lunedì 27 aprile 2015

Racconti di un bimbo che non conosco



Colloqui individuali con i genitori. Vado decisa per cantagliene quatto, alle maestre, e invece me le cantano a me. Anzi, ce le cantano, visto che per fortuna c’era anche il Gangster.
Le maestre iniziano dagli eleogi. Senza voler fare paragoni con gli altri bambini, dicono, è innegabile però non rendersi conto che i gemelli sono molto più avanti degli altri nel fare i lavoretti, nella manualità che si vede dal tenere le forbici e dal fare i collages, dal colorare precisi dentro i disegni e, soprattutto, dalla grande voglia di fare. I due, come sentono dire “lavoretti” lasciano subito quello che stanno facendo e corrono volenterosi a fare: disegnare, costruire, incollare, fare giardinaggio, basta fare. Ecco, dico, lo so, questo è il loro carattere, questo è un loro bisogno. Fin dal nido, racconto, chiamavano i gemelli i due operai, perché si buttavano a capofitto a fare, sempre bisognosi come sono di fare qualcosa: al nido ad infilare le catene in un foro di un contenitore, a casa ad aiutarmi a fare il minestrone o stendere i panni della lavatrice, al mare a fare travasi e castelli, con la baby sitter a fare pane e schiacciata. Così incasso orgogliosa l’elogio per questa loro ottima manualità.
Raccontano anche che quando è il momento della conversazione, Emanuele alza la mano spesso e racconta con proprietà di linguaggio, mentre Marghe che, per lungo tempo è stata silenziosa, adesso parla anche lei, anche se lo fa a bassa voce.
Poi però iniziano i dolori. Ci chiedono che cosa sia successo ad Emanuele, peggiorato nella disciplina dall’ultima settimana. Appaiono nei miei occhi i primi punti interrogativi: come? Chiedo io. Sì, Ema caro, il mio angioletto con i riccioli biondi, mi raccontano che è uno di quel gruppetto di elementi faticosi della classe, quelli indisciplinati e irrispettosi che non si placano neanche con le sgridate. Lui soprattutto, che quando viene sgridato ride e non cede. Mi raccontano che quando sono seduti in cerchio lui innesca la bomba facendo male al vicino senza motivo, che quando sono in fila tira le capate a quello davanti, che schiaffeggia i compagni, che non condivide i giochi quando li ha lui, reagendo con violenza quando gli viene chiesto di cederli. Glug, ingoio. Come? Dico che mi stanno raccontando di un bimbo che non conosco, perché con me non si comporta così, anche se racconto che le stesse cose me le aveva dette giusto il giorno prima il maestro di Scuola di circo, che mi diceva che Emanuele lo mette in difficoltà perché il bimbo imita i bambini più vivaci, solo che gli altri quando li sgrida e li mette in punizione, smettono, mentre Ema quando viene ripreso ride e non smette. Ecco, mi torna il quadro, ma solo per quanto riguarda i racconti “esterni”, a casa io lo vedo tranquillo e sereno, comprese le normali liti con la sorella.
Mi dicono le maestre che spesso succede, che i bimbi a scuola siano diversi che a casa, che sono anche bimbi piccoli, al limite con il nido e che sicuramente il prossimo anno sarà diverso. Mi rassicurano anche (non perché io glielo avessi chiesto, ma forse perché loro se lo sono domandate) che il bimbo non presenta disturbi dell’attenzione perché quando fa i lavoretti rimane fermo concentrato a lungo. Glug, di nuovo. Come? Il mio bambino? E io che ho cambiato loro scuola per toglierli da una classe che “annusavo” fosse violenta e difficile… e lui era uno della gang?
Per consolarmi poi mi raccontano di Margherita, che si è fatta tutto il suo giro di amicizie e che viene chiamata da tutti i bimbi Margheritina e spesso i maschi se la contendono, questa Margheritina, ma lei non si concede a nessuno. Sì, questa è proprio lei.
Esco allibita, rifletto e rimugino su tutto. Ricordo quando Emanuele non voleva andare all’asilo perché raccontava che la maestra lo picchiava, poi è tornato il sereno e, a quanto pare, perché lui ha trovato una sua collocazione nel mondo, assumendo la parte del provocatore, creandosi così un proprio ruolo. Rimugino sul disagio di questo bimbo, su quanto sia difficile per bimbi così piccoli stare 8 ore in una classe numerosa e variegata. Poi mi chiedo dove io abbia sbagliato a non aver visto niente. Scrivo due pagine di relazione/sfogo al maestro di Scuola di circo, che aveva manifestato la sua disponibilità a cercare insieme una spiegazione a questo comportamento di Ema, chiedo direttamente al bambino perché faccia il birbone e lui mi risponde dimmelo te, ne parlo con ex insegnanti che mi dicono che il bimbo è ancora piccolo vedrai cambierà oppure mi dicono in quella classe c’è un forte disagio che il bimbo non sa gestire per questo si infuria e si sfoga senza motivo.
Ho il cuoricino stretto, lo guardo con occhi diversi, penso di aver esagerato nel limitare i suoi slanci verso me per equilibrare le attenzioni mie nei confronti della sorella e passo il fine settimana ad osservarlo e anche a lodarlo quando fa bene, perché se no rischiamo tutti di rivolgersi a lui solo per sgridarlo.
Andiamo ai giardini sabato mattina e lui è tranquillo anche con gli altri bambini che non conosce, andiamo ai giardini sabato pomeriggio soli con Martino e Valeria e lui è tranquillo e felice come sempre di stare con il suo amico del cuore.
Andiamo domenica mattina a fare i baby contadini nel posto incantato che abbiamo trovato, gestito da una veterinaria in gambissima che prima di essere veterinaria e lavorare con i bimbi in questa fattoria didattica era psicologa, le accenno il problema e lei, perentoria come è sempre, mi dice lascia perdere, fa bene a picchiare, è piccolo e si deve difendere. E conclude dicendo guarda che splendore di bimbi che hai.
Ok, in effetti è quello che pensavo io. Capitolo chiuso. Che si arrangino le maestre, con me è il mio angioletto biondo con i riccioli, anche se biondo non è e i riccioli non li ha più.Ma si sa, occhi di mamma vedono tutto bello

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