martedì 30 giugno 2015

Fine della storia



Ultimo giorno di asilo oggi, ultimo giorno di quell’asilo. C’eravamo innamorati di quella struttura, io e il Gangster, un sabato mattina d’inverno, quando lo andammo a visitare e non c’era nessuno, solo una maestra sorridente che ci accolse e ci guidò in uno spazio raccolto, a misura di bambini, circondato da un giardino silenzioso dove cantavano gli uccellini. Quella fu la storia di un sogno che iniziava. Poi iniziarono i giorni di scuola, apparvero gli altri bambini e, più che altro, le famiglie degli altri bambini. Io mi sentivo strana ad aspettare fuori l’apertura delle porte di quell’asilo, circondata da persone così diverse da me, che mai avrei frequentato nella vita. Ma si sa, per i bambini siamo tutti uguali e così, bene volentieri, li ho visti ambientarsi e cercare di fare il meglio per affrontare questa nuova sfida della vita. Poi però il mio disagio l’ho ritrovato anche nei bimbi, sono apparsi racconti di cattiva educazione, è comparso un adeguamento, in peggio, dei miei bimbi alla classe. Il sorriso delle maestre a un certo punto mi è sembrato pure falso, io mi sono molto irrigidita  nel non trovare un dialogo sulle aspettative che avevo per quella realtà educativa sia negli altri genitori che nelle maestre. Abbiamo tutti tirato il fiato e aspettato così, con giorni più o meno belli e sereni, questa fine. Che è comunque una  sconfitta, visto che lasciamo una scuola pubblica. Ma per fortuna possiamo scegliere di  andare altrove. Per di nuovo un nuovo inizio. Ma questa sarà un’altra storia, per ora lasciamo iniziare le vacanze estive, con i giorni che verranno carichi di …..  tante nuove storie

giovedì 25 giugno 2015

Solitudini

Ieri a Quercianella, perchè il 24 giugno è un Santo giorno di festa, mi sono ritrovata triste e preoccupata, a pensare a questo nuovo senso di solitudine che mi circonda.
La mia mamma all'ospedale, quella botta di realtà che è arrivata e che mi ha fatto vedere le cose che fino ad ora non volevo vedere, quel mio sempre presente bisogno di avere da lei conforto e certezza che faccio bene e che ci si può fare, stimolo a fare e a fare ancora, come viene viene, nessuno è perfetto. Quella mancanza del suo prendermi in giro ma essere sempre dalla mia parte, quel mancarmi il suo essere contenta sempre che mi alleggeriva i giorni e che ora ritrovo solo nella mia Margherita, che quando non sa alza le spalle e mette il labbro in fuori, come a dire non so che dici, non so come si fa, ma pazienza.
Quella partenza di Valeria che fino ad ora era solo raccontata, era andata ma subito tornata, quel chiudere con lo Stibbert senza sapere quando riapriremo insieme, quel non averla in giro per le nostre chiacchiere, per sentirla dalla mia parte, per sentirla raccontare e poterle raccontare.
Questo vicinissimo arrivio di due mesi interi a Quercianella io e i gemelli, con quel ritmo sempre uguale sveglia, colazione, mare, bagno, pranzo, nanna, di nuovo mare, bagno, doccia, cena e di nuovo dormite che è tardi. Per due lunghi mesi che passano per le mie ferie ma che sono il mio vero lavoro.
Quella paura di ritrovarmi zitta senza poter raccontare a nessuno un dubbio, una conquista, una speranza, un progetto.

martedì 23 giugno 2015

Paure

Come succede nella vita, ne sono successe di cose in questi giorni. Alcune le lascio nel mio cuore, custodite come segreto prezioso solo per me, altre mi piace ricordarle e appuntarle.
Dall'ultima: ieri sera, prima di andare a letto, al solito entro in camera dei due per accarezzarli mentre dormono. Emino era da cambiare. Si sveglia ma non si sveglia, aveva in pratica solo gli occhi aperti ma si vedeva che continuava a dormire e, più che altro a sognare. A un certo punto ho visto la paura nei suoi occhi, e quella bocca in giù come quando ha così paura che non riesce a piangere (era   già successo a teatro quando è entrato il lupo di Cappuccetto Rosso e all'inizio del Circo di Moira quando si sono spente le luci. In quell'occasione ho visto un bimbo improvvisamente spaventato da non riuscire a piangere) Così me lo sono abbracciato stretto, come faccio sempre in quelle occasioni,  lui si è tranquillizzato e mi ha detto lui che stava sognando, come un bimbo grande.
Ma la vera novità è la scoperta che il grande cane di Quercianella, quello che abita nella casa accanto alla nostra, che ci terrorizza da sempre avventandosi verso il cancello abbaiando minaccioso tutte le volte che passiamo, e che pensavamo si chiamasse Zeus, e del quale i gemelli e, in particolare, Emanuele nutre un vero terrore, non si chiama Zeus ma Totò, perchè l'altro cane che c'è sempre in quella casa, che abbaia solo per fare festa, del quale ignoravamo il nome, è lui che si chiama Zeus. Probabilmente abbiamo sbagliato nel sentirli chiamare, confondendoli (anche se i cani sono molto diversi). Il problema però è risultato farlo capire ai bimbi. O meglio: Marghe ha capito subito che era solo successo un disguido e quindi ha compreso che da ora in avanti Zeus diventa Totò e l'amico di Zeus diventa Zeus, a Ema è stato molto più difficile capire che il suo terrore non si chiama più Zeus ma Totò e che il cane che è festoso prende il nome del cane del quale aveva paura. Tanto che ancora oggi non ho mica ben capico se lui ha capito... ma si sa, gli uomini sono molto più duri nel comprendere....

giovedì 18 giugno 2015

Stralunato



C’è stato, per un giorno intero, all’asilo, supplente di mattina e supplente di pomeriggio, nuove entrambe. Lunedì sono andata a prendere i bambini all’asilo, alla fine di quella giornata e sono stata fermata in corridoio dalla custode, che mi ha detto che Ema era stato per tutto il giorno esagitato, tanto che lo avevano dovuto isolare. Quando sono entrata in classe mi si è presentato un bambino stravolto, con occhi come palle e viso gonfio. Mi si è stretto il cuore a vederlo così e me lo sono portata via sicura che questa situazione doveva finire. Siamo andati ai soliti giardini Stibbert, riparati dalla calca, dal sole e in compagnia di Greta e della sua mamma, entrambe serene e tranquille che hanno avuto il potere di tranquillizzarci tutti: Ema e Marghe giocavano con Greta a fare le torte, si è aggiunta un’altra bambina e poi altre due gemelle e sembrava un mondo incantato. Sì, Emino ogni tanto ci provava a sparecchiare tutto, ma in quel clima sereno, fatto di bambini educati e ragionevoli, ha smesso anche subito e si è ben adeguato al gioco costruttivo. Un altro bimbo era diventato, anche in viso, quel mio bimbo che fino ad un paio di ore prima era stravolto e che invece ci ha accompagnato tranquillo fino al fischio del guardiano, quindi alle 7 del pomeriggio, senza neanche farci accorgere accorgersi che il tempo passava. Siamo tornati a casa con un’altra leggerezza, cena doccia e a letto. Certo poi nella notte ci ho ripensato e quando il Gangster è tornato tardi, gli ho raccontato l’accaduto e anche lui è rimasto colpito. Tanto che la mattina ci siamo entrambi svegliati presto e siamo andati in camera dei bimbi per abbracciarcelo forte, che mio bimbo combattivo e combattuto. Lui non ha saputo spiegarci perché il giorno prima era così esagitato, neanche la sorella lo sapeva, certo io non avevo voglia di ributtarlo in pasto ai leoni senza difenderlo. Va detto che ero pronta anche a rimettermi in discussione, tanto che, la prima telefonata che ho fatto la mattina  è stata alla pediatra, che è donna tutta di un pezzo, severa e giudice autoritario. Gli ho raccontato l’accaduto e lei, che conosce i bimbi perché li ha seguiti nella crescita, mi ha urlato si levi dagli psicologi e si levi da quella scuola. Era anche pronta, lei che i certificati medici non li fa volentieri neanche per la broncopolmonite, a farmi un certificato per il lavoro per tenere un po’ il bambino fuori da quel giro. Ma no, non si scappa, mi sono detta, le paure e i problemi si affrontano, di nuovo tutti all’asilo fino alla fine ma certo è che alla Preside qualcosa dovevo dire, chiederle appunto che lavoro avessero fatto le maestre sul gruppo classe che ha permesso, per un giorno intero, che il mio bambino tenesse in smacco tutti, e rendesse così stralunato lui. Non l’ho mai trovata e forse è stato un bene. Mi sono fatta anche un piantino con una mia collega che ha un  bimbo piccolo che lo cresce con gli stessi dettami miei, quelli che, come li chiamo io, sono “di assoluta povertà” e lei mi ha consolato dicendo che anche il suo lo fa giocare spesso con le bimbe, che sono più tranquille, che non lo porta in posti dove si può sovreccitare e che, al mio racconto, aveva solo voglia di stringerlo forte, quel mio bambino e poi che la smettessi di dire che lui è birbone, che secondo lei va solo valorizzato, invece che sempre ripreso.
Mi acquieto un po’, anche se il cuore è sempre dolorante. Così mi regalo una uscita anticipata dal lavoro e vado a vedere il nuovo asilo dove i gemelli andranno dal prossimo anno. Mi accoglie la maestra con un sorriso deciso e parole ferme, mi dice che lei è severa ma che i bambini l’apprezzano proprio per quello, che lì si lavora molto all’aria aperta e con la natura, si osservano le piante dell’orto, le nuvole e lombrichi e che si punta molto all’indipendenza. Esco con una pace ritrovata nel cuore. Certo, quando vado a riprendere i miei due scriccioli all’asilo, chiedo alla maestra se le posso parlare, inferocita ancora per quel contenitore senza contenuti che è quell’asilo. Lei mi dice che anche lei mi deve parlare, e mi racconta di un Emanuele agitato da settembre, che ora, a periodi, è molto peggiorato ma che lei ritiene che sia soprattutto stanchezza. Volano scintille, lei si offende perché ritiene che io l’accusi di non aver fatto nulla per tutto l’anno, io mi altero per non aver avuto contatti concreti sul problema che Emanuele era in quella classe. Lei allora dice che Emanuele non è un problema, è solo un bambino che sfida all’eccesso senza saper gestire la sfida. Io le dico che sono pronta a rimettermi in discussione come mamma e come educatrice, ma lei mi dice che non ci sono problemi di ruolo o di figure genitoriali, che ha visto ben di peggio, che devo solo aver la pazienza che lui cresca. Certo, non ha colto il mio dubbio su tutte le opportunità che quella classe e quindi anche i miei bimbi hanno perso nel perdere così tempo a inquadrare i birboni, però a lei sembrava normale con bambini così piccoli. Via, basta, capitolo chiuso anche se lei ha detto che è disposta a parlarne con la Preside e con noi. Ce ne andiamo tutti al campo di una mia collega, i bimbi sono felicissimi di cogliere le susine dagli alberi e di riconoscere la frutta diversa per ogni albero, di rotolarsi nel prato e camminare nell’erba alta come loro e far finta di essere nel bosco. Ci facciamo tutti delle sane e grasse risate, anche quando torniamo a casa, tanto che di premio, visto che stiamo tutti così bene, è arrivato addirittura un gelato. Felici se lo mangiano, felici si fanno fare la doccia dal loro babbone e, messi poi a letto, li abbiamo sentiti cantare, nel buio della loro cameretta, fino alle 10 di sera.
Io credo, criticamente, di essere una mamma che con Emanuele ha mollato in rigidità e, per quieto vivere, ha chiuso con lui spesso un occhio. Tanto che mi sono scoperta poi anche, di conseguenza, a trascurare Margherita che spesso si trova a far da sola perché devo stare dietro al fratello. Credo anche che niente è definitivo e per caso, tanto che Margherita, mi ha detto ieri la maestra, è all’asilo una bambina autonoma e leader, che tiene banco, interviene e sa il fatto suo con gli amici, che mette tutti in riga. Credo quindi che questo eccesso di indipendenza abbia, alla fine, favorito lei e penalizzato lui. Certo è che adesso studierò nuove strategie affinchè al mio bambino non venga attaccata una indelebile etichetta di birbone, che è sinonimo anche di futuro asino a scuola, visto che a questa età si lavora sulle regole e l’attenzione, fondamentali strumenti per lo studio.
E così da oggi anzi, da ieri, si rincomincia tutto da capo. E il primo giorno del punto e a capo, quello di ieri, è stato uno dei più felici degli ultimi anni

venerdì 12 giugno 2015

Ritroviamo la voce



Sei nata che urlavi, con una voce così potente che all’ospedale, nel reparto dove stavi con tutti gli altri neonati nati pretermine, gli infermieri dicevano “basta non pianga Margherita” perché i tuoi due chili possedevano una voce così tuonante che svegliava tutti. In effetti ancora oggi hai quel tono caratteristico dell’urlo potente che ti è valso, come primo soprannome, quello di MariaCallas.
Sei stata la prima che ha gattonato, mangiato e camminato, e anche scavalcato i divisori che misi fra te e il fratello quando ormai non potevate più dormire nella stessa culla. Lo attaccavi e lo ciucciavi, mentre lui rimaneva stupito e piangeva così piano che non si sentiva.
Poi lui ha imparato ad alzare la voce insieme alle mani e tu hai imparato a non urlare più così tanto per protestare e le botte che ricevi, spesso gratuite, te le prendi e zitta.
Ecco, ora io proprio non posso più vederti così silenziosa. Non posso pensare che sei una bambina che subisce, non posso pensare che hai già imparato ad ingoiare e che hai imparato che forse, i tuoi bisogni non sono così importanti, come in fondo ci hanno abituato a fare da sempre a noi donne.
Ti ho un po’ tenuto d’occhio, ne ho parlato anche con il Gangster e stamani, finalmente, ne ho parlato con una nuova amica, conosciuta per lavoro, ma che ha preso a cuore, come dice lei, i miei gemelli, anche se non li conosce. Lei si occupa di sorveglianza di genere e, al mio racconto di quanto la mia Marghe subisca dal fratello e, a quanto pare, un po’ anche dalle altre amiche dell’asilo, mi ha descritto un po’ come posso fare per intervenire. Mi ha detto che faccio bene a preoccuparmene, che non è troppo presto ma anzi, è il momento ora che non avvalli la bocca sigillata della bimba ma che la stimoli ad aver stima e fiducia in se stessa, attraverso il riconoscimento e l’affermazione dei suoi bisogni. Prima cosa devo parlare insieme ai due bambini e, con gentilezza, spiegare ad Emanuele che picchiando la sorella le fa un dispiacere, in modo che anche per lui valga la lezione di non far del male al prossimo e in particolare a quella prima figura femminile con cui si rapporta, insegnando così al signorino i propri limiti e iniziarlo con una educazione affettiva nei confronti degli altri in genere e dell’altro sesso in particolare, che gli sarà utile in futuro. A lei devo dire che io conosco la sua voce e che la voglio sentire, che deve imparare a esprimere i suoi dolori, le sue frustrazioni e anche le sue gioie, che se le regole verso le quali lei è così rispettosa sono quelle del non si picchia, quando la tua amica del cuore però ti delude tirandoti i capelli, oppure il fratellino caro ti strappa di mano il gioco perché lo vuole lui, si risponde non scappando, ma si reagisce, anche picchiando, urlando e ribellandosi. Perché lei deve imparare e riconoscere che vale e quanto vale, e avere la forza di affermarsi. Ora e in futuro. Perché la mia Marghe ha una testa di capelli scompigliati che incorniciano come un’aureola di fiori di campo una bimba brillante e risoluta. Che ha il diritto di avere la sua voce.
Vai, piccola grande guerriera mia, conquistati la tua parte di mondo.                               

giovedì 11 giugno 2015

Liberi di scegliere

Poi sulle differenze di genere è arrivata la rettifica che, come ogni correzione, è  stata un breve messaggio whatsApp a tutti i genitori in cui si puntualizzava che il gruppo famiglia, durante la festa all'asilo, avrebbe scelto se costruire il treno o intrattenere i bambini.  Ovviamente, ai fini pratici poi niente cambierà, perché la pistola con la colla e l'assemblaggio dei pezzi sarà fatto dai babbi mentre i giochi con i bimbi saranno fatti dalle mamme. Ok, però era una mia battaglia e l'ho combattuta. E perché fermarsi, mi sono detta? Così ho continuato nel chiedere perché, se per tutto l'anno i bimbi hanno lavorato sul riciclo, si proponga proprio di portare a scuola 10 bottiglie di plastica a testa, per un totale infinito quindi di bottiglie, quando il vero nemico da combattere è proprio quel meccanismo del compro l'acqua in bottiglia e poi costosamente la faccio riciclare. E poi ancora, per dirla proprio proprio tutta, che mi si permetta di concludere con un ultimo ma forse più grande problema che ho rilevato per questa organizzazione della festa: Coca Cola e Fanta portata dai genitori per pasteggiare durante la festa? Dico, ma l'educazione alimentare e la lotta all'obesità infantile non è un tema al quale la scuola dovrebbe sensibilizzare? Tutte le campagne sulla frutta e verdura a scuola, merenda con il pane e poi? Ecco, mi è stato risposto che se voglio portare delle tisane niente da eccepire, ma che dovrei adeguarmi ai voleri anche degli altri. Ho risposto che non eccepisco niente ai compleanni o in casa di altri, ma che all'interno della scuola sì proprio perché la festa di fine anno dovrebbe far parte di un percorso educativo generale. Abbiamo concluso dichiarandoci tutti amici come prima, per non innescare una lotta fra i bene e il male che lede solo il clima in cui i bimbi devono stare. Ma tanto la mia decisione di non partecipare era stata presa molto prima di tutto questo e non mi rimane altro che confermarla. Poi ieri vado a prendere i bimbi a scuola, la maestra, davanti a tutti, mi chiede come mai non porti i bimbi alla festa e vedo che tutti gli altri genitori si fermano per ascoltare la mia risposta. Non ho innescato polemiche, ho detto che non li porto e basta per scelte familiari e quasi ero tentata di dire ma via, in fondo potrei ripensarci. Poi scoppia un temporale fragoroso, che ci blocca tutti dentro la palestra della scuola. Vedo che i miei bimbi si arrampicano sulle spalliere, felici, e vedo che vengono raggiunti da altri bimbi che saltano loro in testa, senza che nessuno dica loro nulla. E lì mi chiedo di nuovo io che abbia a dividere con tale ambiente. Ne parliamo anche a lungo la sera, con il Gangster, che mi contesta un eccesso di rigidità. Secondo lui non avrei dovuto così scontrarmi ed espormi nelle mie rimostranze verso gli altri genitori se pur attraverso solo la rappresentante di classe,  ma avrei dovuto essere più diplomatica e glissare sui veri motivi della nostra mancata partecipazione. Rimarco che io ci credo in quel che faccio e che sono fiera che i miei bimbi, nella cena della sera, appena conclusa, siano rimasti entusiasti per aver mangiato delle pesche succose e delle ciliegie mitiche. Quando sarà il momento berranno anche la Coca Cola e faranno tardi alle cene, a tre anni e mezzo non ritengo che sia l'età giusta per fare tutto, come dei grandi, visto che piccoli sono e hanno il diritto di esserlo e io ho il dovere di accompagnarli nella scoperta della vita, che secondo me passa per delle pesche mature, più che dai succhi di frutta e dalle bibite. Poi ancora questa mattina, mentre li accompagnavo a scuola, i gemelli mi hanno fatto vedere dove si esibiranno in una canzoncina sul riciclo, che mi hanno intonato con tanto di balletto. E lì mi è venuto ancora il dubbio se faccio bene a privarli di un momento così. 
Ci ho pensato e ripensato fino a quando non ho trovato scritto questa frase: "non smettere mai di lottare in ciò in cui credi, le soddisfazioni arriveranno" e ho trovato in queste parole la risposta che mi ha acquietato la coscienza.
Allora, cari gemelli, oggi per voi niente cena fino a tardi, niente momento comunitario con gli altri bimbi e le rispettive famiglie. So che per ora vivete con leggerezza queste mie scelte, forse senza accorgervene fino in fondo, un giorno sono sicura che vi peseranno, ma sono sicura che, dopo, vi avrà dato la forza per capirle ed essere così liberi di scegliere non solo  da quale parte stare o cosa mangiare o bere: il regalo più bello che sarò riuscita a fare e che mi farete è scoprirvi liberi di scegliere.

martedì 9 giugno 2015

Festa di genere, vigilanza di genere

Cara F.,
ti scrivo nella tua qualità di rappresentante di classe, perché ho bisogno di fare alcune considerazioni in merito alla mail che mi è arrivata ieri sull’organizzazione della festa di fine anno dei bambini.
Leggo che per lo svolgimento della festa  è prevista una netta separazione di lavori fra babbi e mamme, dove si prevede che il gruppo maschile si metta all’opera per la costruzione del treno fatto di bottiglie di plastica, mentre le mamme avranno il compito dell’accudimento dei bambini con giochi e altro.
Trovo che questa differenza di genere sia un modalità educativa da non perseguire, in special modo poi con bimbi della materna che hanno il loro mondo in costruzione e stanno imparando, attraverso i genitori e gli educatori della scuola, come organizzare e formare i loro schemi di riferimento. E, sinceramente, quello che vorrei è fare dei miei bimbi dei cittadini liberi che possano tranquillamente esprimersi come persone, non rimanendo ingabbiati in confini di genere. Per questo trovo che lo schieramento che si propone per la festa, babbi a fare e le mamme ad accudire, non rispecchi la libertà che una scuola dovrebbe insegnare. Per questo mando questa mail  anche alla Preside per conoscenza, per che possa, insieme a noi, riflettere su questa criticità.
Sono sicura che noi tutte sappiamo quanto sia ancora faticoso per noi donne dover dimostrare che non siamo solo quelle che fanno e allevano i bambini, ma siamo professioniste serie sia in casa che al lavoro. Proprio  per questo vorrei crescere i miei gemelli sollecitandoli a seguire le loro indoli, che sono ancora in formazione ma per le quali dobbiamo avere rispetto, che sono per Margherita guidare la ruspa e per Emanuele fare i biscotti. Cosa dico alla festa a Margherita? Non stare con il babbo e vieni con me da un’altra parte? Cosa dico ad Emanuele, guarda cosa fa il babbo e impara, perché è  quello farai da grande, non il pasticciere? Ora sì lo so che potremmo sempre invertirci, che una mamma che sa fare il treno può andare ad aiutare i babbi, ma questo sarebbe comunque uno schierarsi, dover di nuovo decidere da quale parte stare, se con i maschi o con le femmine.
A questo proposito ricordo il DDL (18 novembre 2014)  che la nostra Vicepresidente del Senato della Repubblica, la Senatrice Valeria Fedeli, ha sottoscritto per l’educazione di genere delle scuole del sistema nazionale, dove parla espressamente della necessità di “sradicare i pregiudizi” sui ruoli di genere. 
Mi piace, a questo proposito, riportare anche le parole che si leggono sul suo sito ufficiale, dove afferma che «Ciò di cui abbiamo più bisogno è un profondo cambiamento culturale, a partire dall’educazione, che è l’unico strumento che abbiamo per contrastare gli stereotipi,[…] L’uso degli stereotipi di genere produce una rappresentazione rigida e distorta della realtà, che si basa su ciò che ci aspettiamo dalle donne e dagli uomini». 
Per questo, sono convinta sia necessario che tutti e tutte ci impegniamo contro gli stereotipi a partire dall’infanzia, regalando a ciascuno e ciascuna, senza steccati, la possibilità di esperirsi ed essere se stesso e se stessa: mi piace salutarvi ricordando la frase di Virginia Woolf, che ha lottato contro gli stereotipi in libri bellissimi, che affermò: «Continuerò ad azzardare, a cambiare, ad aprire la mente e gli occhi rifiutando di lasciarmi incasellare e stereotipizzare. Ciò che conta è liberare il proprio io: lasciare che trovi le sue dimensioni»
Spero che tu la metta all’ordine del giorno nella prossima riunione questa mia riflessione per favorire una prima riflessione sul tema, per il quale ancora, come vedi, di strade ce n’è da fare.
P.

lunedì 8 giugno 2015

Due caramelline



Il caldo improvviso ci ha colto impreparati e così mi sono vista costretta a mettere ai gemelli i pantaloni corti con le scarpe a “gabbietta”, quella specie di incrocio fra scarpe e sandali che sono praticamente delle scarpe con delle aperture laterali ma con la punta chiusa.  Per quanto belline erano con i calzini e con i pantaloni lunghi, ora uuuu brutte senza calzini e con i pantaloni corti! Si vedevano quattro gambette magre che spuntavano da quei pantaloni corti che finivano in due piedi enormi. No e no, i miei bimbi così non li potevo vedere. E così, anche se nel mio planning da perfetta shoppingista dei saldi si prevedeva l’acquisto dei sandali per i gemelli solo a fine mese, con l’apertura anticipata dei saldi estivi, non ho potuto aspettare e via, operazione sandalo è partita, eseguita e conclusa alla perfezione in un solo pomeriggio. Certo, c’è da dire che ho pure stressato un po’ il Gangster, che si era da prima rifiutato di andare a comprare i sandali ai bimbi in centro, fra un appuntamento di lavoro e un altro, mentre io mi ero subito messa all’attacco e, nel giro di un’ora, ho trovato un paio di sandalini blu e arancio con le luci per il mio Emino in un negozio vicino a casa dove però, per la mia Marghetta non mi piaceva niente. Così ho stordito il Gangster di messaggi e l’ho convinto a comprare i sandali anche a lei, come da foto che gli avevo allegate. Peccato che le indicazioni del catalogo date al marito non corrispondano poi ai sandali che ha comprato, peccato anche che solo dopo che lui aveva comprato quei sandali mi sia ricordata che ne avevo già comprato un paio per lei ai saldi scorsi e che le calzavano alla perfezione, però peccato per niente che così il mio fiorellino bianco si troverà ad avere un paio di sandalini bianchi con le perline di mille colori e un altro paio argento con i cuori da esibire entrambi. Ma d’altra parte così li voglio, i miei bimbi, sempre a posto. Non a caso i custudi dell’asilo li chiamano le due Caramelline, quando li vedono, perché sono sempre colorati e curati.

venerdì 5 giugno 2015

Piccolo Gangster



Si è capito da subito, fin da piccolo, che a lui le ragazze piacciono proprio. Aveva pochi mesi e già sorrideva alle bimbe bionde, alle giovani commesse che gli facevano i complimenti, ma anche alle avvenenti signore. Poi certo, ha passato anche la fase in cui le bimbe le picchiava, ma solo quando veniva lui picchiato dai più grandi e quindi si sentiva in dovere di rivalersi su qualcuno e chi se non una dolce bimba?
Zitto zitto l’ho scoperto poi, con un cellulare giocattolo, ad appartarsi in un angolo della casa per telefonare a Greta, una sua compagna del corso di Scuola di Circo e, una volta che siamo passati davanti a casa della bimba, mi ha chiesto di telefonare alla sua mamma per sentire se Greta fosse malata o se poteva venire al giardino davanti a casa sua a giocare. Ovviamente con la mamma di Greta, che è un’amica, ci siamo fatte delle grosse risate, soprattutto perché i due sono molto diversi. Poi siamo tornati a Quercianella nel lungo weekend scorso, e lì ha ritrovato un’amichetta, anche lei si chiama Margherita, e l’ha circuita  subito, o quasi. Stranamente, cosa che invece anno scorso era quasi un dovere da parte sua, non l’ha mai picchiata, non le ha strappato i giochi ma anzi, a fine vacanzina, l’ha presa per mano e l’ha portata al molo a vedere le barche, trascinandosela dietro, con quella sua manona forte che teneva stretta quella manino piccola della bimba, in una lunga camminata a vedere in quale barca l’avrebbe portata in futuro. Ovviamente noi mamme eravamo lì dietro, e la mamma di lei ha pure fatto un video che rimarrà storico. Ora, per me finiva lì, ma poi  io quel video l’ho mandato alla mia amica LGP e quando mercoledì sera ci siamo viste per il nostro appuntamento cinema, lei mi ha fatto tutte le sue considerazioni a seguito di lungo studio effettuato sul video. Mi ha detto che è fortunata a chi tocca Ema, perché lui si vede che è il classico uomo che tutte sognamo , il tipo“ci penso io”. Difatti tiene la bimba stretta per mano, la porta sicuro dove deve essere portata, prende rapide decisioni e sceglie il meglio per lei, senza lasciare tempo alla bimba di discutere. E la cosa bella, riguardando quel video con occhi “da studio” ho visto che sono tutte considerazioni giuste, che il mio ometto guida quella bimba innamorata  e la porta sicuro dove lui ha deciso che devono andare, con uno sguardo dritto avanti senza possibilità di errore. E che posso aggiungere alla certezza  che sarà fortunata a chi ti toccherà se non un tutto il suo babbo?

mercoledì 3 giugno 2015

Fatto e fatto bene



Abbiamo aperto questi ultimi quattro giorni di mare, con uno scenario inquietante: sabato mattina, tutti riuniti a Quercianella, proviamo una delle prime divisioni. Sicura di far del bene, prendo una Marghe recalcitrante e quasi la costringo a venire con me, da sola, dalla parrucchiera, per un restyling congiunto mamma figlia. Lei non ne voleva sapere di lasciare il fratello a casa con il babbo, ha iniziato a dire non voglio e, trascinata fuori casa da me, ha pianto per tutto il viaggio urlando voglio andare a casa. Poi, per fortuna, ci siamo fermate a fare colazione al bar davanti al mare, abbiamo fatto pace davanti ad una brioche da condividere e, pace fatta, abbiamo passato qualche ora a fare “roba da femmine” o meglio, a farci domare le rispettive criniere.
La separazione a quanto pare non ha indispettito solo lei, ma anche il fratello, forse disturbato da questo cambiamento, ce lo siamo ritrovato nervoso e birbone come non mai e, per tutto il giorno, passato a festeggiare degli zii del Gangster che festeggiavano 50 anni di matrimonio, ci ha fatto dannare. Il Gangster, da vero uomo di cuore quale  ogni tanto si contraddistingue, ha tirato fuori la sua frase d’effetto: non vorrei essere te questa estate, che mi ha fatto, al solito tanto innervosire, visto che dimostrava che a lui la furia dei suoi figli non lo riguarda e che l’accudimento estivo dei gemelli fosse solo un mio problema.
Il giorno dopo prova del fuoco, con il primo giorno di mare. Ritroviamo amici e compagni di ombrellone, ci sono i saluti e c’è l’emozione di ritrovare i giochi da spiaggia e riscoprire il mare. Mai visto i gemelli più buoni. Tanto che il Gangster quasi me li ruba, se li porta da solo a fare il bagno e mi permette di tornare in spiaggia nel pomeriggio quando tutti dormono mentre lui aspetta a casa che i due si sveglino. Facciamo addirittura tutti insieme l’aperitivo sulla spiaggia, noi con i bicchieri grandi e loro con i bicchieri piccoli, felici tutti di condividere un momento così divertente insieme. Ovviamente il marito cambia versione della sentenza del giorno prima e oggi  mi dice: quest’anno vedrai come te la godi con loro, si guardano praticamente da soli. Anzi, aggiunge, potresti pure fare a meno della baby sitter. Siiii dico io, immaginati!
I giorni passano, diventano tre giorni di mare, dove è vero che forse potrei fare a meno della baby sitter, perché fanno il bagno in mare da soli, la doccia quasi da soli, mangiano da soli e si spogliano e si rivestono da soli, ma luglio e agosto da passare interamente al mare con i due sono lunghi e quindi  aspettiamo a prendere decisioni affrettate….