Venerdì scorso, fresca di una
cancellazione appena fatta dalla materna che frequentano i gemelli, che mi fa
sentire più leggera di 100 kg
e camminare a 3 metri
dal pavimento, vado a prenderli a scuola e i due mi scappano. Davanti all’uscita
della scuola c’è un grande piazzale, adiacente al quale c’è il parcheggio da un
lato e il parco pubblico dall’altro. Ovviamente io li volevo portare via da
tutto e salire subito in auto, per andarcene ad altri giardini, ma loro hanno
pensato bene di rincorrere i compagni di classe (non tutti, molti aspettano tranquilli
vicino alle loro mamme, ma ovviamente quelli non interessano, piacciono di più
i bimbi scalmanati che, a tre anni, vengono lasciati andare da soli ai
giardini). Mi infurio, perché perdo il controllo dei miei bimbi vendendoli
correre, sprezzanti, in direzioni opposte. Mente annebbiata, decido,
sbagliando, di rincorrere Margherita e lasciare solo Emanuele che scappava dalla
parte opposta, dritto nel parcheggio delle auto. Agguanto lei, infuriata, e
trovo lui disteso in terra senza fiato, dalla botta in testa che ha battuto
cadendo di fronte. Sono accecata: carico tutti e due in auto a forza, ignorando
il bernoccolo del bimbo, che da subito è spaventoso, sicura che glielo avrei
medicato a casa. Ma l’omissione tempestiva del ghiaccio sulla fronte del bimbo
ha reso il bernoccolo stratosferico. Arrivo a casa e chiamo il Gangster subito,
che arrivi immediatamente, gli urlo, sono imbestialita. Metto i due bimbi
seduti vicini sul divano e inizio a brontolarli con voce tuonante, una
brontolata che dura venti minuti di fila, fino a quando non arriva il loro
babbo. In tutto quel tempo urlo loro che
non si scappa, che non devono essere birboni, che è pericoloso scappare e la
fronte di Emanuele ne è la prova e, soprattutto adotto la tecnica pedagogicamente
riprovevole, di dire che se non promettono di non scappare più io non andrò più
a prenderli, mandando sempre la baby sitter. Parole magiche. I due diventano
mogi mogi, mi danno la mano dicendo parola d’onore non scappo più, e mi cercano
per fare la pace. Ok, so che è stato un tiro basso, so che mai si dovrebbe
giocare sulla paura dell’abbandono da parte della mamma, ma a mali estremi
estremi rimedi. Ho poi rassicurato i bimbi, ho detto loro che voglio ad
entrambi un sacco di bene e via, ordine ristabilito e pensavo fosse finita lì.
Il giorno dopo però, mentre eravamo in silenzio in auto, solo noi tre,
sento che Emanuele mi chiede chi vada a prenderli adesso a scuola, perché la
mamma ha detto che non verrà mai più mai più e che andrà molto al cinema (cosa
che io non avevo assolutamente detto, ma che ha aggiunto lui visto che le mie
uscite per il cinema sono una delle sue paure. Margherita conferma, ripete e
aggiunge: la mamma ora va sempre al cinema e il babbo al lavoro. Ecco cosa ho
combinato: per chi avesse colto solo quel pezzo di conversazione, passo per
mamma scriteriata che non va mai mai a prendere i bimbi perché va sempre al
cinema mentre il babbo è al lavoro.
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