Poi alla fine, in quella panchina
fuori dal nido, non mi ci hanno fatto più stare. Vada via tranquilla signora,
torni fra un’ora e mezzo, così almeno ha il tempo per fare qualcosa. Ecco, sì,
ma che cosa? Improvvisando, mi sono detta concediamoci il lusso, ormai dimenticato,
di fare colazione con calma e pure la spesa con calma, ma quelle mani vuote che
non dovevano spingere nessun passeggino mi davano una tristezza. Loro
perfettamente inseriti, io perfettamente sola.
E allora il pensiero è volato
subito alla mia mamma, mi sarebbe tanto piaciuto bussarle alla porta e dirle
sai oggi mi sento un po’ così,
senza spiegarle cosa vuol dire così, tanto a lei bastava vedermi gli occhi per capire. La mia mamma c’è, e da lei sono pure
passata, ma non riesce più a leggere nel mio pensiero, ormai ritirata nel suo
mondo dove non ci sono preoccupazioni. Mi sono seduta accanto a lei e mi è
bastato respirarla, anche se avrei tanto voluto dirle sai mamma a volte ho così
paura di non farcela con i gemelli, di non essere una brava mamma, di non avere
quell’infinita pazienza che hai avuto te con noi, di non tenere duro con il
sorriso, come hai fatto sempre te. Avrei voluto sentirle dire stai tranquilla,
ci si fa sempre a fare tutto e poi le fatiche si dimenticano subito, sentire
quella sua mano sulla mia e ricaricarmi le pile con quel tocco.
Le pile me le sono ricaricate invece
quando sono andata a prendere i gemelli, che oggi addirittura hanno mangiato la
frutta seduti sulla sedia al tavolino e vedere gemella Mina che quando mi vede mi ride con quegli occhioni riconoscenti,
come a dire mamma in che posto super mi porti tutti i giorni, mi ha fatto passare le nuvole e vedere
gemello Emino finalmente non in braccio a qualcuno, là indipendente, mi ha fatto di nuovo dire via, si
rincomincia da dove avevamo lasciato. E i respiri sono tornati.
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