giovedì 18 giugno 2015

Stralunato



C’è stato, per un giorno intero, all’asilo, supplente di mattina e supplente di pomeriggio, nuove entrambe. Lunedì sono andata a prendere i bambini all’asilo, alla fine di quella giornata e sono stata fermata in corridoio dalla custode, che mi ha detto che Ema era stato per tutto il giorno esagitato, tanto che lo avevano dovuto isolare. Quando sono entrata in classe mi si è presentato un bambino stravolto, con occhi come palle e viso gonfio. Mi si è stretto il cuore a vederlo così e me lo sono portata via sicura che questa situazione doveva finire. Siamo andati ai soliti giardini Stibbert, riparati dalla calca, dal sole e in compagnia di Greta e della sua mamma, entrambe serene e tranquille che hanno avuto il potere di tranquillizzarci tutti: Ema e Marghe giocavano con Greta a fare le torte, si è aggiunta un’altra bambina e poi altre due gemelle e sembrava un mondo incantato. Sì, Emino ogni tanto ci provava a sparecchiare tutto, ma in quel clima sereno, fatto di bambini educati e ragionevoli, ha smesso anche subito e si è ben adeguato al gioco costruttivo. Un altro bimbo era diventato, anche in viso, quel mio bimbo che fino ad un paio di ore prima era stravolto e che invece ci ha accompagnato tranquillo fino al fischio del guardiano, quindi alle 7 del pomeriggio, senza neanche farci accorgere accorgersi che il tempo passava. Siamo tornati a casa con un’altra leggerezza, cena doccia e a letto. Certo poi nella notte ci ho ripensato e quando il Gangster è tornato tardi, gli ho raccontato l’accaduto e anche lui è rimasto colpito. Tanto che la mattina ci siamo entrambi svegliati presto e siamo andati in camera dei bimbi per abbracciarcelo forte, che mio bimbo combattivo e combattuto. Lui non ha saputo spiegarci perché il giorno prima era così esagitato, neanche la sorella lo sapeva, certo io non avevo voglia di ributtarlo in pasto ai leoni senza difenderlo. Va detto che ero pronta anche a rimettermi in discussione, tanto che, la prima telefonata che ho fatto la mattina  è stata alla pediatra, che è donna tutta di un pezzo, severa e giudice autoritario. Gli ho raccontato l’accaduto e lei, che conosce i bimbi perché li ha seguiti nella crescita, mi ha urlato si levi dagli psicologi e si levi da quella scuola. Era anche pronta, lei che i certificati medici non li fa volentieri neanche per la broncopolmonite, a farmi un certificato per il lavoro per tenere un po’ il bambino fuori da quel giro. Ma no, non si scappa, mi sono detta, le paure e i problemi si affrontano, di nuovo tutti all’asilo fino alla fine ma certo è che alla Preside qualcosa dovevo dire, chiederle appunto che lavoro avessero fatto le maestre sul gruppo classe che ha permesso, per un giorno intero, che il mio bambino tenesse in smacco tutti, e rendesse così stralunato lui. Non l’ho mai trovata e forse è stato un bene. Mi sono fatta anche un piantino con una mia collega che ha un  bimbo piccolo che lo cresce con gli stessi dettami miei, quelli che, come li chiamo io, sono “di assoluta povertà” e lei mi ha consolato dicendo che anche il suo lo fa giocare spesso con le bimbe, che sono più tranquille, che non lo porta in posti dove si può sovreccitare e che, al mio racconto, aveva solo voglia di stringerlo forte, quel mio bambino e poi che la smettessi di dire che lui è birbone, che secondo lei va solo valorizzato, invece che sempre ripreso.
Mi acquieto un po’, anche se il cuore è sempre dolorante. Così mi regalo una uscita anticipata dal lavoro e vado a vedere il nuovo asilo dove i gemelli andranno dal prossimo anno. Mi accoglie la maestra con un sorriso deciso e parole ferme, mi dice che lei è severa ma che i bambini l’apprezzano proprio per quello, che lì si lavora molto all’aria aperta e con la natura, si osservano le piante dell’orto, le nuvole e lombrichi e che si punta molto all’indipendenza. Esco con una pace ritrovata nel cuore. Certo, quando vado a riprendere i miei due scriccioli all’asilo, chiedo alla maestra se le posso parlare, inferocita ancora per quel contenitore senza contenuti che è quell’asilo. Lei mi dice che anche lei mi deve parlare, e mi racconta di un Emanuele agitato da settembre, che ora, a periodi, è molto peggiorato ma che lei ritiene che sia soprattutto stanchezza. Volano scintille, lei si offende perché ritiene che io l’accusi di non aver fatto nulla per tutto l’anno, io mi altero per non aver avuto contatti concreti sul problema che Emanuele era in quella classe. Lei allora dice che Emanuele non è un problema, è solo un bambino che sfida all’eccesso senza saper gestire la sfida. Io le dico che sono pronta a rimettermi in discussione come mamma e come educatrice, ma lei mi dice che non ci sono problemi di ruolo o di figure genitoriali, che ha visto ben di peggio, che devo solo aver la pazienza che lui cresca. Certo, non ha colto il mio dubbio su tutte le opportunità che quella classe e quindi anche i miei bimbi hanno perso nel perdere così tempo a inquadrare i birboni, però a lei sembrava normale con bambini così piccoli. Via, basta, capitolo chiuso anche se lei ha detto che è disposta a parlarne con la Preside e con noi. Ce ne andiamo tutti al campo di una mia collega, i bimbi sono felicissimi di cogliere le susine dagli alberi e di riconoscere la frutta diversa per ogni albero, di rotolarsi nel prato e camminare nell’erba alta come loro e far finta di essere nel bosco. Ci facciamo tutti delle sane e grasse risate, anche quando torniamo a casa, tanto che di premio, visto che stiamo tutti così bene, è arrivato addirittura un gelato. Felici se lo mangiano, felici si fanno fare la doccia dal loro babbone e, messi poi a letto, li abbiamo sentiti cantare, nel buio della loro cameretta, fino alle 10 di sera.
Io credo, criticamente, di essere una mamma che con Emanuele ha mollato in rigidità e, per quieto vivere, ha chiuso con lui spesso un occhio. Tanto che mi sono scoperta poi anche, di conseguenza, a trascurare Margherita che spesso si trova a far da sola perché devo stare dietro al fratello. Credo anche che niente è definitivo e per caso, tanto che Margherita, mi ha detto ieri la maestra, è all’asilo una bambina autonoma e leader, che tiene banco, interviene e sa il fatto suo con gli amici, che mette tutti in riga. Credo quindi che questo eccesso di indipendenza abbia, alla fine, favorito lei e penalizzato lui. Certo è che adesso studierò nuove strategie affinchè al mio bambino non venga attaccata una indelebile etichetta di birbone, che è sinonimo anche di futuro asino a scuola, visto che a questa età si lavora sulle regole e l’attenzione, fondamentali strumenti per lo studio.
E così da oggi anzi, da ieri, si rincomincia tutto da capo. E il primo giorno del punto e a capo, quello di ieri, è stato uno dei più felici degli ultimi anni

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