mercoledì 25 febbraio 2015

Pedagogicamente scorretto andare sempre sempre al cinema



Venerdì scorso, fresca di una cancellazione appena fatta dalla materna che frequentano i gemelli, che mi fa sentire più leggera di 100 kg e camminare a 3 metri dal pavimento, vado a prenderli a scuola e i due mi scappano. Davanti all’uscita della scuola c’è un grande piazzale, adiacente al quale c’è il parcheggio da un lato e il parco pubblico dall’altro. Ovviamente io li volevo portare via da tutto e salire subito in auto, per andarcene ad altri giardini, ma loro hanno pensato bene di rincorrere i compagni di classe (non tutti, molti aspettano tranquilli vicino alle loro mamme, ma ovviamente quelli non interessano, piacciono di più i bimbi scalmanati che, a tre anni, vengono lasciati andare da soli ai giardini). Mi infurio, perché perdo il controllo dei miei bimbi vendendoli correre, sprezzanti, in direzioni opposte. Mente annebbiata, decido, sbagliando, di rincorrere Margherita e lasciare solo Emanuele che scappava dalla parte opposta, dritto nel parcheggio delle auto. Agguanto lei, infuriata, e trovo lui disteso in terra senza fiato, dalla botta in testa che ha battuto cadendo di fronte. Sono accecata: carico tutti e due in auto a forza, ignorando il bernoccolo del bimbo, che da subito è spaventoso, sicura che glielo avrei medicato a casa. Ma l’omissione tempestiva del ghiaccio sulla fronte del bimbo ha reso il bernoccolo stratosferico. Arrivo a casa e chiamo il Gangster subito, che arrivi immediatamente, gli urlo, sono imbestialita. Metto i due bimbi seduti vicini sul divano e inizio a brontolarli con voce tuonante, una brontolata che dura venti minuti di fila, fino a quando non arriva il loro babbo. In  tutto quel tempo urlo loro che non si scappa, che non devono essere birboni, che è pericoloso scappare e la fronte di Emanuele ne è la prova e, soprattutto adotto la tecnica pedagogicamente riprovevole, di dire che se non promettono di non scappare più io non andrò più a prenderli, mandando sempre la baby sitter. Parole magiche. I due diventano mogi mogi, mi danno la mano dicendo parola d’onore non scappo più, e mi cercano per fare la pace. Ok, so che è stato un tiro basso, so che mai si dovrebbe giocare sulla paura dell’abbandono da parte della mamma, ma a mali estremi estremi rimedi. Ho poi rassicurato i bimbi, ho detto loro che voglio ad entrambi un sacco di bene e via, ordine ristabilito e pensavo fosse finita lì.
Il giorno dopo però, mentre eravamo in silenzio in auto, solo noi tre, sento che Emanuele mi chiede chi vada a prenderli adesso a scuola, perché la mamma ha detto che non verrà mai più mai più e che andrà molto al cinema (cosa che io non avevo assolutamente detto, ma che ha aggiunto lui visto che le mie uscite per il cinema sono una delle sue paure. Margherita conferma, ripete e aggiunge: la mamma ora va sempre al cinema e il babbo al lavoro. Ecco cosa ho combinato: per chi avesse colto solo quel pezzo di conversazione, passo per mamma scriteriata che non va mai mai a prendere i bimbi perché va sempre al cinema mentre il babbo è al lavoro.

Nessun commento:

Posta un commento