lunedì 26 settembre 2016

La soluzione di un sogno



Il fine settimana lo passiamo ancora a Quercianella. Là la casa è diversa, le camere sono di fronte l’una all’altra e non una sotto e una sopra come a Firenze, e così, la mattina, il travaso di letti è facile e veloce. Il primo che si sveglia è, come sempre Emanuele. Sento i suoi piedi lunghi e forti che corrono da me. Si tuffa sul lettone e ride, felice di avere un’altra giornata tutta da scoprire. Il rito vuole che ci baciamo e che io chieda che cosa abbiano sognato. Lui pronto racconta il suo sogno ma, ieri, per la prima volta mi ha chiesto, curioso, che cosa io avessi sognato. Gli ho risposto che avevo fatto un sogno buffo, forse un po’ brutto: ero rimasta chiusa in ufficio, tutti erano andati via e il signore delle pulizie mi aveva chiuso dentro.  Ecco, troppe poche informazioni. E’ scattato l’interrogatorio. Come mai ero in ufficio fino a tardi, avevo per caso una riunione? Come mai il signore delle pulizie non mi aveva visto? E le chiavi dove le aveva messe, quando aveva chiuso la porta? Per caso in alto?  E da che parte si apriva la serratura, girando a destra o a sinistra? E chi avevo chiamato per venire ad aprire? Ho risposto che avevo chiamato lui, il mio Emino, che gli avevo telefonato e lui aveva risposto. Uuuuu, si è aperto un mondo. Lui aveva risposto perché non aveva una riunione, per venire  ha preso la vespa del babbo ed è venuto al mio ufficio, ha visto le chiavi in alto e si è arrampicato e mi ha salvato. L’ho visto felice perché avevo chiamato proprio lui, era felicissimo di avermi liberata anche se continuava ad esserci un’ombra nei suoi occhi. Un po’ è stato a prendersi tutta la gloria, ma poi non ha retto. E la Marghe? Non poteva non essere coinvolta. Allora la storia si è allargata: ho telefonato a lui, lui ha preso la vespa del babbo e ha montato anche la sorella, poi lui sì è salito in alto a prendere le chiavi e mi ha aperto la porta, ma c’era anche la sorella ad assisterlo. Ancora non possono avere gloria se non condivisa.

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