giovedì 24 gennaio 2013

Il destino iniziò due anni fa



E' una data che non voglio dimenticare quella di oggi. Due anni fa è stato il giorno più brutto della mia vita e, come festeggio i bei giorni, non voglio dimenticarmi di questo. Due anni fa iniziavo un nuovo lavoro e,  da lì a quattro mesi dopo, è stata l'esperienza per me più tragica degli ultimi dieci anni. Mi sono chiesta spesso a cosa servisse tutto quella sofferenza e, ovviamente, quando ci sei dentro sei così soffocato che non ti puoi dare una spiegazione, anche perchè il dolore è una cosa che non si spiega e non si ha neanche voglia di subire. Poi, a mente fredda e con un po' di distanza in mezzo, anche se il ricordo è ancora vivo e cocente, penso che se non mi fossi sbloccata e non avessi osato quel cambiamento, lasciando una vita collaudata e sicura, non sareste nati voi. 
E' una lunga storia, spesso ingarbugliata e non sempre chiara, ma che provo, qui di seguito, a raccontarvi, sottolineando  anche di quanto il vostro babbo mi è stato vicino in quei giorni e io non dimenticherò mai le sue dimostrazioni di affetto in quei lunghi e bui momenti. Gliene sarò sempre grata.
Ecco il racconto  che, come tutte le storie, parte da lontano, per arrivare a voi.
Con il babbo Gangster ci siamo conosciuti tardi, quando avevamo tutte le sicurezze e le idee chiare della maturità, ma non più il tempo e le tante occasioni che la giovinezza ti mette davanti. Così, appena conosciuti, abbiamo capito che eravamo la famiglia e abbiamo, da subito, iniziato a provare a mettere su famiglia. Prima imparando a conoscerci e a rimanere stupiti di quanto ci conoscevamo, poi a rilassarci nella possibilità che il caso ci aiutasse ad avere un figlio, tanto che vuoi che sia, prima o poi arriva, con tutto l’amore che proviamo l’uno per l’altra. Il tempo passava, ci siamo sposati, e con  quell’impegno preso abbiamo realizzato che la natura andava aiutata e, appena tornati dalla luna di miele, avevamo pronto l’appuntamento nella clinica specializzata in infertilità. Freschi sposi abbiamo dovuto subire le torture che subiscono le coppie come noi con sterilità inspiegabile, così si chiamava quella nostra: milioni di esami fatti davano come unico risultato che non c’era niente da correggere, andava solo un po’ aiutata la natura, proprio perché non avevamo ancora molto tempo davanti. Forti della nostra buona stella proviamo così a forzare il destino e ad obbligarlo a darci quello che ci negava. Iniziano i vari cicli, stimolazione delle mie ovaie con dosi di ormoni quotidiani che mi dovevo iniettare in pancia, dopo la prima inseminazione artificiale andata male, al centro non mollano né me né i nostri soldi e si riparte subito dopo triplicando la dose di ormoni da punturarmi in pancia per provare con la  fecondazione in vitro. Produco otto ovuli, quelli buoni per l’inserimento nel mio utero sono tre belli vivaci più  uno un po’ più piccoletto, ma nel più ci sta il meno e così me ne impiantano quattro.  Sto 15 giorni a covarli,  con l’emozione di sapere che porto in pancia quattro nostri piccoli cuccioli. Il verdetto è negativo, non ne è rimasto neanche uno. Mi dispiace tanto, dicono al centro, smetta subito gli ormoni e ritorni qua fra tre mesi. Smettere subito gli ormoni, insieme ad accettare quel lutto, mi dà alla testa, mi scoppia l’anima ma io piango quei piccoli con mio marito solo una notte, la notte della notizia. Nelle altre notti piango da sola, chiedo loro dove sono e come stanno, come sarebbero stati e chiedo loro di proteggermi, lassù dal cielo, che sono  tanto triste senza loro.
Tanto per non rinunciare provo un’altra cura, questa volta dal vecchio primario di montagna che mi dice di non preoccuparmi: va tutto bene e finchè ovulo posso rimanere incinta in modo naturale. Mio marito ne è innamorato io lo odio senza dirlo: sento che con quelle parole viene data di nuovo colpa a me e al mio corpo se non riesco a rimanere incinta e ci si affida di nuovo ad un destino che non riesco a forzare.
Ovviamente in figli non vengono, io nel frattempo avevo bisogno di cambiare qualcosa e impulsivamente cambio lavoro, anche se il marito mi diceva non farlo, hai altro a cui pensare adesso, goditi quel posto di lavoro che non ti dà preoccupazioni anche se è noioso. Non accetto il consiglio e scommetto sul nuovo lavoro. Capisco di aver perso la scommessa dopo soli tre giorni, il lavoro e i colleghi nuovi sono un vero inferno, io adesso penso a sopraviere lì dentro e a come fare a scappare quanto prima, e fare un bambino passa in secondo piano. Mio marito mi sta accanto per consolarmi, non dormo la notte impaurita per andare a lavorare la mattina successiva,  lui veglia con me ma anche mi dice che cavolata hai fatto adesso che dovevi stare tranquilla per riprovare a rimanere incinta con una nuova cura. Ancora colpa mia. Ma fra malintesi e colpe, l’amore fra noi  rimane tanto, così decidiamo di andare via per Pasqua per qualche giorno, giusto per staccare da tutta quell’angoscia e vedere se possiamo tornare a sorridere. Decidiamo per la Grecia, poi, qualche giorno prima di fissare ci dicono che la Pasqua ortodossa quest’anno coincide con la Pasqua cristiana e che quindi in Grecia avemmo trovato tutto chiuso. Decidiamo così di posticipare la settimana in Grecia di 15 giorni: primo segno del destino. Arriva il venerdì della partenza, io prendo ferie e saluto tutti, torno a casa e il Gangster, occhi bassi da cane bastonato, mi dice che non può partire, impossibile per lui lasciare il lavoro almeno fino al mercoledì, sperando che forse io gli dica ok, lasciamo perdere e rinunciamo. Sarebbe la cosa più logica ma io non lo dico, forse perchè sento che il destino mi sta aspettando e dico d’accordo, rimandiamo, ingoio il rospo, ma non mi importa, io quella vacanza la voglio fare.
L’aereo parte da Roma, il giorno della partenza calcoliamo il tempo giusto per arrivare all’aeroporto con il giusto anticipo e arriviamo alle porte di Roma in tempo, è solo che non avevamo calcolato il raccordo anulare e l’ingorgo sistematico che si produce lì a quell’ora. Iniziamo a stare disciplinati in coda per un po’ di tempo, poi, come ci accorgiamo che quel tempo si sta portando via il nostro aereo, io mi scopro a dire a mio marito facciamo di tutto per partire, buttati sulla corsia d’emergenza e percorriamola tutta fino all’aeroporto, cosa mai fatto prima d’ora ma il destino mi chiamava, e  per rispondergli mi faceva pure infrangere la legge. Arriviamo all’aeroporto con l’aereo già in pista con i motori accesi, l’hostess che ci aspetta sopra la scaletta e montati noi, chiude lo sportello con un bel po’ di ritardo, con la grande irritazione di tutti gli altri passeggeri.
Ci ritroviamo così a Salonicco, stranamente leggeri e felici (come penso che sia quando il destino sta lavorando per te e tu improvvisamente senti che non ti devi più affannare per cambiarlo ma che ti rimetti alla sua volontà) in quella strana città sentiamo l’energia del mare, passeggiamo mano nella mano, prendiamo l’aperitivo al tramonto su dei velieri pieni di musica allegra, riprendiamo ad amarci con spensieratezza. Noleggiamo un auto e visitiamo la penisola calcidica, non c’è nessuno a parte papaveri freschi e vallate verdi piene di profumo di mare, che è lì sotto, siamo praticamente io e lui soli tutto il giorno, chiacchieramo, ridiamo, stiamo in silenzio in una pace di altri tempi, quei tempi in cui non c’erano problemi per noi ma solo il nostro amore.
 Non so in quali di quelle notti siete  arrivati  voi  gemelli,  però sicuramente siete arrivati in quella settimana. E non credo che se avessi rinunciato a quella vacanza sareste nati lo stesso, non avrei avuto a casa quella serenità che quella vacanza strappata al destino a tutti i costi ci ha regalato, mettendoci più volte alla prova circa la nostra volontà di raggiungere quel desiderio che ci stava aspettando. 
Adesso ogni tanto, quando mi capita di ricordare quella settimana greca, vi carezzo la testa e vi vedo forti e tenaci, come lo siete stati fin dalla prima ecografia,  così mi rivolgo a voi chiamandovi piccoli macedoni, lottatori di altri tempi, conquistatori greci del vostro posto nel mondo. Anche se ogni tanto penso ai vostri quattro primi fratellini spariti nel nulla della mia pancia e chiedo ancora a loro di vegliare su questi due gemellini che stanno crescendo e che il destino mi ha imposto di andare a scovare, mentre per loro è andata male solo perché quello non doveva essere il loro destino.

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