al caffè e ho organizzato l'accoglienza. 
Revoire ha una sala laterale molto elegante dove ci sono i tavoli che danno direttamente su Piazza Signoria e dove sognavo, se mi fossi sposata in Palazzo Vecchio, di festeggiare lì il mio matrimonio con un cappuccino insieme al marito e ai due soli testimoni. Invece è stata un'altra l'occasione da festeggiare in quella sala. In più questa volta ho avuto, non so per quale caso fortuito o segno del cielo, tutta la stanza libera per me (stranamente, cosa più unica che rara, nella sala non c'era nessun avventore) e ho chiesto che portassero al tavolino davanti al vetro che dà su Palazzo Vecchio, due flute di champagne e delle tartine. Io mi sono messa lì appiccicata al vetro a scrutare l'arrivo del Gangster, con un cuore che andava a duemila. Quando l'ho visto avvicinarsi gli sono andata incontro sulla porta, l'ho preso per mano e l'ho portato nella saletta appartata davanti ai due bicchieri di champagne, l'ho guardato dritto negli occhi e gli ho detto "Ciao babbo" e raccontato dell'esito degli analisi. Ci siamo abbracciati esultando, ci siamo tenuti stretti confondendo le lacrime di gioia, ci siamo baciati e ancora abbracciati con un impeto bellissimo che non è sfuggito neanche ai camerieri che servono ai tavolini esterni, che si sono fermati a guardare ridendo la nostra gioia. E lì abbiamo fatto il brindisi, abbiamo vaneggiato su di voi, sulla possibilità o meno che foste veramente gemelli, su tutto quello che poteva succedere che non ci importava, bastava che il sogno si avverasse.
Questo ricordo di quel giorno di due anni fa, della delicatezza con cui poi pensavo a voi e alla mia pancia, della cura che avevo nel toccarla e nel sapere che dentro veniva custodito un bene prezioso.
Per questo poi, per tornare a casa, quel giorno ho preso un taxi.

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