martedì 12 febbraio 2013

Al momento giusto

Capita spesso che le persone che mi hanno conosciuto prima dell'arrivo dei gemelli, ritrovandomi adesso, si stupiscano di tanto mio immobilismo e mi chiedano, quasi per essere rassicurati che io sia sempre la stessa, a quando il prossimo viaggio, argomento del quale ormai non mi sentono parlare da molto più di un anno e che invece era una mia costante prima.
In effetti, prima dei gemelli, un aereuccio al mese me lo prendevo, magari solo per un fine settimana, e di vacanze mediamente lontane o lontane proprio, ne facevo in media un paio o anche tre all'anno, ovviamente tutte intervallate con qualche viaggetto lampo  in qualche luogo d'Italia o d'Europa.
Da me molti si aspettavano che la sfida gemelli l'affrontassi anche nel non cambiare niente di quello che ero abituata a fare, che da viaggiatrice avrei fatto di loro, da subito, due piccoli viaggiatori, che avrei stupito tutti per come infilavo i due puffi in una cesta dietro le spalle di uno sherpa per portarli al campo base dell'Annapurna, oppure più semplicemente come mi prendevo un anno sabbatico per stare con la nuova famiglia al sole sulle spiagge di Goa.
Niente di tutto questo. Io continuo a non vedere aerei dal giorno in cui ho saputo di essere incinta, i bimbi neanche sanno cosa sia un aereo perchè non ho mai raccontato loro, con nostalgia o meno, di cosa voglia dire viaggiare, di cosa voglia dire partire, di cosa voglia dire avere un passaporto che assomiglia ad una trapunta patchwork come è il mio.
Tutti si sarebbero aspettati che avessi dato un calcio alla cara e collaudata Quercianella, mio buen ritiro estivo ristoratore post  lungo viaggio e che passassi la prima estate con i gemelli campeggiando in una tenda Tuareg o navigando per fiordi, perchè i bimbi avevano da iniziare subito a confrontarsi con le scomodità e le avventure dei viaggi.
Niente di tutto questo. Non che tenga i bimbi in casa, non che una tegola mi abbia colpito dritta sul cervello e modificato il carattere, non che io mi sia trasformata da errante a stanziale, ma è che, conoscendo e vedendo le esigenze dei bambini e anche le mie, ho ben capito che muoversi come se niente fosse successo, impuntarsi a continuare a fare la vita di prima, non ha più ragione di essere e, se anche fossi colpita di nuovo dalla tentazione della frenesia dell'andare, non  avrei le energie e la cattiveria di far fare ai bambini una vita che è stata faticosa anche per me, che  pur me la sceglievo coscientemente.
Vedendo come sono i ritmi delle giornate adesso, ho capito che i bambini hanno bisogno sì di stimoli nuovi ma che devono essere a loro misura e soprattutto devono essere uniti ad un loro quotidiano inattaccabile, che dormire nella propria cameretta per loro ha un altissimo valore rassicurante, che i riti e le ripetizioni quotidiane sono un toccasana affettivo, un tranquillante in una vita tutta da scoprire, un porto sicuro in tanti tuffi al cuore di novità e che non potrei privarli nè privarmi di tante sicurezze.
Sì perchè anche io sono cambiata. Adesso, costruiti i gemelli a mia immagine e somiglianza (almeno così mi illudo che sia, anche se mi accorgo che fanno tutto da soli, ma diciamo che io ho un po' contribuito a farli diventare sorridenti alla vita, curiosi e fiduciosi degli altri, socievoli e dinamici) ho accantonato sogni di gloria (non nego che sull'anno, o mese sabbatico, nel Kerala o più semplicemente a Santo Domingo un po' ci avevo puntato, mentre aspettavo i gemelli) e mi sono calata negli intorpiditi panni di una mamma che sa quanto spingere e a quanto rinunciare per il bene dei bambini.
Viaggiando, è pur vero, che ho visto tante coppie con bimbi piccoli che non mi sembrava che soffrissero per niente, viaggiando ho visitato Paesi ospitali verso le mamme e i piccoli (ancora ricordo il seggiolino dove mettere il bimbo nei bagni giapponesi, così mentre tu fai la pipì in tutta tranquillità, lui ti guarda lì seduto in tutta sicurezza), ho visto con i miei occhi bambini che facevano in bici il Cammino di Santiago con i genitori, ho visto guance sode e rosse dal vento di un piccolo nel marsupio di mamma norvegese che girava in Nepal con il marito, ho visto bimbi che facevano rifornimento di benzina al camper che li portava in giro per gli Stati Uniti, ho visto bimbi viaggiatori che si addormentavano sul tavolo mentre i genitori erano  a cena in sperduti paesi della Terra del Fuoco, oppure li ho visti anche girare beatamente nell'isola maldiviana su di un comodo passeggino avendo a loro disposizione un ricco buffet italiano.
Ho visto, in pratica, che tutto si può e che i piccoli sopravvivono e si adattano a tutto. Ma non fa per me, almeno non per ora. Adesso vivo navigando a vista, quasi incrociando le dita tutte le volte che affrontiamo e, a sorpresa, superiamo tante prove che i piccoli mi meravigliano di superare, e non mi metterei all'animo di pensare a fare la valigia giusta con il tanto di cui hanno bisogno i piccoli (anche se poi, so bene che basta poco a loro come a noi) che dovrei caricare e scaricare il passeggino gemellare che non assomiglia neanche lontanamente ad un passeggino singolo, che entrambi noi adulti avremmo un bimbo in braccio, che già ci innervosiamo con niente qua mentre siamo nelle nostre comodità immaginiamoci un po' quando ci fossero tanti giorni da inventare. 
Beh, mentre scrivo mi parlo da sola e mi dico che so bene che invece tutto si fa, se si vuole fare, ma è che adesso sono così convinta di non andare e straconvinta che non ce la farei e che non sarebbe bello, perchè duro così fatica quotidianamente che adesso ambisco solo al "risparmio energetico" come lo chiamo io, e cioè a fare in modo di non complicarmi la vita ma di rendermela il più leggera possibile, visto che già di normale ho i miei bei carichi. 
Per questo dico ufficialmente che per ora, benedetta questa casetta e benedetta casetta nuova di Quercianella, che ci vedrà riposarsi e sperimentare un altrove per la prossima estate come già abbiamo fatto l'estate passata e poi, quando i bimbi mangeranno tutto da soli, cammineranno e correranno, impareranno la gioia di scoprire l'andare, allora sì che partiremo, perchè solo allora avrà senso farlo. Andare per scelta, per godersi l'andare. 
Ma quel momento, per ora, lo vedo lontano, e non provo nostalgia. perchè so che come tutte le cose fatte al momento giusto, sarà bellissimo riprendere a muoversi tutti insieme.


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