martedì 17 febbraio 2015

Il caso Paperina



Ultimo giorno di Carnevale. Ormai i giochi sono fatti: per quest’anno niente maschere, sono saltate feste e festicciole causa varie influenze e anche causa vari motivi.
Così non è stato sciolto il problema che ha investito questo Carnevale. Per gli amici e conoscenti familiarmente denominato “caso Paperina”.
All’inizio di Carnevale, quando i preparativi fervevano e le proposte di  feste impazzivano, mi sono premunita di chiedere ai gemelli da cosa si volessero vestire. Visto che il loro cartone preferito (anzi, l’unico cartone che guardano) è La casa di Topolino, subito Marghe ha detto che le sarebbe piaciuto vestirsi da Minni anzi, da Ninni, come la chiama lei. Al che, mi sembrava proprio carino formare la coppia, e ho detto ad Emino che lui si sarebbe vestito da Topolino. Lui ci pensa, dice sì e subito dopo no e mi fredda con un: “No, io da Paperina”. Al che lo correggo e gli dico: Ah, da Paperino? Lui no, continua ad affermare che si vuol vestire da Paperina. Sicuro e deciso, dimostra che non è stato un inciampo di vocale finale, era proprio Paperina che voleva dire.
Prima mia reazione: nessuno si veste in maschera e saltiamo il Carnevale (di certo era impensabile per me portarlo ad una festa vestito da femmina). Poi penso è piccolo, non se ne accorge, gli compro il vestito da Topolino e quando lui trova solo quello, da Topolino si vestirà (come poi ho fatto, ho comprato Minnie e Topolino e stop).
Poi succede che per lavoro segua un progetto sulla discriminazione di genere, dove sento dire che da piccoli non ci sono cose da maschio e da femmina ma cose che piacciono o meno e mi sento colpita e affondata. Rifletto, mi confronto con il Gangster (che è perentorio: non ti provare a vestire il mio bambino da femmina), butto lì il problema alla responsabile del progetto sulle differenze di genere che, di nuovo, mi dice che così piccoli per loro maschio o femmina non esiste e quando però allargo a conoscenti (diventando così “il caso Paperina” per molti) sento le risposte più disparate. C’è chi dice che mi capisce e che se fosse successo a lei mai avrebbe mandato ad una festa il figlio vestito da Paperina, chi invece mi dice che lo potevo accontentare, tanto era Carnevale (rivelando così una certa elasticità solo perché a Carnevale tutto è permesso), chi mi dice che lo avrebbe accontentato (ma ovviamente chi me lo dice non ha figli), chi mi racconta dei propri figli adulti che conservano foto di quando da piccoli giocavano con le bambole, cosa che amano fare anche da grandi, riferendosi alle varie fidanzate … insomma, il caso Paperina ha trovato varie risposte, tutte però fortemente di genere.
E io, come già detto, ho adottato la doppia soluzione: 1) ti compro Topolino e quello te lo devi far piacere, 2) quest’anno niente feste, lasciamo quei vestiti al prossimo anno e che un anno in mezzo porti consiglio all’aspirante Paperina che rinsavisca e accetti di diventare Topolino

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