sabato 30 marzo 2013

Quindici mesi

Questo mese mi è sfuggito, passando fra vicende varie che hanno distolto la mia attenzione dal presente, anche se rimango sempre impregnata di quotidiano. Tanto che mi sono accorta da poco che avete adesso 15 mesi, mentre io continuavo a dire 14, ignara del tempo che passa.
Il fatto che siete piccolini un po' porta a non enfatizzare i mesi, ma questa è la vostra natura e la vostra taglia e non sareste voi se foste dei giganti, come scopro essere altri bimbi ben più piccoli di voi.
Camminare ancora non se ne parla, vi serve sempre una mano o qualche appoggio, per procedere spediti nella vostra conquista dello spazio ma, se fino a poco tempo fa me ne facevo un cruccio, adesso vedo che siete comunque agili come grilli, che se aiutati camminate proprio bene, così mi sono messa tranquilla ad aspettare che quando sarà il vostro momento camminerete.
Per adesso siete diventati grandi in altre cose. Avete imparato a riconoscere il bene e il male, quello che vi è permesso e quello che non si può fare e lo applicate a tutte le nuove esperienze, anche dove non avete avuto la possibilità di memorizzare i miei sì e i miei no. Così quando entrate in una stanza nuova bene sapete che le cose in alto non si tirano giù perchè se cascano addosso fanno male, ma che ci si può attaccare ai mobili per mettersi in posizione eretta. Fino ad adesso aspettavate che ve lo dicessi io, quello che si poteva fare o non fare. Quando uno dei due osa avventurarsi in un campo dove non sia chiaro se io voglio o non voglio che quella cosa venga fatta, l'altro si gira verso di me e aspetta la mia sentenza, mentre quello che lo fa lo fa e basta, pronto a pagarne le conseguenze pur di sperimentare. E quando uno dei due si mette nei guai, lo capisco più dall'altro che viene a guardarmi dritto negli occhi come a dire beh, sto aspettando, non gli dici niente? 
Adesso mi hanno spiegato al nido che bisogna rispettare chi stava giocando per primo con un gioco e quindi brontolare il fratello prepotente se strappa di mano il gioco all'altro (mentre fino ad adesso lasciavo che se la vedessero fra di loro). Da quando lo faccio è finita l'anarchia, il prepotente accetta (inaspettatamente, con mia grande sorpresa) di desistere e di mettersi a giocare con qualche altra cosa. Anche capite i turni che dovete accettare per starmi in braccio: prima faccio ballare uno e dopo un po' dico cambio e prendo l'altro. Quello posato ovviamente un po' brontola ma poi si mette tranquillo a fare qualcosa, oppure sta a guardarci ma senza piangere, cosa che invece avveniva quando eravate più piccoli.
Vi tenete d'occhio come non mai, quando inizia a bere uno beve anche l'altro, se smette di bere l'uno smette di bere immediatamente anche l'altro, se uno parte verso la libreria anche l'altro lascia tutto quel che sta facendo e via, a raggiungere l'altro, come se fosse impensabile fare giochi diversi in posti diversi della stanza. Ma questo un po' l'avete sempre fatto, quello che vi distingue adesso è che Mina, visto una sola volta come ho fatto ad accendere lo stereo e a far partire il cd, ha memorizzato subito i tasti da premere e la loro giusta successione, Emino invece li preme tutti indistintamente rovinando così il lavoro fatto dalla sorella. Che va detto, però, parte avvantaggiata perchè a lei, spesso e volentieri, dà il latte la mattina il Gangster, che se la sistema seduta vicino, le attacca il biberon e poi inizia a leggere il giornale sull'IPad, cosa che lei tiene costantemente d'occhio, crescendo così a biberon e Apple. Emino invece riesce a mettere le costruzioni perfettamente in fila, incastrandole una sull'altra con una sola mano, cosa che lei non riesce a fare, molto più furiosa di lui nel procedere.
Vi chiamate fra di voi, lui la chiama Ata e lei lo chiama Dedo, vi ridete quando vi capita di guardarvi negli occhi da vicino e da pochi giorni ho scoperto Ata che fa caro a Dedo, lisciandogli i capelli. Dedo, da vero uomo duro, non ride, ma si ferma immobile e sporge un po' la testa in avanti come a dire continua pure, che queste carezze mi piacciono proprio, anche se non posso darlo a vedere. E vedere che si vogliono bene mi scalda il cuore.

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