Come sempre, ogni fine settimana
porta la sua storia, anche se le previsioni lo darebbero per tranquillo e
sonnolento
La storia dell’ultimo we è
questa.
Sabato mattina partenza via,
presto presto tutti fuori che dobbiamo andare ad inglese. Hello, bye bye uauaiu
(how are you, in gemellese), che dovevano (nelle mie intenzioni) iniziare i
sabati mattina al Canadian, istituto madrelingua inglese dove il sabato mattina
è possibile portare i bimbi a fare varie attività. In teoria era bellissimo,
dovevano essere gruppi di massimo 5 bambini, dovevano stare tutta la mattina,
dovevano… e invece ci ritroviamo in un caos disorganizzato, io rimango lì con i
bimbi, impaurita come loro per il grande affollamento di bambini di varie età e
per la totale assenza di un progetto educativo delle educatrici (che hanno l’unico
pregio di essere madrelingua, per il resto zero), con Emino stretto alla mia
mano che mi dice: “Mamma andiamo via, a
me qui non mi piace” e io che avrei tanto voluto rispondergli Amore, non
piace neanche a me, certo che andiamo via, ma che non l’ho fatto perché non
volevo che lui imparasse che quando un posto non gli piace la mamma lo salva. Siamo
un po’ rimasti lì, ho constatato che non era quello che volevo e così, alle 9
siamo arrivati e alle 10 siamo usciti. Che si fa a quest’ora, con un tempo che
minaccia pioggia? Ci fermiamo in una pasticceria a riflettere, che davanti ad
una brioches a me passa tutto. Mente fredda, ecco la prima soluzione: telefono
ad una mia ex collega che abita lì vicino. Mi scuso per l’ora e per la
maleducazione, e mi invito a casa sua. Lei si trova spiazzata (ma io lo ero di
più, sola con i bimbi…) e così troviamo rifugio da lei, anche se dopo poco
capisco che è l’ora di salutare. Via in macchina, è sempre presto, ancora non
piove e così andiamo ai giardini vicino casa. Non c’è nessuno o quasi, si sta
che è una meraviglia, è che dopo poco……. wrumm, pioggia a scroscio. Davanti a
quei giardini c’è una scuola di inglese per bambini, leggo che da marzo partono
nuovi corsi per i bimbi e andiamo a prendere informazioni. Per i gemelli lì c’è
uno spazio di gioco libero, dove loro si accomodano subito e la ragazza della
reception, carina, mi dice di aspettare pure lì, finchè non smette di piovere. Così
prendo informazioni per quel corso di inglese per i gemelli, che è molto più
tranquillizzante visto che viene fatto a piccoli gruppi di massimo 4/5 bambini,
e poi a me serve qualcosa da far fare a loro il sabato mattina, che lasci me
libera di fare qualche commissione. Ok, fissiamo la prima lezione di prova,
smette di piovere e ce ne andiamo a mangiare la pizza a taglio lì vicino, dove
le proprietarie sono due ragazze carine e allegre che adorano i gemelli, che li
coccolano e li fanno divertire nel portarli a lavare le mani e fare la pipì. Così
risolto anche il problema pranzo, oltre che la mattina. A casa, pisolino (io
compresa) lungo lungo, quando si svegliano fuori piove e quindi ci aspetta un
pomeriggio casalingo, dove ci viene a trovare Guenda e il fidanzato (con grande
paura di Emino, che quando vede apparire Guenda mi chiede subito impaurito dove
io vada), giochi (adesso piace molto il gioco del bar, dove loro bevono la
spremuta appoggiando i bicchieri al tavolino, come fossero al bar. Loro felici
e anche io, che le spremute fanno tanto bene), Topolino alla tv, cena e a letto
e grazie tanto per essere passato anche oggi.
La domenica abbiamo anche la
Gangster compagnia e, tutti insieme, ce ne andiamo alla
Sinagoga ad iscrivere i gemelli alla materna ebraica. Finta l’iscrizione è
presto per pranzare, così ce ne andiamo a piedi alla Giostra in piazza della
Repubblica e torniamo a piedi alla Sinagoga, dove avevamo lasciato l’auto, decidendo
di pranzare al ristorante ebraico. Che è piccolo e raccolto, pieno di persone
che vogliono godersi un tranquillo pranzo domenicale ma che sono costretti a subire
i nervosismi dei gemelli, scatenati come mai, nervosi e dispettosi da far
spavento. Cerchiamo di fare il prima possibile per far finire tutta quella confusione
che i due fanno e scappiamo via, quasi vergognandoci. A casa il Gangster, non
abituato a tanto, prende una pasticca per il mal di testa. Ci ristabiliamo solo
quando quelle due piccole pesti decidono di addormentarsi dopo pranzo. Il
Gangster quasi si arrabbia quando io poi, visto il perdurare del pisolino fino
a pomeriggio inoltrato, li sveglio, impaurito da quei due suoi figli
scalmanati. Quando io, scherzando, gli chiedo ora dove ci porti tutti? Lui mi
guarda inorridito dicendo voi siete matti, con me avete chiuso.
Nessun commento:
Posta un commento