martedì 1 ottobre 2013

Ventuno

Ventuno mesi, coincisi con il saluto al mare e alla fine della libertà della spiaggia. 
Di passi da gigante nella crescita ne avevate fatti tanti lì, in quei mesi di sole e di mare e di spiaggia e di mamma tutta per voi. Adesso di nuovo ci perdiamo di vista durante il giorno per ritrovarsi solo nel pomeriggio. 
Adesso di nuovo che avete conquistato? Salite e scendete le scale di casa tenendovi aggrappati alla ringhiera e da qualche giorno neanche gradite più tanto darmi l'altra mano per essere aiutati.
Salite da soli lo scivolo ma, maggiore conquista, è che lo scendete da soli senza aspettare il mio aiuto.
Adesso volete fare tutto e bene quel che vi dico: prendete le felpe in mano dicendo felpa e tentate di mettervele, se mi dimentico qualcosa me lo ricordate quasi irritati, come a dire che disattenta che sei, e adesso, come non mai, mi guardate innamorati. 
Fate occhio bello e il suo fratello, la chiesina e il campanello a chiunque si avvicini, ricordate situazioni e persone e proprietà di cose, di chi sono e come si chiamano. Se dico andiamo dal nonno vi avvicinate alla porta, se dico mettilo sul tavolo lo fate, se dico no, non si fa, mi fate il verso e disobbidite ridendo.
Adesso vi tenete continuamente d'occhio ma non per imparare l'uno dall'altro, come avete fatto fino ad ora, ma per controllare che l'altro non abbia o faccia più di lui, in una lotta perenne per strappare un privilegio o per far dispetto all'altro. 
Adesso vi esprimete per frasi complesse. Emino la mattina quando si sveglia e mi chiama, non si limita a dire mamma, ma dice - di seguito - mamma dammi latte gnam gnam. Poi si incaglia in discorsi in giapponese stretto il cui significato sa solo lui, ma a  quanto pare devono esprimere concetti  lunghi e complessi, visto con quanta dedizione si applica a raccontare a lungo. Emino anche mi racconta  cosa gli è accaduto: un classico è la paura avuta del cane vicino casa al mare, che gli ha abbaiato forte quando lui passava di là. Per fortuna che era in braccio al suo babbone che lo teneva stretto e lo rassicurava. Così Emino, quando sente un abbaio forte, mi dice bau bau no, no, babbooo che vuol dire cane no no, non mi fai paura, c' il babbo che mi difende. E lo ripete all'infinito. Lei invece è ostinatamente ferma a dire mio, e quando è particolarmente suo, dice mimio, come a dire supermio e non si tratta. Ha anche imparato a dire ohiohi quando si fa male, e dove si è fatta male, anche molti giorni prima, si tocca e fa di nuovo ohiohi, anche se non le fa più male,  per ricordare quel male sentito e quella medaglia al merito che sono le sue ginocchia sbucciate.
Lei ha il corpo slanciato della sua mamma, è ricciola e ha gli occhi neri e furbi proprio come i miei. Se ne inventa sotto terra per far dannare lui, che è tozzo e forte come il suo babbo. Quel che fa lei con lui è molto simile a quello che io faccio con il Gangster: da buona tradizione di famiglia le donne fanno dannare gli uomini, che da buona tradizione di famiglia, subiscono brontolando ma in fondo, che importa, ci vogliono così bene.

Nessun commento:

Posta un commento