Ultimo giorno di asilo oggi,
ultimo giorno di quell’asilo. C’eravamo innamorati di quella struttura, io e il
Gangster, un sabato mattina d’inverno, quando lo andammo a visitare e non c’era
nessuno, solo una maestra sorridente che ci accolse e ci guidò in uno spazio
raccolto, a misura di bambini, circondato da un giardino silenzioso dove
cantavano gli uccellini. Quella fu la storia di un sogno che iniziava. Poi
iniziarono i giorni di scuola, apparvero gli altri bambini e, più che altro, le
famiglie degli altri bambini. Io mi sentivo strana ad aspettare fuori l’apertura
delle porte di quell’asilo, circondata da persone così diverse da me, che mai
avrei frequentato nella vita. Ma si sa, per i bambini siamo tutti uguali e
così, bene volentieri, li ho visti ambientarsi e cercare di fare il meglio per
affrontare questa nuova sfida della vita. Poi però il mio disagio l’ho
ritrovato anche nei bimbi, sono apparsi racconti di cattiva educazione, è
comparso un adeguamento, in peggio, dei miei bimbi alla classe. Il sorriso
delle maestre a un certo punto mi è sembrato pure falso, io mi sono molto
irrigidita nel non trovare un dialogo
sulle aspettative che avevo per quella realtà educativa sia negli altri
genitori che nelle maestre. Abbiamo tutti tirato il fiato e aspettato così, con
giorni più o meno belli e sereni, questa fine. Che è comunque una sconfitta, visto che lasciamo una scuola
pubblica. Ma per fortuna possiamo scegliere di andare altrove. Per di nuovo un nuovo inizio.
Ma questa sarà un’altra storia, per ora lasciamo iniziare le vacanze estive,
con i giorni che verranno carichi di ….. tante nuove storie
"Sono due gemelli" fu il risultato dell'ecografia. Siamo stati per tanto solo in due, adesso siamo diventati quattro: MammaPi, BabboGangster, GemellaMina, GemelloEmino
martedì 30 giugno 2015
giovedì 25 giugno 2015
Solitudini
Ieri a Quercianella, perchè il 24 giugno è un Santo giorno di festa, mi sono ritrovata triste e preoccupata, a pensare a questo nuovo senso di solitudine che mi circonda.
La mia mamma all'ospedale, quella botta di realtà che è arrivata e che mi ha fatto vedere le cose che fino ad ora non volevo vedere, quel mio sempre presente bisogno di avere da lei conforto e certezza che faccio bene e che ci si può fare, stimolo a fare e a fare ancora, come viene viene, nessuno è perfetto. Quella mancanza del suo prendermi in giro ma essere sempre dalla mia parte, quel mancarmi il suo essere contenta sempre che mi alleggeriva i giorni e che ora ritrovo solo nella mia Margherita, che quando non sa alza le spalle e mette il labbro in fuori, come a dire non so che dici, non so come si fa, ma pazienza.
Quella partenza di Valeria che fino ad ora era solo raccontata, era andata ma subito tornata, quel chiudere con lo Stibbert senza sapere quando riapriremo insieme, quel non averla in giro per le nostre chiacchiere, per sentirla dalla mia parte, per sentirla raccontare e poterle raccontare.
Questo vicinissimo arrivio di due mesi interi a Quercianella io e i gemelli, con quel ritmo sempre uguale sveglia, colazione, mare, bagno, pranzo, nanna, di nuovo mare, bagno, doccia, cena e di nuovo dormite che è tardi. Per due lunghi mesi che passano per le mie ferie ma che sono il mio vero lavoro.
Quella paura di ritrovarmi zitta senza poter raccontare a nessuno un dubbio, una conquista, una speranza, un progetto.
La mia mamma all'ospedale, quella botta di realtà che è arrivata e che mi ha fatto vedere le cose che fino ad ora non volevo vedere, quel mio sempre presente bisogno di avere da lei conforto e certezza che faccio bene e che ci si può fare, stimolo a fare e a fare ancora, come viene viene, nessuno è perfetto. Quella mancanza del suo prendermi in giro ma essere sempre dalla mia parte, quel mancarmi il suo essere contenta sempre che mi alleggeriva i giorni e che ora ritrovo solo nella mia Margherita, che quando non sa alza le spalle e mette il labbro in fuori, come a dire non so che dici, non so come si fa, ma pazienza.
Quella partenza di Valeria che fino ad ora era solo raccontata, era andata ma subito tornata, quel chiudere con lo Stibbert senza sapere quando riapriremo insieme, quel non averla in giro per le nostre chiacchiere, per sentirla dalla mia parte, per sentirla raccontare e poterle raccontare.
Questo vicinissimo arrivio di due mesi interi a Quercianella io e i gemelli, con quel ritmo sempre uguale sveglia, colazione, mare, bagno, pranzo, nanna, di nuovo mare, bagno, doccia, cena e di nuovo dormite che è tardi. Per due lunghi mesi che passano per le mie ferie ma che sono il mio vero lavoro.
Quella paura di ritrovarmi zitta senza poter raccontare a nessuno un dubbio, una conquista, una speranza, un progetto.
martedì 23 giugno 2015
Paure
Come succede nella vita, ne sono successe di cose in questi giorni. Alcune le lascio nel mio cuore, custodite come segreto prezioso solo per me, altre mi piace ricordarle e appuntarle.
Dall'ultima: ieri sera, prima di andare a letto, al solito entro in camera dei due per accarezzarli mentre dormono. Emino era da cambiare. Si sveglia ma non si sveglia, aveva in pratica solo gli occhi aperti ma si vedeva che continuava a dormire e, più che altro a sognare. A un certo punto ho visto la paura nei suoi occhi, e quella bocca in giù come quando ha così paura che non riesce a piangere (era già successo a teatro quando è entrato il lupo di Cappuccetto Rosso e all'inizio del Circo di Moira quando si sono spente le luci. In quell'occasione ho visto un bimbo improvvisamente spaventato da non riuscire a piangere) Così me lo sono abbracciato stretto, come faccio sempre in quelle occasioni, lui si è tranquillizzato e mi ha detto lui che stava sognando, come un bimbo grande.
Ma la vera novità è la scoperta che il grande cane di Quercianella, quello che abita nella casa accanto alla nostra, che ci terrorizza da sempre avventandosi verso il cancello abbaiando minaccioso tutte le volte che passiamo, e che pensavamo si chiamasse Zeus, e del quale i gemelli e, in particolare, Emanuele nutre un vero terrore, non si chiama Zeus ma Totò, perchè l'altro cane che c'è sempre in quella casa, che abbaia solo per fare festa, del quale ignoravamo il nome, è lui che si chiama Zeus. Probabilmente abbiamo sbagliato nel sentirli chiamare, confondendoli (anche se i cani sono molto diversi). Il problema però è risultato farlo capire ai bimbi. O meglio: Marghe ha capito subito che era solo successo un disguido e quindi ha compreso che da ora in avanti Zeus diventa Totò e l'amico di Zeus diventa Zeus, a Ema è stato molto più difficile capire che il suo terrore non si chiama più Zeus ma Totò e che il cane che è festoso prende il nome del cane del quale aveva paura. Tanto che ancora oggi non ho mica ben capico se lui ha capito... ma si sa, gli uomini sono molto più duri nel comprendere....
Dall'ultima: ieri sera, prima di andare a letto, al solito entro in camera dei due per accarezzarli mentre dormono. Emino era da cambiare. Si sveglia ma non si sveglia, aveva in pratica solo gli occhi aperti ma si vedeva che continuava a dormire e, più che altro a sognare. A un certo punto ho visto la paura nei suoi occhi, e quella bocca in giù come quando ha così paura che non riesce a piangere (era già successo a teatro quando è entrato il lupo di Cappuccetto Rosso e all'inizio del Circo di Moira quando si sono spente le luci. In quell'occasione ho visto un bimbo improvvisamente spaventato da non riuscire a piangere) Così me lo sono abbracciato stretto, come faccio sempre in quelle occasioni, lui si è tranquillizzato e mi ha detto lui che stava sognando, come un bimbo grande.
Ma la vera novità è la scoperta che il grande cane di Quercianella, quello che abita nella casa accanto alla nostra, che ci terrorizza da sempre avventandosi verso il cancello abbaiando minaccioso tutte le volte che passiamo, e che pensavamo si chiamasse Zeus, e del quale i gemelli e, in particolare, Emanuele nutre un vero terrore, non si chiama Zeus ma Totò, perchè l'altro cane che c'è sempre in quella casa, che abbaia solo per fare festa, del quale ignoravamo il nome, è lui che si chiama Zeus. Probabilmente abbiamo sbagliato nel sentirli chiamare, confondendoli (anche se i cani sono molto diversi). Il problema però è risultato farlo capire ai bimbi. O meglio: Marghe ha capito subito che era solo successo un disguido e quindi ha compreso che da ora in avanti Zeus diventa Totò e l'amico di Zeus diventa Zeus, a Ema è stato molto più difficile capire che il suo terrore non si chiama più Zeus ma Totò e che il cane che è festoso prende il nome del cane del quale aveva paura. Tanto che ancora oggi non ho mica ben capico se lui ha capito... ma si sa, gli uomini sono molto più duri nel comprendere....
giovedì 18 giugno 2015
Stralunato
C’è stato, per un giorno intero,
all’asilo, supplente di mattina e supplente di pomeriggio, nuove entrambe. Lunedì
sono andata a prendere i bambini all’asilo, alla fine di quella giornata e sono
stata fermata in corridoio dalla custode, che mi ha detto che Ema era stato per
tutto il giorno esagitato, tanto che lo avevano dovuto isolare. Quando sono
entrata in classe mi si è presentato un bambino stravolto, con occhi come palle
e viso gonfio. Mi si è stretto il cuore a vederlo così e me lo sono portata via
sicura che questa situazione doveva finire. Siamo andati ai soliti giardini
Stibbert, riparati dalla calca, dal sole e in compagnia di Greta e della sua
mamma, entrambe serene e tranquille che hanno avuto il potere di
tranquillizzarci tutti: Ema e Marghe giocavano con Greta a fare le torte, si è
aggiunta un’altra bambina e poi altre due gemelle e sembrava un mondo
incantato. Sì, Emino ogni tanto ci provava a sparecchiare tutto, ma in quel
clima sereno, fatto di bambini educati e ragionevoli, ha smesso anche subito e
si è ben adeguato al gioco costruttivo. Un altro bimbo era diventato, anche in
viso, quel mio bimbo che fino ad un paio di ore prima era stravolto e che
invece ci ha accompagnato tranquillo fino al fischio del guardiano, quindi alle
7 del pomeriggio, senza neanche farci accorgere accorgersi che il tempo
passava. Siamo tornati a casa con un’altra leggerezza, cena doccia e a letto. Certo
poi nella notte ci ho ripensato e quando il Gangster è tornato tardi, gli ho
raccontato l’accaduto e anche lui è rimasto colpito. Tanto che la mattina ci
siamo entrambi svegliati presto e siamo andati in camera dei bimbi per
abbracciarcelo forte, che mio bimbo combattivo e combattuto. Lui non ha saputo
spiegarci perché il giorno prima era così esagitato, neanche la sorella lo
sapeva, certo io non avevo voglia di ributtarlo in pasto ai leoni senza
difenderlo. Va detto che ero pronta anche a rimettermi in discussione, tanto
che, la prima telefonata che ho fatto la mattina è stata alla pediatra, che è donna tutta di un
pezzo, severa e giudice autoritario. Gli ho raccontato l’accaduto e lei, che
conosce i bimbi perché li ha seguiti nella crescita, mi ha urlato si levi dagli
psicologi e si levi da quella scuola. Era anche pronta, lei che i certificati
medici non li fa volentieri neanche per la broncopolmonite, a farmi un
certificato per il lavoro per tenere un po’ il bambino fuori da quel giro. Ma
no, non si scappa, mi sono detta, le paure e i problemi si affrontano, di nuovo
tutti all’asilo fino alla fine ma certo è che alla Preside qualcosa dovevo
dire, chiederle appunto che lavoro avessero fatto le maestre sul gruppo classe
che ha permesso, per un giorno intero, che il mio bambino tenesse in smacco
tutti, e rendesse così stralunato lui. Non l’ho mai trovata e forse è stato un
bene. Mi sono fatta anche un piantino con una mia collega che ha un bimbo piccolo che lo cresce con gli stessi
dettami miei, quelli che, come li chiamo io, sono “di assoluta povertà” e lei
mi ha consolato dicendo che anche il suo lo fa giocare spesso con le bimbe, che
sono più tranquille, che non lo porta in posti dove si può sovreccitare e che,
al mio racconto, aveva solo voglia di stringerlo forte, quel mio bambino e poi
che la smettessi di dire che lui è birbone, che secondo lei va solo
valorizzato, invece che sempre ripreso.
Mi acquieto un po’, anche se il
cuore è sempre dolorante. Così mi regalo una uscita anticipata dal lavoro e
vado a vedere il nuovo asilo dove i gemelli andranno dal prossimo anno. Mi
accoglie la maestra con un sorriso deciso e parole ferme, mi dice che lei è
severa ma che i bambini l’apprezzano proprio per quello, che lì si lavora molto
all’aria aperta e con la natura, si osservano le piante dell’orto, le nuvole e
lombrichi e che si punta molto all’indipendenza. Esco con una pace ritrovata
nel cuore. Certo, quando vado a riprendere i miei due scriccioli all’asilo,
chiedo alla maestra se le posso parlare, inferocita ancora per quel contenitore
senza contenuti che è quell’asilo. Lei mi dice che anche lei mi deve parlare, e
mi racconta di un Emanuele agitato da settembre, che ora, a periodi, è molto
peggiorato ma che lei ritiene che sia soprattutto stanchezza. Volano scintille,
lei si offende perché ritiene che io l’accusi di non aver fatto nulla per tutto
l’anno, io mi altero per non aver avuto contatti concreti sul problema che
Emanuele era in quella classe. Lei allora dice che Emanuele non è un problema,
è solo un bambino che sfida all’eccesso senza saper gestire la sfida. Io le
dico che sono pronta a rimettermi in discussione come mamma e come educatrice,
ma lei mi dice che non ci sono problemi di ruolo o di figure genitoriali, che
ha visto ben di peggio, che devo solo aver la pazienza che lui cresca. Certo,
non ha colto il mio dubbio su tutte le opportunità che quella classe e quindi
anche i miei bimbi hanno perso nel perdere così tempo a inquadrare i birboni,
però a lei sembrava normale con bambini così piccoli. Via, basta, capitolo
chiuso anche se lei ha detto che è disposta a parlarne con la Preside e con noi. Ce ne
andiamo tutti al campo di una mia collega, i bimbi sono felicissimi di cogliere
le susine dagli alberi e di riconoscere la frutta diversa per ogni albero, di
rotolarsi nel prato e camminare nell’erba alta come loro e far finta di essere
nel bosco. Ci facciamo tutti delle sane e grasse risate, anche quando torniamo
a casa, tanto che di premio, visto che stiamo tutti così bene, è arrivato
addirittura un gelato. Felici se lo mangiano, felici si fanno fare la doccia
dal loro babbone e, messi poi a letto, li abbiamo sentiti cantare, nel buio
della loro cameretta, fino alle 10 di sera.
Io credo, criticamente, di essere
una mamma che con Emanuele ha mollato in rigidità e, per quieto vivere, ha
chiuso con lui spesso un occhio. Tanto che mi sono scoperta poi anche, di
conseguenza, a trascurare Margherita che spesso si trova a far da sola perché devo
stare dietro al fratello. Credo anche che niente è definitivo e per caso, tanto
che Margherita, mi ha detto ieri la maestra, è all’asilo una bambina autonoma e
leader, che tiene banco, interviene e sa il fatto suo con gli amici, che mette
tutti in riga. Credo quindi che questo eccesso di indipendenza abbia, alla
fine, favorito lei e penalizzato lui. Certo è che adesso studierò nuove
strategie affinchè al mio bambino non venga attaccata una indelebile etichetta
di birbone, che è sinonimo anche di futuro asino a scuola, visto che a questa
età si lavora sulle regole e l’attenzione, fondamentali strumenti per lo
studio.
E così da oggi anzi, da ieri, si rincomincia tutto da capo. E il primo
giorno del punto e a capo, quello di ieri, è stato uno dei più felici degli
ultimi anni
venerdì 12 giugno 2015
Ritroviamo la voce
Sei nata che urlavi, con una voce
così potente che all’ospedale, nel reparto dove stavi con tutti gli altri
neonati nati pretermine, gli infermieri dicevano “basta non pianga Margherita” perché
i tuoi due chili possedevano una voce così tuonante che svegliava tutti. In
effetti ancora oggi hai quel tono caratteristico dell’urlo potente che ti è
valso, come primo soprannome, quello di MariaCallas.
Sei stata la prima che ha
gattonato, mangiato e camminato, e anche scavalcato i divisori che misi fra te
e il fratello quando ormai non potevate più dormire nella stessa culla. Lo
attaccavi e lo ciucciavi, mentre lui rimaneva stupito e piangeva così piano che
non si sentiva.
Poi lui ha imparato ad alzare la
voce insieme alle mani e tu hai imparato a non urlare più così tanto per
protestare e le botte che ricevi, spesso gratuite, te le prendi e zitta.
Ecco, ora io proprio non posso
più vederti così silenziosa. Non posso pensare che sei una bambina che subisce,
non posso pensare che hai già imparato ad ingoiare e che hai imparato che
forse, i tuoi bisogni non sono così importanti, come in fondo ci hanno abituato
a fare da sempre a noi donne.
Ti ho un po’ tenuto d’occhio, ne
ho parlato anche con il Gangster e stamani, finalmente, ne ho parlato con una
nuova amica, conosciuta per lavoro, ma che ha preso a cuore, come dice lei, i
miei gemelli, anche se non li conosce. Lei si occupa di sorveglianza di genere
e, al mio racconto di quanto la mia Marghe subisca dal fratello e, a quanto
pare, un po’ anche dalle altre amiche dell’asilo, mi ha descritto un po’ come
posso fare per intervenire. Mi ha detto che faccio bene a preoccuparmene, che
non è troppo presto ma anzi, è il momento ora che non avvalli la bocca
sigillata della bimba ma che la stimoli ad aver stima e fiducia in se stessa,
attraverso il riconoscimento e l’affermazione dei suoi bisogni. Prima cosa devo
parlare insieme ai due bambini e, con gentilezza, spiegare ad Emanuele che
picchiando la sorella le fa un dispiacere, in modo che anche per lui valga la
lezione di non far del male al prossimo e in particolare a quella prima figura
femminile con cui si rapporta, insegnando così al signorino i propri limiti e iniziarlo
con una educazione affettiva nei confronti degli altri in genere e dell’altro
sesso in particolare, che gli sarà utile in futuro. A lei devo dire che io
conosco la sua voce e che la voglio sentire, che deve imparare a esprimere i
suoi dolori, le sue frustrazioni e anche le sue gioie, che se le regole verso
le quali lei è così rispettosa sono quelle del non si picchia, quando la tua
amica del cuore però ti delude tirandoti i capelli, oppure il fratellino caro
ti strappa di mano il gioco perché lo vuole lui, si risponde non scappando, ma
si reagisce, anche picchiando, urlando e ribellandosi. Perché lei deve imparare
e riconoscere che vale e quanto vale, e avere la forza di affermarsi. Ora e in
futuro. Perché la mia Marghe ha una testa di capelli scompigliati che
incorniciano come un’aureola di fiori di campo una bimba brillante e risoluta. Che
ha il diritto di avere la sua voce.
Vai, piccola
grande guerriera mia, conquistati la tua parte di mondo.
giovedì 11 giugno 2015
Liberi di scegliere
Poi sulle differenze di genere è arrivata la rettifica che, come ogni correzione, è stata un breve messaggio whatsApp a tutti i genitori in cui si puntualizzava che il gruppo famiglia, durante la festa all'asilo, avrebbe scelto se costruire il treno o intrattenere i bambini. Ovviamente, ai fini pratici poi niente cambierà, perché la pistola con la colla e l'assemblaggio dei pezzi sarà fatto dai babbi mentre i giochi con i bimbi saranno fatti dalle mamme. Ok, però era una mia battaglia e l'ho combattuta. E perché fermarsi, mi sono detta? Così ho continuato nel chiedere perché, se per tutto l'anno i bimbi hanno lavorato sul riciclo, si proponga proprio di portare a scuola 10 bottiglie di plastica a testa, per un totale infinito quindi di bottiglie, quando il vero nemico da combattere è proprio quel meccanismo del compro l'acqua in bottiglia e poi costosamente la faccio riciclare. E poi ancora, per dirla proprio proprio tutta, che mi si permetta di concludere con un ultimo ma forse più grande problema che ho rilevato per questa organizzazione della festa: Coca Cola e Fanta portata dai genitori per pasteggiare durante la festa? Dico, ma l'educazione alimentare e la lotta all'obesità infantile non è un tema al quale la scuola dovrebbe sensibilizzare? Tutte le campagne sulla frutta e verdura a scuola, merenda con il pane e poi? Ecco, mi è stato risposto che se voglio portare delle tisane niente da eccepire, ma che dovrei adeguarmi ai voleri anche degli altri. Ho risposto che non eccepisco niente ai compleanni o in casa di altri, ma che all'interno della scuola sì proprio perché la festa di fine anno dovrebbe far parte di un percorso educativo generale. Abbiamo concluso dichiarandoci tutti amici come prima, per non innescare una lotta fra i bene e il male che lede solo il clima in cui i bimbi devono stare. Ma tanto la mia decisione di non partecipare era stata presa molto prima di tutto questo e non mi rimane altro che confermarla. Poi ieri vado a prendere i bimbi a scuola, la maestra, davanti a tutti, mi chiede come mai non porti i bimbi alla festa e vedo che tutti gli altri genitori si fermano per ascoltare la mia risposta. Non ho innescato polemiche, ho detto che non li porto e basta per scelte familiari e quasi ero tentata di dire ma via, in fondo potrei ripensarci. Poi scoppia un temporale fragoroso, che ci blocca tutti dentro la palestra della scuola. Vedo che i miei bimbi si arrampicano sulle spalliere, felici, e vedo che vengono raggiunti da altri bimbi che saltano loro in testa, senza che nessuno dica loro nulla. E lì mi chiedo di nuovo io che abbia a dividere con tale ambiente. Ne parliamo anche a lungo la sera, con il Gangster, che mi contesta un eccesso di rigidità. Secondo lui non avrei dovuto così scontrarmi ed espormi nelle mie rimostranze verso gli altri genitori se pur attraverso solo la rappresentante di classe, ma avrei dovuto essere più diplomatica e glissare sui veri motivi della nostra mancata partecipazione. Rimarco che io ci credo in quel che faccio e che sono fiera che i miei bimbi, nella cena della sera, appena conclusa, siano rimasti entusiasti per aver mangiato delle pesche succose e delle ciliegie mitiche. Quando sarà il momento berranno anche la Coca Cola e faranno tardi alle cene, a tre anni e mezzo non ritengo che sia l'età giusta per fare tutto, come dei grandi, visto che piccoli sono e hanno il diritto di esserlo e io ho il dovere di accompagnarli nella scoperta della vita, che secondo me passa per delle pesche mature, più che dai succhi di frutta e dalle bibite. Poi ancora questa mattina, mentre li accompagnavo a scuola, i gemelli mi hanno fatto vedere dove si esibiranno in una canzoncina sul riciclo, che mi hanno intonato con tanto di balletto. E lì mi è venuto ancora il dubbio se faccio bene a privarli di un momento così.
Ci ho pensato e ripensato fino a quando non ho trovato scritto questa frase: "non smettere mai di lottare in ciò in cui credi, le soddisfazioni arriveranno" e ho trovato in queste parole la risposta che mi ha acquietato la coscienza.
Allora, cari gemelli, oggi per voi niente cena fino a tardi, niente momento comunitario con gli altri bimbi e le rispettive famiglie. So che per ora vivete con leggerezza queste mie scelte, forse senza accorgervene fino in fondo, un giorno sono sicura che vi peseranno, ma sono sicura che, dopo, vi avrà dato la forza per capirle ed essere così liberi di scegliere non solo da quale parte stare o cosa mangiare o bere: il regalo più bello che sarò riuscita a fare e che mi farete è scoprirvi liberi di scegliere.
martedì 9 giugno 2015
Festa di genere, vigilanza di genere
Cara F.,
ti scrivo nella tua qualità di
rappresentante di classe, perché ho bisogno di fare
alcune considerazioni in merito alla mail che mi è arrivata ieri sull’organizzazione
della festa di fine anno dei bambini.
Leggo che per lo svolgimento
della festa è prevista una netta separazione
di lavori fra babbi e mamme, dove si prevede che il gruppo maschile si
metta all’opera per la costruzione del treno fatto di bottiglie di plastica,
mentre le mamme avranno il compito dell’accudimento dei bambini con giochi e altro.
Trovo che questa differenza di
genere sia un modalità educativa da non perseguire, in special modo poi con
bimbi della materna che hanno il loro mondo in costruzione e stanno imparando,
attraverso i genitori e gli educatori della scuola, come organizzare e formare i
loro schemi di riferimento. E, sinceramente, quello che vorrei è fare dei miei
bimbi dei cittadini liberi che possano tranquillamente esprimersi come persone,
non rimanendo ingabbiati in confini di genere. Per questo trovo che lo
schieramento che si propone per la festa, babbi a fare e le mamme ad accudire,
non rispecchi la libertà che una scuola dovrebbe insegnare. Per questo mando
questa mail anche alla Preside per
conoscenza, per che possa, insieme a noi, riflettere su questa criticità.
Sono sicura che noi tutte
sappiamo quanto sia ancora faticoso per noi donne dover dimostrare che non
siamo solo quelle che fanno e allevano i bambini, ma siamo professioniste serie
sia in casa che al lavoro. Proprio per
questo vorrei crescere i miei gemelli sollecitandoli a seguire le loro indoli,
che sono ancora in formazione ma per le quali dobbiamo avere rispetto, che sono
per Margherita guidare la ruspa e per Emanuele fare i biscotti. Cosa dico alla
festa a Margherita? Non stare con il babbo e vieni con me da un’altra parte? Cosa
dico ad Emanuele, guarda cosa fa il babbo e impara, perché è quello farai da grande, non il pasticciere? Ora
sì lo so che potremmo sempre invertirci, che una mamma che sa fare il treno può
andare ad aiutare i babbi, ma questo sarebbe comunque uno schierarsi, dover di
nuovo decidere da quale parte stare, se con i maschi o con le femmine.
A
questo proposito ricordo il DDL (18 novembre 2014) che la nostra
Vicepresidente del Senato della Repubblica, la Senatrice Valeria Fedeli,
ha sottoscritto per l’educazione di genere delle scuole del sistema
nazionale, dove parla espressamente della necessità di “sradicare i
pregiudizi” sui ruoli di genere.
Mi piace, a questo proposito, riportare anche le parole che si leggono sul suo sito ufficiale, dove afferma che «Ciò
di cui abbiamo più bisogno è un profondo cambiamento culturale, a
partire dall’educazione, che è l’unico strumento che abbiamo per
contrastare gli stereotipi,[…] L’uso degli stereotipi di genere
produce una rappresentazione rigida e distorta della realtà, che si basa
su ciò che ci aspettiamo dalle donne e dagli uomini».
Per
questo, sono convinta sia necessario che tutti e tutte ci impegniamo
contro gli stereotipi a partire dall’infanzia, regalando a ciascuno e
ciascuna, senza steccati, la possibilità di esperirsi ed essere se
stesso e se stessa: mi piace salutarvi ricordando la frase di Virginia
Woolf, che ha lottato contro gli stereotipi in libri bellissimi, che
affermò: «Continuerò ad azzardare, a cambiare, ad aprire la mente e gli
occhi rifiutando di lasciarmi incasellare e stereotipizzare. Ciò che
conta è liberare il proprio io: lasciare che trovi le sue dimensioni»
Spero
che tu la metta all’ordine del giorno nella prossima riunione questa mia riflessione per favorire una prima riflessione sul
tema, per il quale ancora, come vedi, di strade ce n’è da fare.
P.
lunedì 8 giugno 2015
Due caramelline
Il caldo improvviso ci ha colto
impreparati e così mi sono vista costretta a mettere ai gemelli i pantaloni
corti con le scarpe a “gabbietta”, quella specie di incrocio fra scarpe e
sandali che sono praticamente delle scarpe con delle aperture laterali ma con
la punta chiusa. Per quanto belline
erano con i calzini e con i pantaloni lunghi, ora uuuu brutte senza calzini e
con i pantaloni corti! Si vedevano quattro gambette magre che spuntavano da
quei pantaloni corti che finivano in due piedi enormi. No e no, i miei bimbi
così non li potevo vedere. E così, anche se nel mio planning da perfetta
shoppingista dei saldi si prevedeva l’acquisto dei sandali per i gemelli solo a
fine mese, con l’apertura anticipata dei saldi estivi, non ho potuto aspettare
e via, operazione sandalo è partita, eseguita e conclusa alla perfezione in un
solo pomeriggio. Certo, c’è da dire che ho pure stressato un po’ il Gangster,
che si era da prima rifiutato di andare a comprare i sandali ai bimbi in
centro, fra un appuntamento di lavoro e un altro, mentre io mi ero subito messa
all’attacco e, nel giro di un’ora, ho trovato un paio di sandalini blu e
arancio con le luci per il mio Emino in un negozio vicino a casa dove però, per
la mia Marghetta non mi piaceva niente. Così ho stordito il Gangster di
messaggi e l’ho convinto a comprare i sandali anche a lei, come da foto che gli
avevo allegate. Peccato che le indicazioni del catalogo date al marito non
corrispondano poi ai sandali che ha comprato, peccato anche che solo dopo che
lui aveva comprato quei sandali mi sia ricordata che ne avevo già comprato un
paio per lei ai saldi scorsi e che le calzavano alla perfezione, però peccato
per niente che così il mio fiorellino bianco si troverà ad avere un paio di
sandalini bianchi con le perline di mille colori e un altro paio argento con i
cuori da esibire entrambi. Ma d’altra parte così li voglio, i miei bimbi,
sempre a posto. Non a caso i custudi dell’asilo li chiamano le due Caramelline,
quando li vedono, perché sono sempre colorati e curati.
venerdì 5 giugno 2015
Piccolo Gangster
Si è capito da subito, fin da
piccolo, che a lui le ragazze piacciono proprio. Aveva pochi mesi e già
sorrideva alle bimbe bionde, alle giovani commesse che gli facevano i
complimenti, ma anche alle avvenenti signore. Poi certo, ha passato anche la
fase in cui le bimbe le picchiava, ma solo quando veniva lui picchiato dai più
grandi e quindi si sentiva in dovere di rivalersi su qualcuno e chi se non una
dolce bimba?
Zitto zitto l’ho scoperto poi,
con un cellulare giocattolo, ad appartarsi in un angolo della casa per
telefonare a Greta, una sua compagna del corso di Scuola di Circo e, una volta
che siamo passati davanti a casa della bimba, mi ha chiesto di telefonare alla
sua mamma per sentire se Greta fosse malata o se poteva venire al giardino
davanti a casa sua a giocare. Ovviamente con la mamma di Greta, che è un’amica,
ci siamo fatte delle grosse risate, soprattutto perché i due sono molto
diversi. Poi siamo tornati a Quercianella nel lungo weekend scorso, e lì ha
ritrovato un’amichetta, anche lei si chiama Margherita, e l’ha circuita subito, o quasi. Stranamente, cosa che invece
anno scorso era quasi un dovere da parte sua, non l’ha mai picchiata, non le ha
strappato i giochi ma anzi, a fine vacanzina, l’ha presa per mano e l’ha
portata al molo a vedere le barche, trascinandosela dietro, con quella sua
manona forte che teneva stretta quella manino piccola della bimba, in una lunga
camminata a vedere in quale barca l’avrebbe portata in futuro. Ovviamente noi
mamme eravamo lì dietro, e la mamma di lei ha pure fatto un video che rimarrà
storico. Ora, per me finiva lì, ma poi io quel video l’ho mandato alla mia amica LGP e
quando mercoledì sera ci siamo viste per il nostro appuntamento cinema, lei mi
ha fatto tutte le sue considerazioni a seguito di lungo studio effettuato sul
video. Mi ha detto che è fortunata a chi tocca Ema, perché lui si vede che è il
classico uomo che tutte sognamo , il tipo“ci penso io”. Difatti tiene la bimba
stretta per mano, la porta sicuro dove deve essere portata, prende rapide
decisioni e sceglie il meglio per lei, senza lasciare tempo alla bimba di
discutere. E la cosa bella, riguardando quel video con occhi “da studio” ho
visto che sono tutte considerazioni giuste, che il mio ometto guida quella
bimba innamorata e la porta sicuro dove
lui ha deciso che devono andare, con uno sguardo dritto avanti senza
possibilità di errore. E che posso aggiungere alla certezza che sarà fortunata a chi ti toccherà se non un
tutto il suo babbo?
mercoledì 3 giugno 2015
Fatto e fatto bene
Abbiamo aperto questi ultimi
quattro giorni di mare, con uno scenario inquietante: sabato mattina, tutti
riuniti a Quercianella, proviamo una delle prime divisioni. Sicura di far del
bene, prendo una Marghe recalcitrante e quasi la costringo a venire con me, da
sola, dalla parrucchiera, per un restyling congiunto mamma figlia. Lei non ne
voleva sapere di lasciare il fratello a casa con il babbo, ha iniziato a dire
non voglio e, trascinata fuori casa da me, ha pianto per tutto il viaggio
urlando voglio andare a casa. Poi, per fortuna, ci siamo fermate a fare
colazione al bar davanti al mare, abbiamo fatto pace davanti ad una brioche da
condividere e, pace fatta, abbiamo passato qualche ora a fare “roba da femmine”
o meglio, a farci domare le rispettive criniere.
La separazione a quanto pare non
ha indispettito solo lei, ma anche il fratello, forse disturbato da questo
cambiamento, ce lo siamo ritrovato nervoso e birbone come non mai e, per tutto
il giorno, passato a festeggiare degli zii del Gangster che festeggiavano 50
anni di matrimonio, ci ha fatto dannare. Il Gangster, da vero uomo di cuore quale
ogni tanto si contraddistingue, ha
tirato fuori la sua frase d’effetto: non
vorrei essere te questa estate, che mi ha fatto, al solito tanto
innervosire, visto che dimostrava che a lui la furia dei suoi figli non lo
riguarda e che l’accudimento estivo dei gemelli fosse solo un mio problema.
Il giorno dopo prova del fuoco,
con il primo giorno di mare. Ritroviamo amici e compagni di ombrellone, ci sono
i saluti e c’è l’emozione di ritrovare i giochi da spiaggia e riscoprire il
mare. Mai visto i gemelli più buoni. Tanto che il Gangster quasi me li ruba, se
li porta da solo a fare il bagno e mi permette di tornare in spiaggia nel
pomeriggio quando tutti dormono mentre lui aspetta a casa che i due si
sveglino. Facciamo addirittura tutti insieme l’aperitivo sulla spiaggia, noi
con i bicchieri grandi e loro con i bicchieri piccoli, felici tutti di
condividere un momento così divertente insieme. Ovviamente il marito cambia
versione della sentenza del giorno prima e oggi mi dice: quest’anno
vedrai come te la godi con loro, si guardano praticamente da soli. Anzi,
aggiunge, potresti pure fare a meno della baby sitter. Siiii dico io,
immaginati!
I giorni passano, diventano tre
giorni di mare, dove è vero che forse potrei fare a meno della baby sitter, perché
fanno il bagno in mare da soli, la doccia quasi da soli, mangiano da soli e si
spogliano e si rivestono da soli, ma luglio e agosto da passare interamente al
mare con i due sono lunghi e quindi
aspettiamo a prendere decisioni affrettate….
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