giovedì 14 marzo 2013

Le farò sapere, la vendetta


Questa mattina colloquio di lavoro, per lo stesso posto per il quale  avevo fatto un colloquio a ottobre, quando c'era allora un'altra capa, e dove venne fuori che ero già partita male a chiedere con precisione che cosa volevo fare di lavoro invece che lasciare a lei la scelta (che ovviamente era ben lontana dalla mia richiesta). Mi fu detto, fra le tante cose, ma questa è stata particolarmente significativa, che  l'ufficio nel quale volevo andare a far parte non aveva urgenza di vedere un'altra persona assegnata (e da novembre ad ora, quindi in pochi mesi, invece sono state messe ben altre due persone......Che dire,  nemmeno Pinocchio era tanto spericolato con le bugie) .
Di quell'incontro l'ho già raccontato altrove, ma per raggruppare un po' l'altrove (o il prima di questo blog dedicato dei gemelli)  appiccico qua di seguito il testo, a memoria. 
Si intitolava "Le farò sapere" e portava la data del 24 ottobre 2012.

Va tutto bene in questo idilliaco momento, fischietto felice fin dal mattino anche se sono stanca e dolorante, ho due piccoli puffi profumati che mi aspettano e con loro mi passano tutti i dolori e soprattutto mi passano le giornate, che passano spesso spesso cantando. Non mi manca nulla, ho pure il superfluo e mordo questo bel momento conscia che è uno dei momenti più belli della mia vita. Con una sola ombra. Ovviamente non mi va giù che una parte della mia vita sia una macchia nera per me, e così, pur sopportandola, cerco come al solito di migliorarla…. cambiandola. Da quando sono tornata al lavoro dopo la pausa gemelli, visto il mio esiguo orario di lavoro (doppio allattamento, doppio congedo) hanno pensato bene di mettermi  in uno scantinato a fare non si sa cosa, a volte poco, a volte a tratti, a volte robe confuse che io faccio senza capire perchè devo interrompere questo periodo idilliaco della mia vita andando a fare una cosa con la quale io non c’entro nulla. Ma tutti mi dicono che dovrei essere felice, il posto di lavoro post gemelli è vicino a casa e soprattutto vicino al nido, come se metterci un minuto ad andare al lavoro mi  obblighi a provare felicità. Non domata da questo ragionamento generale, mi guardo in giro e mi propongo, con il mio curriculum che io ritengo un signor curriculum e nel quale non risparmio di elencare nessuna mia esperienza lavorativa, ad uno dei pochi uffici rimasti che farebbero proprio al caso mio, in cui andrei a fare il mio lavoro, in cui non sentirebbero la sofferenza della nuova arrivata alla quale va insegnato a fare tutto perchè già lo sa fare e pure bene (eh sì, quando ci vuole ci vuole). Fisso il colloquio con il super responsabile di quell’ufficio,un’ attempata e acida signora alla quale capisco, come mi siedo, che sto già antipatica prima di conoscermi. Il motivo? In 18 anni ho cambiato ben sei lavori, quasi un record, tiene a ribadire lei. Io rimango sbalordita, e pensare che mi sembrava di essere una noiosa stanziale che  ha perso tempo nella vita nel fare spesso lavori noiosi e ripetitivi e che, per fortuna per ben sei volte, come ha puntualmente contato lei, li ha un po’ alternati. Ovviamente la risposta è stata che non c’è posto per i sognatori, le necessità di  lavoro da quelle parti sono rivolte esclusivamente a lavori concreti, in cui girano fatture e conti, in cui si debba chinare la testa e stare a fare quadrare i conti invece che a progettare fiori all’occhiello.
Così mi vedo ahimè costretta a rivalutare Flavio Briatore, che una sera con il Gangster abbiamo distrattamente visto in tv mentre faceva un programma in cui selezonava del personale per una eventuale collaborazione nel suo staff e che rimbrottava ben bene una ragazza che a 24 anni ancora non sapeva bene cosa fare della sua vita, dicendole che lui, a 24 anni, aveva già cambiato 10 lavori. Ossignore, penso io, dalle mie parti lo manderebbero in giro con il cappello dell’asino, invece, nella vita reale, chi si rimette in gioco, che è curioso di conoscere e apprendere cose nuove, chi vuole non annoiarsi ma essere propositivo e innovativo non viene visto come il gatto nero che nessuno vuole ma viene visto come un audace al quale, come dice il proverbio, la fortuna arride.
Ah, per tranquillizzare, e anche per un po’ di lieto fine in questa giornata così amareggiata, poi alla fine, dopo avermi conosciuto, un po’ sono piaciuta alla signora, che mi ha detto addirittura che …… mi farà sapere!

Oggi invece mi sono trovata davanti un altissimo signore arrivato a fare il capo lì da 10 giorni, al quale avevo inoltrato di nuovo il mio curriculum un nano secondo dopo aver saputo di quell'avvicendamento al vertice, e  che mi aveva addirittura chiamato lui per fissarmi subito un appuntamento. Mi sono presentata, mi sono fatta pubblicità  e lui  mi è stato ad ascoltare, mi ha detto che è ben contento di accogliere una persona così motivata, che è pronta a buttare all'aria quella nicchia tranquilla in cui si è rintanata (o è stata rintanatata, concordando con me che se anche il lavoro che faccio adesso, pur non essendo niente di che, mi piace, è perchè me lo sono fatto piacere) ha condiviso con me le perplessità che derivano da tutte quelle persone che si accontentano di fare un qualsiasi lavoro basta che sia vicino casa soprattutto perchè, come ha detto lui facendomi ridere, non abitiamo a Calcutta ma a Firenze, dove al massimo, l'altra parte della città, sono 5/6 km. Gli ho raccontato così che io, attualmente abito e ho il nido dei bimbi a 2 minuti di numero di auto da casa, mentre se mi dovessi trasferire lì ce ne metterei 20 in più, ma che faccio tutto questo per inseguire il sogno di fare un lavoro che mi piace e che so fare. 
Scottata dal colloquio precedente, ho chiesto rassicurazioni sul fatto che, se andasse bene il mio spostamento lì,  mi sia garantito di andare a fare quel tipo di lavoro, e che non venga sbattuta invece nell'ultimo ufficio oberato da assurde pratiche. Ha fatto un gesto come dire, se lo dico è parola data, e così mi sono pure sentita tranquilla di dirgli che io ho i bimbi piccoli e che ancora non sono rientrata a tempo pieno ma continuo a prendere congedo due giorni la settimana. Lui mi ha ringraziato per averglielo detto ma ha detto che era quasi superfluo, è un mio diritto e che faccia come credo, tanto poi i bimbi crescono e le cose si sistemano.  Sono uscita ringraziandolo e lui ha detto grazie a lei per avermi permesso di conoscerla.
Ecco, che dire. Basterebbe questa frase per sapere che, benchè la macchina spostapersone sarà lenta e dura a muoversi, che non è detto che da questo colloquio poi derivi un reale lavoro lì, che non saranno rose e fiori, ma con quell'incontro ho rivalutato (finalmente)  il mio mondo lavorativo.

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