Sono state divise quando la loro
amicizia era fresca, vivace e bene articolata. Senza una ragione che nessuna
delle due bambine era in grado di comprendere, all’improvviso, una è rimasta in
una scuola mentre l’altra ha cambiato scuola, per comodità di un futuro che si
costruisce da piccoli.
Erano perplesse entrambe, la mia
piccola Margherita che non capiva come mai quella sua amica non andasse più
nella sua scuola, la piccola Y. che si è vista dover crescere all’improvviso
per andare nella scuola dei grandi (questa ufficialmente era la scusa).
Si sono rincontrate ad un
compleanno e, quando sono andata a prendere Marghe, mi ha chiesto, con un filo
di voce, commuovendomi, se per caso, visto che c’era anche Y. a quel compleanno
di classe, quello fosse il segno che la sua amica avrebbe ripreso ad andare
nella sua scuola.
Poi abbiamo portato con noi Y una
domenica quando siamo andati tutti della famiglia a fare un bellissimo picnic
al parco di Villa Demidoff: le ragazze erano eccitatissime di stare insieme, si
scambiavano le magliette come se fossero adolescenti, si capivano con uno
sguardo e si beavano l’una dell’amicizia dell’altra. Quando Y, con tristezza,
ci ha raccontato che nella nuova scuola c’è una bambina che si chiama
Margherita, la mia Marghe ha allora chiesto, con una nuova speranza, se allora
fosse sempre sua amica, visto che anche lei si chiama Margherita come la nuova
amica, sicura che quel nome in comune valesse di nuovo l’amicizia di Y. Mi ha
fatto una tenerezza questa scena, come tutta la giornata passata con quelle due ragazze sedute vicine, a
ridere mentre mangiano il gelato, sudate, accaldate e sporche di prato e di
gioia.
Mi ha raccontato poi la mamma di
Y che, quando lei va a prendere il fratello più piccolo di Y, che è rimasto
nella scuola dei gemelli, Marghe la guarda da lontano nel corridoio dandole un’occhiata
significativa, che vuol dire tanto: vuol
dire so che non me la porterai più qui, la mia amica Ya.
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