martedì 30 ottobre 2012

Di già?

Ci sono momenti come questi, dove la casa è silenziosa perchè i gemelli dormono sfiniti dalla bronchite nella loro cameretta, in cui io fluttuo come su di una nuvola, in questa casa silenziosa come un respiro trattenuto, in cui si sentono il rumore delle lancette e il tic tac delle mie dita sulla tastiera e il fuori è solo un lontano ricordo, che non ci riguarda, in cui io vorrei andare di là, nella camera dei gemelli, e stendermi sul tappeto (che non c'è) in fondo al loro letto, come un fedele cane da guardia, giusto per vegliare il loro sonno no, anzi, a dire il vero, giusto per godermi i loro respiri nel sonno.
I gemelli, con questa loro mamma, hanno avuto la loro storia, come tutte le persone al mondo. Sono nati  in un attimo e sono andati a dormire altrove, in fondo ad un lungo corridoio in due cullette termiche separate, separati fra loro e separati dalla loro mamma. A me, quando tornai in camera dopo averli messi al mondo, neanche mi sembrava di averli fatti, quei due piccoli esserini, perchè con il cesareo sono nati in due minuti e poi via, già altrove, giusto  un bacio veloce sulla bocca dato ad entrambi che valeva da benvenuto e da arrivederci. Poi sì, li andavo a trovare tutto il tempo che mi era permesso, ma io ho sempre dormito senza di loro quei primi giorni, sia in ospedale che a casa. Poi ci hanno riuniti tutti e da allora siamo stati sempre vicini: prima dormivano nella stessa carrozzina a fianco al nostro lettone, poi, cresciuti, dormivano insieme nel lettino a cancelli sempre vicino al lettone. Crescendo ancora, l'estate si è messa nel mezzo e ci ha portato in un'altra casa, quella del mare, dove siamo stati tanto tanto, tutta l'estate intera. Quando è arrivata la fine di settembre e siamo  tornati nella casa di città, per loro ormai dimenticata, come pensavamo io e il marito Gangster, abbiamo deciso, inserimento per inserimento, di prendere coraggio e farli direttamente dormire nella loro cameretta, ormai pronta e ormai a loro misura (no, in due nello stesso letto ormai non era più il caso). Li abbiamo messi a dormire nella loro camera che si trova al piano di sotto della nostra, e io pensavo che avrebbero pianto tutta la notte, senza quella loro mamma lì vicina che emanava profumo rassicurante e per questo loro dormivono tanto tranquilli e poi non ci sarebbe più stata a mettere pronta il ciuccio al primo pianto.... sì, mi dissi, piangeranno tutta la notte, lontano da me. Hanno invece dormito tutta la notte, come tutte le notti successive, senza dar il minimo segno di nostalgia di me, e quella che invece ha pianto (non veramente, ma con un pianto del cuore) sono stata io, l'unica che si sentiva abbandonata da quella separazione. A loro non mancavo, ma a me mancavano tanto quei piccoli russamenti, quei sospiri lievi nella notte, quel calduccio che proveniva dal loro letto, quel profumo di carne  tenera di bambino piccolo. Ho confidato questo cruccio al marito Gangster, che, da uomo pratico e non mamma ma babbo, ha sentenziato "i figlio vanno saputi lasciare andare". "Di già?" ho risposto impaurita io.

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